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Todi Festival, Elena Bonelli interpreta un Brecht attualissimo

C’è una analogia impressionante tra il periodo relativo alle vicende precedenti alla prima e seconda guerra mondiale e ai fatti di cronaca attuali. Non è solo la similitudine di certi comportamenti pratici o folkloristici riferibili ai gruppi neonazisti in Germania ed Ungheria, ai lepenisti francesi o ai leghisti italiani, seppure in salsa padana. Quanto piuttosto l’assoluta “inazione” perbenista di chi si professa democratico, davanti alla produzione di parole odiose, di concetti razzisti e qualunquismi rassicuranti a favore dello scialo irresponsabile ed insipido di menti “medie” ormai anestetizzate dalla comunicazione mediatica, priva di forza pensante, di curiosità e voglia di capire.

Bertolt Brecht lo aveva intuito e più che uno scrittore di propaganda, come fu spesso accusato,  fu il fustigatore, o meglio la coscienza evidente di chi si voltava dall’altra parte magari perchè gli conveniva. L’opera brechtiana, per anni è stata vista un po’ come il nonno brontolone che ripete sempre le stesse cose mentre il mondo va avanti, progredisce, e non guarda indietro. Oggi invece che gli scritti del drammaturgo tedesco mostrano quei segni di similitudine descritti, andare a teatro per assistere ad una sua rappresentazione diventa quasi necessario, come guardarsi allo specchio la mattina prima di radersi o pettinarsi.
Tutto questo è ciò che il pubblico del Todi Festival ha potuto sperimentare nelle due rappresentazioni dello spettacolo messo in scena alla Sala Jacopone da Elena Bonelli con la collaborazione musicale di Cinzia Gangarella e la regia di Patrick Rossi Gastaldi.
“Elena Bonelli interpreta Brecht”, fa suo l’assunto sulle similitudini e ne da ampia dimostrazione nella scrittura di scena con la lettura di notizie di cronaca odierna che introducono i cavalli di battaglia brechtiani. Una lettura che può sembrare accademica alla prima analisi, ma che invece, proprio per la scelta di precisi temi di cronaca, infila il dito nella piaga purulenta e non risparmia la sorpresa degli spettatori. La scena, scarna e ridotta per la dimensione fisica della sala, riesce a riprodurre un senso claustrofobico o intimo a seconda delle singole sensibilità, che predispone ad una attenzione interiore. Ogni parola rimbomba, mentre le note musicali di Kurt Weill scivolano ai margini della tragedia umana. Alabama Song, Surabaya Johnny, La ballata di Mackie Messer sono solo alcune delle celebri scritture brechtiane che Elena Bonelli interpreta con trasporto interiore ed una splendida vocalità e che “a gran voce” il pubblico vuole riascoltare come bis al termine della piece.
Una proposta ideale che offre inoltre la possibilità all’attore di misurarsi nella difficile doppia veste di cantante ed interprete.
Due piacevoli repliche che hanno visto la partecipazione tra il publico di molti giovani, speranza di un cambiamento nell’attitudine mentale delle nuove generazioni. In sala, oltre il patron del Festival Silvano Spada anche i coniugi Fausto e Lella Bertinotti.

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Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)