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Omicidio Ramazzano, ergastoli confermati per le “belve” che uccisero Luca Rosi

Tre ergastoli per le “belve” e vent’anni per il basista. La Corte d’Appello di Perugia dopo due ore di camera di consiglio ha così riconfermato la sentenza di primo grado nei confronti di  Iulian Ghiorghita, Aurel Rosu e Dorel Gheorghita, che uccisero nel marzo 2012 il giovane bancario  Luca Rosi. Confermata anche l’aggravante della crudeltà è invece decaduta quella dei futili motivi e i venti anni di carcere per il basista Catalin Simionescu. Sostanzialmente accolte quindi  le richieste del procuratore generale Giuliano Mignini.

Rosi venne ucciso con cinque colpi di pistola nel marzo di due anni fa nella frazione periferica di Ramazzano. Durante la rapina, il bancario aveva cercato di reagire, nonostante i malviventi gli avessero legato le mani, per difendere la sua fidanzata (in casa con lui al momento dell’incursione) quando i rapinatori minacciarono di portarla con loro al momento della fuga. L’arresto nei giorni seguenti il crimine arrivò per Dorel Gheorghita, Iulian Ghiorghita e Aurel Rosu. Nel processo sono stati riuniti i procedimenti per l’omicidio Rosi e per un’altra rapina in villa compiuta due giorni prima a Resina della quale sono accusati solo due degli imputati (Ghiorghita e Rosu). Per gli stessi fatti era già in carcere Catalin Simionescu, considerato il basista della banda.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti (nel processo di primo grado nel quale gli imputati hanno chiesto il rito abbreviato), coordinati dai pm Antonella Duchini, Mario Formisano e Giuseppe Petrazzini, tre uomini immobilizzarono Luca Rosi, la madre, la fidanzata e il nipotino allo scopo di farsi consegnare denaro e preziosi che sarebbero stati chiusi all’interno di una cassaforte. Quando il banchiere reagì opponendosi ai rapinatore per evitare che tentassero una violenza sessuale nei confronti della fidanzata, uno di loro senza pietà sparò un colpo di pistola. Sempre secondo la ricostruzione accusatoria, i malviventi infierirono sull’uomo che aveva fra l’altro le mani legate, seguendolo fino alla camera da letto mentre tentava di sfuggire alla morte. Un’esecuzione crudele, senza scrupoli, per la quale tutti e tre sono stati condannati allo stesso modo, senza distinzioni, tutti ugualmente concorrenti nella morte del giovane Luca.