Spoleto

Lirico Sperimentale77, impossibile resistere agli Intermezzi | Applausi e tante risate al Caio Melisso

Debutta tra le risate a scena aperta e gli scroscianti applausi finali la tradizionale rassegna degli Intermezzi settecenteschi napoletani voluta e fatta crescere meritoriamente nel tempo, dal Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto.

Nel luogo più congeniale per questo genere di rappresentazione, il Teatro Caio Melisso, il pubblico nella serata dell’8 settembre, si diverte e partecipa con attenzione alle consuete vicende del canovaccio amoroso e fedifrago nella rappresentazione di teatro musicale che serviva da “intervallo” tra un atto e l’altro delle grandi Opere a carattere mitologico del tempo.

Mancando nella nostra contemporaneità la possibilità di mangiare e bere nei palchi, come un tempo era d’uso negli intervalli, agli spettatori del Lirico non viene tuttavia meno la socialità e la condivisione ilare di un momento di spettacolo musicale che ancora oggi gode un consenso incredibile.

A questo punto è fin troppo chiaro che i risvolti amorosi parossistici e gli spudorati tradimenti, complici innumerevoli travestimenti e ricerca certosina del gonzo con i soldi da spennare, sono ancora oggi la cosa più gettonata dal pubblico per passare un momento di spensieratezza assoluta che trasforma lo spettatore in colui che tra se e se dice “ma guarda questi, a me non capiterà mai”. Ma il destino è beffardo e a volte anche truffaldino e dunque…

Non è un mistero del resto, come si insegna anche nel mestiere del giornalismo moderno, che i tre elementi fondamentali per mandare avanti una testata “dovrebbero” essere le cosiddette tre S: sesso, soldi e sangue.

Negli Intermezzi settecenteschi di solito del sangue non v’è traccia se non per qualche finzione, come quella dei protagonisti che minacciano morti impossibili per amore. Ma quanto a sesso (sempre metaforico e malizioso) e sacchetti con forzieri pieni di soldi, non manca l’abbondanza.

La franchezza delle donne

Questo Intermezzo a tutta prima, nel suo titolo, potrebbe apparire come un ossimoro secondo la considerazione sociale del tempo per le donne. Ma nel caso del lavoro di Giuseppe Sellitti, per una volta il più incline alle trame e ai travestimenti per scopo personale è proprio il protagonista maschile Sempronio, di professione barcarolo, che tenta con insistenza di far cadere in contraddizione Lesbina, l’amata fidanzata che invece coerentemente si incapriccia, e lo dice senza trucchi, di un tal Zanetto. Da qui la franchezza, seppure dolorosa, per qualche verso.

Tutto quello che accade dopo è un campionario imbattibile di commedia dell’arte, di onomatopee del testo declinato in lingua popolare veneta, giochi di ruolo e il consueto sfoggio di latinismi “gabbavillani” come si direbbe in spoletino, per turlupinare il popolino che rimane a bocca aperta davanti allo sfoggio di sapienza, “Quaerela faciunt contra Sempronius Tordiglionum suum patriotus. Bonus, bona, bonum!”

Il pubblico in teatro ride per l’inverosimiglianza della faccenda, soprattutto nell’epoca di Google dove avvocati, giudici e notari sono ridotti a pagine di Wikipedia. La vita come un riassuntino insomma.

Tutto finirà a tarallucci e vino e sposalizio riparatore, salvo mantenere vivo l’incapricciamento per il portentoso Zanetto che strapazza le donne come si conviene, mentre il barcarolo Sempronio, “va controcorente e quanno canta, l’eco s’arisente.”, come accenna la nota canzone romana. Tutto cambia perchè nulla cambi!

Moschetta e Grullo

Se i nomi dei protagonisti sono già un indizio di come andrà a finire la storia tra i due, gli elementi della gelosia e dell’abbandono per amore (abbandono nel senso della resa incondizionata) diventano invece il motivo della trama, breve e intensa e con una partitura musicale di arie e recitativi molto convincente scritta da Domenico Sarri. Ovviamente perchè tutto accada occorre una robusta dose di travestimenti per scatenare le contraddizioni nei protagonisti di ciò che si è nel profondo e di ciò che invece si è nell’apparenza quotidiana.

Ma esclusa ogni pretesa di filosofiche interiorizzazioni alla ricerca della conoscenza, salta all’occhio una chiara spregiudicatezza come esercizio quotidiano. L’aria di Moschetta “Quanto son pazze quelle ragazze che si assoggettano a un solo amor. Il vero spasso e avere più amanti…”, parla decisamente chiaro di come si intende la vita.

