Categorie: Cultura & Spettacolo Gallery Terni

Suburra, nel film di Sollima opere d’arte di Cristiano Carotti

Suburra di Stefano Sollima sembra essere destinato a diventare un cult del cinema italiano. Il film, nelle sale in questo periodo, ha incontrato il successo di critica e pubblico, soprattutto per la capacità del regista di riportare sul grande schermo un genere di difficile interpretazione, diretto con tecniche miste, sulle quali, però domina il campo largo del western. L’indagine scrupolosa di Sollima si realizza con i campi larghi tipici del western, scelta che ha permesso al regista di seguire i suoi personaggi senza decontestualizzarli dallo spazio in cui si muovono. Questa inchiesta scrupolosa è stata eseguita anche dallo scenografo Paki Meduri, che ha scelto accuratamente ogni dettaglio per creare un’atmosfera piuttosto noir.

Per allestire la scenografia Meduri ha scelto anche opere d’arte di vari artisti. Uno di questi è il ternano Cristiano Carotti, uno dei più interessanti interpreti dell’arte contemporanea, apprezzato a livello internazionale per la sua capacità si sintetizzare, con tecniche miste, un pensiero mai conforme, ma sempre penetrante.

Ecco le impressioni dell’artista, rilasciate a TO, su questa esperienza cinematografica:

“Sono felice di aver collaborato, nel mio piccolo, ad uno strepitoso lavoro di scenografia realizzato da Paki Meduri e dal suo staff. Il fatto che i miei lavori siano comparsi in un film di Stefano Sollima mi fa doppiamente piacere perché stimo molto questo regista e l’iconografia dei lavori di Sollima è molto vicina ai codici che mi interessano: anche io, come lui, indago molto e traggo ispirazione dalla realtà italiana, dalla cronaca o dall’iconografia in generale. Il grande celerino realizzato per il festival “Hai paura del buio?”, diretto da Manuel Agnelli (leader degli Afterhours, ndr), si ispirava al grande buio della scuola Diaz e al terrore e la violenza seminati da dalle forze dell’ordine. Il mio ultimo grande progetto, (grande per le dimensioni) ovvero la gondola armata comparsa a Venezia durante la scorsa biennale trae l’incipit da una delle più forti icone dell’Italia all’estero: Venezia, le gondole e l’amore da cartolina, per attaccare l’amore, le passioni e l’arte da cartolina a suon di Cannonate. Stessa cosa vale per i black block crocifissi e le felpe nere che ho ‘intecato’ come reliquie o il casco della celere su cui ho dipinto fiori impressionisti, sono visioni contemporanee che mi interessano molto, sulle quali spesso non prendo posizione o comunque le racconto, e forse nel racconto si capisce un pò come la penso anche se io per primo relativizzo molto su certe questioni. Una cosa bella che ho notato nel film, (non so se sia voluto o meno) è l’utilizzo di “Ora Pro Nobis”, opera costituita da una stampa lenticolare che in base all’angolazione in cui la guardi si vede la “Pala di Corciano” del Perugino con la Vergine che sale al cielo o un branco di cani che sbranano un cervo indifeso sullo schermo di un video poker. Era un lavoro realizzato per una mostra sui 500 anni della pala di Corciano che ironizza sulla perdita di umanità dell’essere umano. Non so se sia voluto, ma sembra che il regista abbia giocato sulla doppia inquadratura di questa opera adattandola a vari momenti del film”.