Il giorno di Natale del 1998, a 42 anni, tornava alla Casa del Padre don Andrea Bonifazi, presbitero della Chiesa di Spoleto – Norcia. Una terribile forma di leucemia consumò lentamente e inesorabilmente il corpo di questo prete nato a Fratta di Montefalco, docente di Sacra Scrittura all’Istituto Teologico di Assisi, parroco a Villamagina di Sellano prima, a Verchiano di Foligno poi e infine, dal 1996 e fino alla morte, a Baiano di Spoleto e Firenzuola di Acquasparta. Nella solennità del Corpus Domini del 2009 fu avviata la fase diocesana per il riconoscimento delle sue virtù eroiche.
Mercoledì 26 dicembre 2018 nella chiesa parrocchiale di Baiano di Spoleto l’arcivescovo Renato Boccardo ha presieduto la Messa in suffragio di don Andrea nel XX anniversario della morte. Diversi i preti presenti, numerosi i fedeli, tra cui la sorella Francesca e i nipoti. La liturgia è stata animata dal coro parrocchiale. Il servizio all’altare è stato curato dai seminaristi della Diocesi.
Mons. Boccardo ha definito don Andrea Bonifazi «servo fedele e generoso». «Questo nostro presbitero pur essendo morto parla ancora. I grandi uomini, infatti, non muoiono mai, i loro insegnamenti sono sempre attuali. Don Andrea credeva fermamente di essere un uomo di Dio. Ne ha scoperto i segreti nella Sacra Scrittura, sua grande passione. E alla Sacra Scrittura ha appassionati tanti: i suoi studenti all’Istituto Teologico di Assisi, i laici di questa Chiesa che ha formato nei corsi alla Madonna della Stella o a Collerisana, quanti hanno partecipato ai corsi di esercizi spirituali che teneva in giro per l’Italia, i suoi parrocchiani. Don Andrea era un uomo sobrio, austero, amante dell’essenziale. I suoi discorsi, a volte anche taglienti, erano sempre orientati al bene delle persone e della comunità. Era capace di andare al cuore delle questioni, ma soprattutto era un prete e un docente credibile, ricercato e consultato anche a livello nazionale. Dinanzi alle prove, per lui la leucemia che lo colpì, non perdeva la speranza. Non ha mai rifiutato la sua presenza in parrocchia anche quando ne aveva diritto per far riposare il corpo ferito dalla malattia. Era un uomo del sì, ha sempre accolto tutti, per gli altri si è speso con amore. Don Andrea amava questa Chiesa di Spoleto-Norcia come pochi: prima di morire ad essa è andato il suo ultimo pensiero, consegnato alla sorella Francesca affinché lo trasmettesse all’arcivescovo Riccardo (Fontana, ndr). Siamo certi che dalla Casa di Dio don Andrea si prende ancora cura di questa sua e nostra Diocesi. Infine, era uomo di cultura e sapienza, ma era consapevole che questi aspetti senza la carità sarebbero nulli. E allora il professore Bonifazi, terminato l’insegnamento teologico, andava all’Istituto Nazareno di Spoleto per accudire anche nei servizi più umili i preti anziani e malati. Possiamo dire che questo nostro fratello è passato tra noi facendo il bene e ciò è quanto rimane nel tempo e oltre il tempo. Il suo esempio diventi allora scuola di vita. Don Andrea – ha concluso il Presule – continua a volere bene a questa nostra Chiesa, incoraggia quei giovani che sentono la chiamata a servire il Signore nel sacerdozio, ottiene per tutti quella nostalgia di una vita buona e bella».
