Cronaca

Scippo mortale, condannato per omicidio chi strappò il borsello a Maranini

Nell’ottobre del 2015 scippò un anziano lungo via della Pallotta e lo uccise, tanto forte lo strattonò da farlo cadere a terra. Loredano Maranini morì dopo giorni di agonia causati da quel trauma cranico riportato perché un malvivente voleva il suo borsello.

Oggi quell’uomo, il 41enne Ardouni Abdallah, è stato condannato a nove anni di reclusione dal gup Alberto Avenoso. Per lui, il pm Valentina Manuali aveva chiesto una pena più esemplare, a tredici anni di reclusione, per le accuse di omicidio preterintenzionale e tentata rapina aggravata. Il giudice, poichè incensurato, gli ha concesso il beneficio delle attenuanti generiche che sono state ritenute equivalenti alla contestate aggravanti, dando luogo così ad una pena conteggiata in nove anni. Il giudice lo ha inoltre condannato al pagamento di 470mila euro di risarcimenti: 250mila al figlio Marco Maranini, 120mila alla sorella Loredana e 50mila al Comune di Perugia. I tre si erano costituiti parte civile con gli avvocati Elena Cristofari, Giusi Mazziotta e Piero Giovannini. Il giudice si è preso 90 giorni di tempo per depositare le motivazioni.

L’avvocato dell’imputato, Laura Ferraboschi, aveva chiesto il non luogo a procedere per incapacità di intendere e di volere del suo assistito ma il giudice ha evidentemente escluso questa possibilità.

Ardouni era stato arrestato non nell’immediatezza dei fatti. All’inizio infatti, finire in carcere per quel bruttissimo episodio, che tanto scosse la città di Perugia, era stato un altro nordafricano che venne poi liberato a seguito di un riscontrato alibi inattaccabile. Ardouni invece venne rintracciato perché un giorno, nei video di una telecamera di sorveglianza, i carabinieri del reparto operativo di Perugia che indagavano sul caso, videro un uomo vestito proprio come lui il giorno dello scippo mortale. Lo rintracciarono e lo fermarono: era il fratello dell’odierno condannato che spiegò ai militari della presenza in città del fratello al momento dell’omicidio. Nel frattempo, i carabinieri avevano estratto il dna dell’assassino dal borsello della vittima e, quando lo confrontarono, ebbero la certezza di aver trovato il responsabile di quell’efferato delitto.