Ed in effetti basterebbe questo per godersi tutto il resto, se non fosse uno spasso osservare come Sarri trasforma il contenzioso amoroso tra i due in una totale capitolazione senza condizioni di Grullo. Sarà un caso che il poveretto, soldato di professione, si chiama così? E aggiunge “Ho patito più assai nel fare l’amore che nel fare il soldato…”, denunciando tra le righe una condizione-quella dei soldati del tempo- di prostrazione e patimento fisico non facilmente definibile, tanto da fiaccare ogni volontà.

Ma come spesso accade, anche tra noi contemporanei, un amplesso finale sigla l’armistizio di una guerra figurata, il Risiko delle intenzioni e della schermaglia amorosa quotidiana. Anche qui, nulla di nuovo all’orizzonte. Del resto la pretesa-apparente- di un Intermezzo non è certo quella di catechizzare o impartire lezioni, ma quella di rendere spensierato e persino frivolo, un momento della giornata impegnativo. Ma se si scava bene tra le righe, qualcosa di importante c’è sempre per il nostro perfezionamento interiore e basta saperlo “leggere”.

“La coppia di fatto” Pierfrancesco Borrelli-Andrea Stanisci e il Cast

Considerato che nella recente intervista rilasciata a TO dal M° direttore d’Orchestra Pierfrancesco Borrelli, e dal regista Andrea Stanisci, artefici della birbonata degli Intermezzi della 77^ edizione del Lirico Sperimentale, i due hanno annunciato la loro permanenza nel ruolo fino al 2090, ci sentiamo rinfrancati per tutte le generazioni a venire per un perfetto godimento del genere: il pubblico è in mani sicure!

Ma oltre le consuete cialtronerie del qui presente assente giornalista di campagna, si deve prendere atto che per ogni rappresentazione degli Intermezzi, vista in scena al Lirico sin dal 2015 (anno di inizio della rassegna) per arrivare ad oggi, non c’è stata nemmeno una volta in cui abbiamo potuto notare stanchezza o ripetitività sia nella direzione d’orchestra che nella creatività della direzione registica.

Ce ne accorgiamo soprattutto dalla capacità dei due maestri nell’estrarre da ogni giovanissimo cantante protagonista di questi anni, quanto di meglio può dare in termini di recitazione e prestazione vocale.

I due sarebbero capaci di rendere interessante anche una colonna di cemento armato. E questo per la evidente passione e scrupolosa serietà che emerge dal loro lavoro.

Facendo uno strappo alla regola vogliamo dire che i protagonisti dei due intermezzi dell’8 settembre, Elena AntoniniLesbina e Davide RomanoSempronio in La franchezza delle donne, e a seguire Aloisia de NardisMoschetta e Marco GazziniGrullo in Moschetta e Grullo, sono 4 voci di grande interesse. E non solo per la struttura vocale, ma anche dal punto di vista della presenza attoriale. Tutti hanno rispettato alla lettera il canone di comportamento dettato da Andrea Stanisci che è quello di “divertirsi in scena e senza pudori”.

Stanisci plasma in loro una serie di elementi espressivi della commedia dell’arte che saranno utilissimi, in termini di esperienza, anche nei futuri ruoli, fossero anche di una drammaticità estrema. In questo è altrettanto utile, non bisogna nasconderselo, una drammaturgia scarsa in libretti molto semplici. Ma appunto per questo efficaci se presi nella forma della “istruzione”.

Il M° Borrelli, una autorità assoluta nel campo della musica barocca, assembla le partiture di Sarri e Sellitti come meglio non sarebbe possibile, grazie anche ad un generoso Ensemble del Lirico. Borrelli, in perfetta sincronia con Stanisci, educano i giovani cantanti alla progressione di arie e recitativi che nei due Intermezzi in questione accadono in serrata successione. Inoltre, in entrambi, non mancano alcuni passaggi di virtuosismo vocale da seguire con attenzione.

Come sempre Pierfrancesco Borrelli, napoletano impenitente, non resiste alla richiesta di Stanisci di partecipare alla scena e così anche stavolta lo vediamo impegnato “brillantemente” nel salvataggio di una protagonista, durante un tentativo di finto-suicidio amoroso, da compiersi nella buca dell’orchestra. Che tocca fà per campare, dirigendo orchestre!

Un plauso ai due mimi che da qualche anno accompagnano gli Intermezzi del Lirico, Valentino Pagliei e Vania Ficola, volti e fisico dell’assurdo che risiede in ognuno di noi e a maggior ragione nei protagonisti degli Intermezzi. Applauditissimi.

(Modificato il 10 settembre- ore 09.10)