Città di Castello

Pietre d’inciampo in ricordo dei deportati tifernati, Consiglio comunale dice sì

Anche Città di Castello avrà le sue pietre d’inciampo in memoria dei deportati della Seconda Guerra Mondiale. E’ stato infatti approvato a maggioranza dal Consiglio comunale di Città di Castello l’ordine del giorno riguardante l’introduzione di queste placche commemorative.

L’ordine del giorno

Nel documento si impegna sindaco e giunta “a prendere in considerazione l’eventuale costituzione di un Comitato per le Pietre d’inciampo tifernate o altotiberino; a dare indicazioni al Comune per metterle a posa a partire dal prossimo 27 gennaio (Giorno della Memoria, ndr) e incaricare un gruppo di studio coordinato dall’Istituto storico Gabriotti per l’individuazione di persone e luoghi, nonché per stabilire relazioni ai fini della ricerca storica e della divulgazione della memoria con le autorità e le associazioni tedesche dei territori dove i tifernati furono deportati; infine a considerare tutte le azioni possibili per mantenere in vita la memoria di ciò che è stato ma che non deve più essere”.

Cosa sono le pietre d’inciampo

Le pietre d’inciampo sono un piccolo blocco quadrato di pietra (10×10 cm), ricoperto di ottone lucente, posto in genere davanti alla porta della casa nella quale ebbe ultima residenza un deportato nei campi nazisti: ne ricorda nome, anno di nascita, giorno e luogo di deportazione e data di morte. In Europa ne sono state installate già oltre 50.000, la prima a Colonia, in Germania, nel 1995.

A cosa servono

L’iniziativa delle Pietre d’inciampo – si legge nel documento – ha la paternità dell’artista Gunter Demnig (nato a Berlino il 24 ottobre 1947) come reazione ad ogni forma di negazionismo e oblio, per ricordare e rendere omaggio a tutte le vittime del Nazionalsocialismo, che per qualsiasi motivo siano state perseguitate. Grazie ad un passaparola, tanto silenzioso quanto efficace, oggi si incontrano pietre di inciampo in oltre 1800 città europee. La caratteristica distintiva di una pietra d’inciampo, rispetto a qualunque altro monumento dedicato all’Olocausto, è quella di creare, esattamente nello stesso luogo in cui abitò la vittima dei nazisti e dei loro alleati, una commemorazione personale e un invito alla riflessione“.

Un po’ di storia

Nel nostro territorio comunale non vi è stata alcuna deportazione di ebrei, né italiani né stranieri, anzi nella nostra città una famiglia ebreo-tedesca, i Korn, ha trovato la salvezza grazie a Mons. Beniamino Schivo. É altrettanto vero, però, che vi furono almeno 23 giovani uomini tifernati, 14 dei quali tra i 17 e i 21 anni, che nel maggio 1944 furono rastrellati e deportati in alcuni lager in Germania insieme ad altri dei Comuni vicini. Seppur non destinati alla soluzione finale, furono costretti al lavoro forzato nelle fabbriche dell’industria bellica tedesca in condizioni disumane, identiche a quelle dei campi di sterminio. Cinque di essi, Cesare Falleri, lvreo Giuseppini, Armando Polpettini, Primo Tacchini – tutti di 17 anni – e Angelo Stocchi non fecero più ritorno, vittime di lavoro massacrante, sottoalimentazione, freddo e percosse”.