Spoleto

Ospedale Covid a Spoleto, giorno numero 2: le risposte | Politica allo sbando

Sono due le risposte che arrivano oggi in merito alla possibile realizzazione in ospedale covid a Spoleto: una è quella mancata da parte dell’assemblea cittadina, la seconda è quella della Presidente della Regione Donatella Tesei al sindaco Umberto De Augustinis.

La risposta mancata

È un “day after” che manca subito le aspettative rispetto alle promesse fatte solo ieri dal primo cittadino di Spoleto, durante la manifestazione organizzata in quattro e quattr’otto dal City Forum Spoleto guidato da Sergio Grifoni, per protestare contro la messa in disponibilità della struttura ospedaliera all’emergenza covid-19. Decisione che, ricordiamo, spetta alla regione Umbria.

“E’ stata una decisione presa sulla nostra testa” diceva ieri – 18 ottobre – De Augustinis “perché non l’hanno minimamente contrattata con la città”. Promettendo, a chi, tra rappresentanti civici, consiglieri di maggioranza e opposizione, lo incalzava all’azione e gli chiedeva di “determinare la linea di battaglia”: “Domani c’è il consiglio comunale, proporremo un documento che sia durissimo, lo prepariamo insieme. Diremo chiaro e tondo qual è la posizione della nostra città”.

Il documento doveva dunque essere portato oggi all’approvazione del consiglio comunale, molto atteso per ben altri motivi. Peccato che il consiglio comunale non si sia tenuto.

Le imposizioni del nuovo dpcm, questa la motivazione ufficiale: non si possono fare riunioni nella pubblica amministrazione in presenza. Resta da capire se il Consiglio possa essere considerato una riunione – visto che da più parti in Italia giunte e consigli si sono tenuti regolarmente, incluse conferenze stampa (come quella della Regione dell’Umbria) – e, nel caso, quali ragioni ne avrebbero impedito la realizzazione a distanza.

Sta di fatto, però, che il documento destinato alla regione è stato in qualche modo scritto, anche se ancora non presentato. Mancano le firme. Anche di coloro che ieri invocavano “giustizia”.

La politica spoletina allo sbando

La politica spoletina ha vissuto dunque un’altra giornata di totale confusione, tra quanti respingono a prescindere l’idea di un ospedale covid e quanti invece chiedono alla Regione precise garanzie sul futuro del nosocomio una volta che sarà terminata l’emergenza.

La questione non è di poco conto: si può affermare di non voler far curare uno o più pazienti in una città (80 al massimo quelli previsti nel caso la pandemia dovesse far salire la curva dei contagi) e mandarlo altrove? E se tutte le città dell’Umbria facessero così, a chi bisognerebbe rivolgersi?

Agli organizzatori del sit-in di ieri questi aspetti non sembrano essere venuti in mente. Prova ne sia le affermazioni di non volere una “città lazzaretto”, che “l’ospedale non si tocca” e così via dicendo.

Ma veniamo al documento che Tuttoggi ha potuto visionare e può presentare CLICCANDO QUI.

A redigerlo domenica sera, stando alla ricostruzione degli invii di WhatsApp, è stato lo stesso primo cittadino. Al presidente Cretoni l’onere di acquisire già da questa mattina le firme dei componenti il parlamento cittadino.

Alcuni hanno firmato subito, come Maria Elena Bececco, Camilla Laureti, Luigina Renzi, i filogovernativi della Lega, di Laboratorio, Ugolini di Forza Italia. Ma quando altri hanno fatto notare che il documento era solo una mera protesta senza contenere una sola, concreta proposta e che non sarebbero stati d’accordo ad apporre una firma su un atto simile, è scoppiato il panico.

Il presidente del consiglio Cretoni al telefono, stando a quanto riferiscono alcuni consiglieri, ha provato a forzare la mano “hanno firmato tutti, anche i sindaci della Valnerina, manca solo la tua firma” avrebbe detto a più di un consigliere cercando di invogliarli alla firma.

Il gioco delle tre carte però bisogna saperlo fare e ben presto è venuta fuori la verità: dalla Valnerina nessuna firma, quelle raccolte in consiglio comunale non avrebbero raggiunto neanche la metà dell’aula. Patapumfete.

A giocare un certo peso sulla scelta di un documento ‘diverso’, meno populista e più concreto rispetto alla situazione in cui versa anche l’Umbria, l’hanno avuto quei sanitari che siedono in consiglio comunale e che, anche per rispetto del proprio codice deontologico, difficilmente avrebbero potuto firmare un atto in cui si rifiuta tout-court di trasformare due piani dell’ospedale in reparti covid.