Don Andrea Bonifazi nacque a Fratta di Montefalco il 23 settembre 1956 da Sante e Giuseppina Cariani, che tutti chiamavano, come accade nei paesi umbri, con nomi diversi dai loro, cioè Santino e Luigina. I genitori, di specchiata fede cattolica e vicinissimi alla Chiesa, non erano più giovanissimi quando nacque Andrea: il padre era del 1917, la madre del 1930. Sante Bonifazi lavorava come operaio in ferrovia e portava avanti insieme alla moglie un modesto appezzamento di terreno. La nascita di un figlio maschio fu per loro una gran gioia. Otto giorni dopo fu battezzato dal parroco don Giuseppe Celli, con la semplicità che allora era consueta. Quattro anni dopo, nel 1960, la famiglia fu rallegrata da un’altra nascita, quella di Francesca. Andrea frequentò le scuole elementari alla Fratta. In quegli anni ricevette, sempre alla Fratta, nella sua parrocchia di S. Biagio, la prima Comunione e la Cresima. Il 29 settembre del 1967 entrò nel Seminario Arcivescovile di Spoleto. Frequentò i tre anni della scuola Media all’Istituto “Luigi Pianciani”, conseguendo sempre la borsa di studio per il suo alto rendimento. Dal 1970 al 1972 frequentò il Ginnasio “Pontano-Sansi”, nell’antico palazzo dei Conti Toni a Spoleto. Nell’ottobre del 1972 entrò nel Pontificio Seminario Regionale Umbro “Pio XI” di Assisi, dove era Rettore lo stimato biblista Mons. Oscar Battaglia. Si inserì subito molto bene nella nuova realtà, godendo l’apprezzamento dei Superiori e la stima dei compagni, sia di quelli del Seminario che di quelli di scuola. Dal 1972 al 1975 frequentò il Liceo Classico Properzio di Assisi, nella sezione creata per i seminaristi quando furono chiuse le scuole interne. Il 25 luglio 1975 conseguì, con il massimo punteggio, la Maturità Classica. In quegli anni maturò una sempre più accentuata attenzione per la Parola di Dio nella meditazione della Sacra Scrittura, sotto la guida sapiente del suo Rettore. Dal 1975 al 1980 frequentò i corsi presso l’Istituto Teologico di Assisi, che ha sede nel “Sacro Convento” di S. Francesco, ove il 19 giugno 1980 conseguì il Baccalaureato “Summa cum Laude”.
Nel periodo degli studi Teologici, nei fine settimana, prestò la sua opera presso la Parrocchia di S. Gregorio Maggiore a Spoleto, ove fu apprezzato per la sua serietà, ponderazione e spirito di preghiera. Il 3 febbraio 1980, festa di S. Biagio, patrono del suo paese natale, fu ordinato Diacono alla Fratta. Il 29 giugno di quello stesso anno fu ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di Spoleto Mons. Ottorino Pietro Alberti, nella piazza della Fratta. Il 24 giugno 1983 conseguì la Licenza in Scienze Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma; il tema della sua Tesi di Licenza era un lavoro di filologia e di esegesi sul Salmo 103, con il Professor Louis Alonso Schoekel. Per ovvi motivi di studio, oltre alle lingue antiche, consuete al Biblico, parlava correttamente Francese, Inglese e Tedesco. Mai si vantò delle sue risorse intellettuali; non pretese alcunché per i titoli acquisiti e la specializzazione riconosciutagli nell’ambito scientifico. Nell’anno accademico 1983-1984 fu “Professore Incaricato”, presso l’Istituto Teologico di Assisi.
Dal 1984 insegnò, sempre ad Assisi, Lingua Ebraica e Lingua Greco-Biblica. Dall’anno accademico 1985-86 gli fu affidato il corso di Introduzione all’Antico Testamento e Letteratura Sapienziale. Dal 1987 insegnò pure Introduzione all’Esegesi dell’Antico Testamento presso l’Istituto di Scienze Superiori di Assisi. Nel 1989 ottenne un anno sabbatico dall’insegnamento per poter frequentare il corso di Dottorato, lavorando sul Libro del Qoelet. Collaborò con l’Ufficio Catechistico Nazionale presso la Conferenza Episcopale Italiana, soprattutto come censore dei testi per l’insegnamento della religione. Gli furono anche affidati alcuni lavori nell’ambito liturgico.
