Categorie: Cronaca Terni

Strage TK, prima notte in carcere | Pucci: i parenti mi dissero “lei non c’entra niente”

Hanno passato la loro prima notte in carcere i quattro manager italiani di ThyssenKrupp condannati per il drammatico incidente sul lavoro che nel 2007 costò la vita a 7 operai dello stabilimento di Torino. Insieme ai due tedeschi Haral Espenhahn e Gerald Priegnitz – raggiunti da un mandato europeo di carcerazione – i quattro, tra cui i due ternani Marco Pucci e Daniele Moroni, dovranno passare anni in carcere. Anche se forse non i 6 o 7 (Espenhahn ben 9), visti i benefici di legge di cui forse in futuro potranno usufruire, a cui sono stati condannati per omicidio colposo aggravato da colpa cosciente. La giustizia ha fatto il suo – lunghissimo – corso. Dopo 9 anni dalla morte di 7 uomini che stavano semplicemente svolgendo il loro lavoro la rabbia dell’opinione pubblica si è assopita. E’ rimasta quella dei familiari, degli amici, dei colleghi, che plaudono alla sentenza (Haral Espenhahn condannato a 9 anni e 8 mesi, Daniele Moroni 7 anni e 6 mesi, Raffaele Salerno 7 anni e 2 mesi, Cosimo Cafueri 6 anni e 8 mesi, Marco Pucci e Gerald Priegnitz 6 anni e 3 mesi) ma a cui nessuno restituirà l’affetto dei cari scomparsi.

Al dramma delle famiglie dei 7 operai si aggiunge ora quello delle famiglie dei condannati. Loro però i loro cari li potranno andare a trovare, li potranno abbracciare di nuovo. Sapevano che, con le loro decisioni, avrebbero portato a morte certa i lavoratori TK: questo in sostanza hanno sentenziato i giudici. Il ternano Marco Pucci, però, non ci sta. E prima di raggiungere il carcere di Sabbione, dove si è presentato spontaneamente ieri mattina insieme Daniele Moroni, per essere raggiunto dall’ordine emesso dalla Procura di Torino, ha affidato una lettera al sito internet “Fino a prova contraria“.

“Non ho ucciso nessuno: – scrive Pucci – perché ero componente del CdA della Thyssenkrupp Acciai Speciali Terni con deleghe esclusivamente al “commerciale ed al marketing”. Non ho ucciso nessuno perché le deleghe e responsabilità in materia di produzione e sicurezza sul lavoro erano attribuite all’Amministratore Delegato della società Harald Espenhahn (che le aveva sempre concretamente esercitate e non aveva mai avuto evidenza del tanto successivamente “strillato” degrado dello stabilimento di Torino: finanche i testimoni dell’accusa hanno riconosciuto che Espenhahn era una persona molto attenta e severa e che, in occasione delle sue visite in loco, gli veniva fatto trovare uno “stabilimento tirato a lucido”, a questo si aggiunga che l’ASL, in occasione di ispezione tra l’agosto/settembre 2007, quindi non più di 3 mesi prima dell’incidente, aveva contestato un numero minimo – forse 3 – di violazioni minori di natura contravvenzionale).

Non ho ucciso nessuno perché, nelle riunioni periodiche, che si tenevano tra i consiglieri delegati e l’amministratore delegato, non si era (come documentalmente comprovato) mai parlato della chiusura dello stabilimento di Torino e mai si  era parlato di problemi e/o carenze in tema di sicurezza sul lavoro (né relativamente allo stabilimento di Terni né relativamente a quello di Torino).

Non ho ucciso nessuno perché l’Amministratore Delegato aveva, a sua volta, rilasciato, nel tempo ed a seconda dell’organizzazione societaria, deleghe “in tema di sicurezza ed ambiente” ai responsabili dello stabilimento di Torino e queste deleghe erano sempre state ritenute “valide ed efficaci”, dalla stessa procura di Torino e dai giudici di torino, anche in occasione di altre indagini o procedimenti che avevano riguardato lo stabilimento torinese. Addirittura la stessa cassazione, in occasione di un altro e precedente processo per un precedente incendio avvenuto nel 2002, non aveva messo in discussione le deleghe esistenti! Ma c’e’ di piu’, non ho ucciso nessuno, perche’ in occasione di detto precedente processo per l’incendio del 2002, il pool del dr. Guariniello, non aveva impugnato l’assoluzione del mio predecessore ing. Mauro Borghesi, che – al tempo – aveva le deleghe al commerciale ed al marketing, successivamente a me attribuite.

Non ho ucciso nessuno perché – conclude Marco Pucci – gli stessi parenti delle povere sette vittime, del tragico incendio della notte del 6 dicembre 2007, quando mi recai da loro per portare il mio cordoglio e quello dell’intera Thyssenkrupp, mi dissero: ingegnere lei non c’entra niente”.