Cronaca

Schiave dall’est stuprate e rese prostitute: decine di rinvii a giudizio

Il passato parla di centinaia di ragazze ‘deportate’ dall’est Europa verso l’Italia, stuprate e vendute come fossero merce, da uomini senza scrupoli che sulla loro pelle hanno guadagnato miliardi di vecchie lire. Il presente racconta di un rinvio a giudizio per decine e decine di persone (delle iniziali 105 arrestate dai carabinieri del Ros nel 2001) accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona. Il futuro parla di un processo che inizierà a novembre di quest’anno, come a voler recuperare questi lunghissimi  sedici anni che sono intercorsi tra gli arresti e il rinvio a giudizio. Un tempo giurassico, quasi una beffa in un paese in cui si invoca una giustizia certa e veloce, quasi un’offesa per tutte quelle donne che vennero schiavizzate dall’organizzazione.

Le schiave Nelle carte dell’inchiesta compaiono sfilze di nomi di giovani donne che venivano prelevate nei loro paesi d’origine, poi venivano stuprate e messe in mostra per gli acquirenti. Arrivavano in Italia passando dal nord, un viaggio disperato, quasi una deportazione verso il degrado, l’umiliazione e il dolore di essere un oggetto di proprietà di uomini senza scrupoli che disponevano del loro corpo e delle loro vite. Le tenevano sotto scacco minacciandole che se avessero tentato di ribellarsi, loro avrebbero colpito i loro familiari all’estero, le minacciavano che le avrebbero denunciate come clandestine perché loro avevano i loro passaporti.

Insomma erano completamente in balia di questo gruppi di uomini che per la Dda di Perugia gestiva una imponente industria del sesso. A capo dell’associazione, secondo le accuse,  c’era a Spoleto il titolare (deceduto in questi anni) di un noto night club in cui, durante l’indagine, vennero fatti anche degli scavi in cerca dei corpi delle donne che si erano ribellate. Non venne trovato nulla ma il sospetto che qualche donna fosse stata eliminata c’è sempre stato.

Lungaggini Da allora, la lunghissima strada per arrivare in udienza preliminare è stata segnata da burocrazia e mancanza di personale. In procura a Perugia non bastavano neanche le persone per copiare tutti gli atti di questa monumentale inchiesta che sogminò un’organizzazione di gente senza scrupoli, di italiani e albanesi in prevalenza che, con la violenza, deteneva un vastissimo giro di potere. Basti pensare che in questi anni ben 12 tra gli indagati sono deceduti.

I morti In questi stessi lunghi anni, ben 12 imputati sono morti. Altri sono stati in parte prosciolti perché alcune accuse, dopo tutto questo tempo sono andate in prescrizione. Altre, le più pesanti e le più articolate, hanno retto e trascinano a processo ancora molte persone. Ma una giustizia che arriva quasi una generazione dopo, mantiene ancora tutte le caratteristiche di garanzia per le vittime?