A cuor leggero, cantando canzoni alla chitarra e senza un pensiero in testa, la mia generazione ha occupato per anni, nel periodo estivo, seduti a gambe incrociate questo luogo invisibile. Di giorno, come di notte, seduti sul prato della Chiesa di San Francesco, ignoravamo la grandezza del monumento alle nostre spalle. Non respiravamo il peso e l’importanza di uno dei più preziosi scrigni di arte, storia, spiritualità della Perugia che era e, di riflesso, che è. E’ questo un luogo che i perugini hanno smarrito da decenni, ma sembra essere giunto il momento del suo riscatto. Un’azione di recupero del valore storico, artistico e mistico di San Francesco al Prato che intende ricollocarlo come punto di riferimento di chi vuole conoscere la storia di Perugia.
Alcune straordinarie opere d’arte del Raffaello (foto a sinistra) e del Pinturicchio che la impreziosivano ora si trovano nei Musei vaticani, ma anche nella nostra Galleria Nazionale.
Pantheon – Qui riposano, infatti, capitani, giuristi e letterari che avevano illustrato, con la loro attività, il centro umbro. Furono sepolti nel tempio francescano: Biordo Michelotti (1352-1398), signore di Perugia e capitano generale del comune di Firenze; Braccio da Montone (1368-1424), nobile e condottiero, i cui resti sono racchiusi ancora oggi in un artistico sarcofago salvato dalla distruzione; Guido, Astorre e Gismondo Baglioni, assassinati nella congiura del 14 luglio 1500; Atalanta (committente della Deposizione Baglioni di Raffaello, fino al 1608 esposta nella cappella di famiglia, dedicata a san Matteo), Grifonetto e Adriano; il famoso Ascanio della Corgna (1514-1571), unitamente ad otto esponenti della sua stirpe, tra cui i marchesi di Castiglione del Lago Diomede e Ascanio II; l’insigne giurista Bartolo da Sassoferrato (1314-1357), docente nell’università di Perugia; il pittore Fiorenzo di Lorenzo (1440-1525), allievo di Niccolò Alunno; lo scrittore e segretario di corte Scipione Tolomei (1553-1630). Nella chiesa vi erano venti altari e sette cappelle, tra cui quelle dei Baldeschi, Degli Oddi, Montesperelli, di Sant’Andrea (della Corgna, a destra dell’altare maggiore), Baglioni, Paolotti, Armellini, del Gonfalone. Tra le altre, disponevano di un proprio altare e luogo di sepoltura le seguenti famiglie perugine: Agostini, Lancellotti, Ranieri, Baldelli, Bigazzini, Boncambi, Borgia, Crispolti, della Penna, della Staffa, Lambardi, Leoni, Michelotti, Montemelini, Tolomei e Vincioli.
Del progetto di recupero della chiesa di San Francesco al Prato se ne sta occupando uno staff di palazzo dei Priori composto dall’ingegnere Margherita Ambrosi, la professoressa Valentina Borgnini (che proprio su San Francesco al Prato ha svolto un importantissimo lavoro di ricerca ricostruendo con minuzia di particolari la sua storia), l’ingegnere Antonio Tata, direttore dei lavori, e Padre Franco, ministro provinciale dei Conventuali Francescani che lì ha vissuto per dodici anni, nel Convento accanto. “É un posto che i perugini – aggiunge l’assessore Calabrese su Facebook – hanno smarrito da decenni, eppure centrale per la nostra comunità nel corso di sette secoli, decisivo nella descrizione dei nostri tratti identitari, non meno dell’Arco Etrusco o della Fontana Maggiore, anzi“. Una delle sfide più grandi riguarderà il recupero del “disperso Pantheon” perugino: “dopo la costituzione dello Stato italiano e la requisizione dei beni ecclesiastici – spiega Calabrese – , i ricorrenti problemi strutturali dell’edificio hanno trovato risposte sempre più insufficienti e inadeguate”. La missione sarà quindi quella di recuperare al meglio ricollocando in luogo consacrato (oramai questo non lo è più) tutti quanti sono oggi recuperabili, restituendo esplicito prestigio e onore alla loro memoria. “Nomi e cognomi, uno per uno, che abbiamo esaltato per le nostre vie cittadine, ma trattato al peggio inimmaginabile nei loro sepolcri”. Il cantiere, dunque è ufficiale, è finalmente partito: proiettato al futuro ma forte delle proprie radici.