Negli stessi anni promosse, con grande sacrificio, alcune iniziative biblico-pastorali, quali la Scuola di preghiera, con la Lectio Divina, a Collerisana di Spoleto. Stimato conferenziere, predicò a lungo corsi e ritiri in tutte le Diocesi umbre. Nonostante avesse già i sintomi della malattia che lo condusse alla morte, trovava il tempo per la carità. Si ricorda ancora come fosse particolarmente legato ai sacerdoti anziani, per i quali si prodigava anche per i servizi più umili. Organizzò, diresse ed insegnò, proprio nell’ultimo anno di vita, la Scuola Diocesana di Teologia, per la formazione ai ministeri laicali e al diaconato permanente.
Nelle tre parrocchie dove fu parroco – Villamagina di Sellano, Verchiano di Foligno e Baiano di Spoleto – si ricorda ancora il suo ministero sostanzioso e fortemente orientato alla formazione delle coscienze, soprattutto attraverso la frequentazione continua della Parola di Dio, la centralità dell’Eucaristia, un fortissimo culto mariano. Nessuno di quanti lo conobbero ricorda di averlo mai sentito mormorare a danno del prossimo. Con il suo esempio di penitenza orientò molti giovani all’amicizia con Dio e al dominio di sé. La sua silenziosa carità riusciva a coinvolgere anche i più lontani dalla Chiesa. La piccola e vecchia automobile, che fu l’unica della sua vita, necessaria per spostarsi sulle nostre montagne, testimoniava il distacco dai beni materiali e l’amore per la povertà. Prudente e giusto, non mancava di esporsi per difendere la Chiesa, anche quando sarebbero andati a rischio i suoi rapporti con persone care e con amici. È rimasta proverbiale la sua parsimonia, la sua sobrietà nel cibo e nelle bevande. Quanti ebbero la fortuna di averlo parroco si ispirano ancor oggi ai suoi insegnamenti.
Pur nei brevi anni di vita da sacerdote ebbe vari incarichi in Diocesi, oltre all’insegnamento di Sacra Scrittura. Fu Delegato Arcivescovile per la Pastorale Giovanile, Incaricato Diocesano per le Vocazioni, Assistente Spirituale dell’AVULS per il volontariato sanitario, co-fondatore di AGLAIA, Associazione spoletina per l’assistenza ai malati terminali. Mansionario del Capitolo Metropolitano. Dal 1° gennaio 1984 al 1988 fu Parroco di Villamagina di Sellano. Dal 1986 al 1988 fu economo spirituale della parrocchia di Montesanto di Sellano. Il 1° aprile 1993 fu nominato Parroco di Verchiano di Foligno. Il 21 giugno 1996 gli fu assegnata la Parrocchia di Baiano di Spoleto. Il 25 dicembre 1998, dopo lunga e penosa malattia, morì di leucemia al Policlinico di Perugia. I preti e i giovani che gli furono vicini ricordano come, anche nel forzato isolamento dell’ultimo mese di vita, don Andrea avesse voluto con sé, oltre al breviario, il libro di Qoelet e quello di Giobbe, che furono la passione della sua vita. I medici del reparto oncologico ricordano come non si lamentasse mai dei fortissimi dolori che il male gli procurava. Uno dei motti che gli furono più cari e che è stato posto sulla sua tomba fu: “la sofferenza rafforza la fede”. Per quanto poco potesse muoversi, neanche nell’ultimo periodo della vita interruppe la visita ai malati e il conforto ai moribondi.
I funerali nella sua grande chiesa cattedrale riunirono, con la quasi totalità del clero, una immensa folla di fedeli e furono uno spontaneo tripudio, quasi una festa del sacerdozio.Resta luminosa testimonianza il suo amore per la Chiesa e la sua obbedienza, che lo fecero sacerdote esemplare e modello per molti.