Nonché i dati diramati nel pomeriggio dalla Presidenza del consiglio dei ministri che vedono l’Umbria passare, in appena una settimana, dal 18% al 24% di terapie intensive occupate (Campania dal 17 al 23%, Liguria dal 15% al 19%, Sardegna e Valle d’Aosta dal 17 al 22%) con la soglia d’allerta fissata al 30%.

Contrordine compagni

Così, a partire dalle 18, chi aveva apposto il proprio assenso è tornato sui propri passi ritirando la propria firma.

Ed ecco allora il tessitore Cretoni, il cui telaio sembra sempre più sconquassato, tentare un’altra carta: convocare per domani pomeriggio nel proprio ufficio la conferenza dei capigruppo per provare a stilare un documento condiviso da tutte le parti. La domanda sorge spontanea: ma non erano vietate le riunioni della “PA”? 26 consiglieri nell’aula no, ma 9 nell’ufficio di presidenza, incluso il segretario verbalizzante, si? Misteri del covid.

Bisognerà quindi attendere domani per sapere se e come il consiglio comunale intende muovere i propri passi in difesa dell’ospedale di Spoleto. Mentre il primo cittadino questa mattina, sfogandosi con alcuni consiglieri di opposizione, ha lasciato intendere di essere pronto a impugnare l’eventuale ordinanza della presidente Tesei davanti al Tar.

La risposta della Tesei

Mentre si viveva tutto questo trambusto a Spoleto, a Perugia intanto si lavorava all’emergenza covid, sull’ordinanza regionale presentata già stasera. E proprio durante la presentazione delle nuove regole umbre, ecco arrivare la seconda risposta sulla possibile, ormai quasi certa, destinazione del San Matteo degli Infermi ad accogliere i malati di Covid-19.

Ed è la presidente Donatella Tesei a rispondere in maniera forte e chiara sulla posizione presa dal sindaco De Augustinis: “Io non intendo tradire e non ho tradito nessuno”.

“Vorrei che fosse chiaro che questa organizzazione dei reparti covid è una cosa temporanea, – continua la governatrice – perché noi sappiamo bene e speriamo di uscire prima possibile da questa emergenza pandemica, speriamo che arrivi il vaccino che non ci debbano essere i ritorni.

Quindi io credo che l’Umbria debba fare squadra. Ci deve essere una risposta regionale di cui tutti siano partecipi. La sta dando già Perugia, la sta dando Terni, la sta dando a Città di Castello la sta dando Foligno“. Perchè dunque non la dovrebbe dare Spoleto, sembra essere il sottinteso della Tesei.

E poi la rassicurazione: “Dovremmo ragionare al dopo emergenza pandemia, non per mantenere ciò che attualmente c’è, ma per migliorare quelle situazioni (gli ospedali – DEA 1 per l’ospedale di Spoleto ndr) in un contesto di sinergia, perché è il futuro della buona sanità dell’Umbria”.

E conclude “Quindi credo che si possa stare assolutamente tranquilli ma con la consapevolezza è che in questo momento bisogna rispondere in modo corale ed essere partecipi di un progetto dell’Umbria.”.

Una lezione ai “partigiani”

Non bastasse, in mattinata era stato il Dott. Lucio Patoia, Direttore della Struttura Complessa di Medicina Interna all’Ospedale di Foligno, a inviare un messaggio, via facebook, ai “partigiani” spoletini, a prescinedere dal colore politico.

“… Si lavora per ore sempre vestiti come astronauti , si suda e si appannano le visiere , si rischia quotidianamente di infettarci. A marzo eravamo eroi, adesso nessuno parla più di noi , ma per molti versi meglio così.

Però almeno due richieste:

  1. Basta parlare della pandemia sulla base della fazione politica; ci sono i dati e basta leggerli; non c’è bisogno che li interpreti tizio che dice che il governo fa terrorismo o caio che dice che l’opposizione è negazionista;
  2. Basta con il chiedere affannoso che gli ospedali o le aree COVID si facciano da qualsiasi parte purché non sia quella dove si risiede.

Almeno vogliamo riconoscere che siamo tutti umbri? E vogliamo ricordarci che il nemico è comune ed è il virus? […]

Per il resto, “aprire bocca e dargli fiato” aumenta solo il rischio di trasmissione del SARS-COV-2″.