Cronaca

Renate al Gip, “Mi ha detto vattene e l’ho spinta” poi la violenza “l’ho uccisa così”

Ha parlato per ben due ore Renate Kette. Al Giudice per le indagini preliminari Lidia Brutti, la donna accusata dell’omicidio di Danielle Claudine Chatelain, avvenuto venerdì scorso nel palazzo al civico 50 di via Oberdan, ha raccontato la sua verità: “Non volevo ucciderla, l’ho spinta ed è caduta dalle scale”. Poi secondo la ricostruzione degli inquirenti le ha sbattuto la testa contro un gradino.

Vuoti di memoria. Ma il racconto presenterebbe alcune lacune, come spiega l’avvocato della difesa Saschia Soli “la mia assistita ricorda bene cosa è avvenuto prima del fatto e cosa ha fatto immediatamente dopo, quando ha chiamato i soccorsi. Ricorda un diverbio degenerato ed ha ammesso le sue responsabilità, ma ora ha dei vuoti che sta rielaborando con il trascorrere delle ore. Lei e la vittima si conoscevano da 20 anni ed i rapporti erano sempre stati buoni fino a quell’ultima settimana”, poi qualcosa è cambiato “c’erano delle discussioni perchè Danielle voleva che lasciasse la sua casa, ma lei non se ne voleva andare”.

Questa ricostruzione e la tesi difensiva che verrà adottata  andranno confrontate con quanto stabilirà l’autopsia sul corpo della vittima, intanto è venuta meno la contestazione della premeditazione del fatto, un’aggravante che evidentemente al momento potrebbe aver perso consistenza ma sulla posizione dell’arrestata si aggiungono i macigni dell’aggravante della crudeltà e dei motivi abbietti e futili oltre a quelli della inferiorità fisica dell’anziana. Ma resta da capire se nel gesto dell’indagata vi fosse una precisa volontà di uccidere la vittima o se si sia trattato di un delitto d’impeto. E questo lo si evincerà  soltanto da quanto il medico legale riporterà in esito all’esame autoptico, per capire se vi siano state violenze precedenti o successive la caduta dalle scale del palazzo di via Oberdan.

Nel passato di Renate Kette, che per tre anni ha vissuto con Danielle e con la figlia con la quale era legata da una relazione sentimentale ci sono dei precedenti penali e debiti già pagati con la giustizia. Uno di questi è la condanna per una rapina a mano armata commessa nel 2006 ai danni dell’ufficio postale di Madonna Alta, ma ci sono precedenti anche legati alla droga. “Un passato – descrive il suo avvocato – che non ha mai compreso reati contro la persona e che restituiscono il quadro di una vita difficile, di una donna apolide cresciuta senza genitori. Per il resto attendiamo gli accertamenti e ci prepariamo al ricorso al Riesame che ci permetterà anche una discovery degli atti. Sicuramente la mia assistita ha già mostrato un atteggiamento molto collaborativo e non si è sottratta alle proprie responsabilità”.