Altro che polvere di stelle. All’arrivo del 2018 l’Umbria ha brindato con le polveri sottili. Lo dicono in maniera piuttosto chiara i dati rilevati dalle stazioni di monitoraggio dell’Arpa sparse in dieci città “critiche” della regione. Con sforamenti che, in alcuni casi, sono stati pressoché continui da inizio anno ad oggi.
La situazione più pesante si registra a Terni e in particolar modo nelle stazioni di Borgo Rivo e Le Grazie che con una media giornaliera che oscilla fra 55 e 62 microgrammi al metro cubo di Pm10, hanno fatto rilevare 7 sforamenti dall’1 al 10 gennaio. Fa appena meglio la stazione di Carrara che, a dispetto di una concentrazione giornaliera più alta (68 microgrammi al metro cubo) ha fatto registrare “soltanto” 5 sforamenti da inizio anno.
Maglia nera anche per Narni scalo: le Pm10 hanno una concentrazione media giornaliera pari a 60 mg/mc, che hanno fatto schizzare i rilevatori oltre i limiti per sette giorni su dieci di questo scorcio di gennaio 2018.
Male Città di Castello (56 mg/mc è la media giornaliera di Pm10 mentre 5 sono le giornate da bollino rosso da inizio anno) e Foligno, dove la stazione di porta Romana restituisce valori prossimi ai 52 mg/mc nella concentrazione giornaliera di Pm10, con quattro giornate oltre i limiti da inizio anno.
Perugia (zona Cortonese) e Gubbio (piazza 40 Martiri) inseguono a distanza: le concentrazioni di polveri sottili sono decisamente più basse (da 38 a 48 mg/mc) e i giorni di sforamento sono stati 2 da inizio anno, così come a Perugia-Ponte San Giovanni e Perugia-Fontivegge.
Soltanto le stazioni di Amelia e Orvieto (Ciconia) non hanno restituito valori di Pm10 “fuorilegge”.
Che fare
Il 17 dicembre 2013, la giunta regionale ha dato il via libera (delibera 296) al “Piano regionale per la qualità dell’aria”, ossia “la risposta ai continui sforamenti del livello di polveri sottili che da tempo interessano alcune zone del territorio regionale”, spiega il sito della Regione.
Il piano fissava obiettivi importanti come la riduzione graduale del traffico urbano e la chiusura progressiva al traffico pesante nelle aree urbane di Perugia, Terni, Foligno e Corciano o il passaggio a nuovi sistemi di riscaldamento ad alta efficienza al posto di caminetti e stufe tradizionali alimentate a legna.
Oltre alla promozione di mobilità sostenibile e trasporto pubblico. A febbraio 2016 è stata stilata una prima – e al momento unica – analisi sugli effetti del piano. Con risultati che non sono però apparsi così brillanti. Ad eccezione di quanto accaduto a Perugia le altre città dell’Umbria non hanno fatto un granché. “Il Comune di Terni sottolinea il permanere di una situazione di criticità per le concentrazioni di Pm10 rilevate in ambito urbano, dove non si registrano sostanziali miglioramenti”. Si evidenzia inoltre la “limitata efficacia del sistema di blocco del traffico a targhe alterne che è stato utilizzato negli anni passati”. Nel Comune di Corciano si è avuto qualche beneficio per la zona di Ellera, ma si attendono i dati dell’impatto sul traffico del nuovo polo commerciale. Nulla si è fatto nell’ambito del riscaldamento domestico – il piano prevedeva incentivi per chi avesse sostituito gli impianti obsoleti – e la mobilità alternativa va avanti col freno a mano tirato: ci sono sì 77 colonnine per la ricarica delle auto elettriche che però in Umbria, fra pubblico e privato, sono 133. Almeno non fanno la fila.