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LA CITTA' DI PERUGIA PRONTA PER LA CERIMONIA DELL'OSTENSIONE DEL SANTO ANELLO

(Geraldina Rindinella)- Il rito dell’ostensione del Santo Anello, che si svolge ogni anno il 29 e il 30 luglio a Perugia, rinnova simbolicamente il forte legame che esso ha con la cittadinanza. Infatti, proprio il 29 luglio del 1473, approdò sulla scena perugina un anello di calcedonio che l’antica tradizione venerava come il pegno delle nozze di san Giuseppe con Maria di Nazaret. Ed è questa sua asserita identificazione che lo ha reso preziosissimo, una vera “reliquia” fatta oggetto di culto, che ha dato così inizio ad una singolare leggenda. L’anello sponsale è il memoriale di un evento di grande importanza. Ogni anno, infatti, in queste due giornate convergono in cattedrale le massime autorità civili ed ecclesiastiche che detengono le 14 chiavi che occorrono per accedere al cimelio conservato in un forziere, a simbolo e testimonianza di una sinergia che, oggi come allora, coinvolge la devozione verso uno dei tesori più preziosi di Perugia. Prelevato dalla cittadina di Chiusi, l’anello nuziale venne riparato nella cappella del palazzo dei Priori, in attesa che si completassero i lavori di ampliamento del Duomo, dove fu trasferito il 31 luglio del 1488. Tuttavia, la leggenda del Santo Anello può essere suddivisa in tre parti: il prologo, il racconto vero e proprio di come il cimelio sarebbe giunto a Chiusi e di come poi sarebbe stato riconosciuto e, infine, la memoria di un solo miracolo compiuto dal gioiello, cioè la paralisi del dito sacrilego di una nobildonna che lo volle provare. Quest’unico prodigio rappresenta un ammonimento a chiunque nel futuro avesse mai avuto simili curiosità. E poiché gli studiosi supponevano si trattasse di un monile femminile, fu una donna, nello specifico una dogaressa, a sperimentare per prima e per tutte la sua tremenda efficacia. La tradizione vuole tuttavia che Mustiola, cugina di Claudio II alla quale l’imperatore Aureliano aveva fatto uccidere il promesso sposo Lucio, avesse ricevuto in dono da questi l’anello sponsale. Il furto, avvenuto in circostanze non del tutto chiare, innescò la famosa “Guerra dell’anello” che spinse Perugia a battersi con accanimento e tenacia per mantenere il possesso del monile. Nonostante l’intervento di Siena in favore di Chiusi, privata ormai della “reliquia”, Perugia riuscì a conservare il gioiello con tutte le forme della solennità. Per la città, l’essere entrata in possesso del Sant’Anello, fu un evento di portata eccezionale, quasi inconsciamente atteso, per un semplice motivo. L’ ipotesi è che negli anni ’70 del 1400, le linee direttrici dei grandi pellegrinaggi erano definite, e l’Umbria avesse ormai da tempo i suoi consolidati poli d’attrazione: Assisi e Santa Maria degli Angeli. La sua posizione geografica ne faceva un’area di passaggio per coloro che, ad esempio, si recavano a Roma. Di conseguenza, l’ambito cimelio riusciva ad immettere Perugia nel giro delle mete devozionali più frequentate. Questa nuova realtà rappresentò un rilancio della città e un vantaggio economico che poteva derivare dal passaggio dei viandanti. A partire dal 1487 venne istituita la Confraternita dell’Anello, un’aggregazione di cittadini che garantiva la persistenza della venerazione e che, nel contempo, la rendeva istituzionalizzata. A ciò provvide Bernardino da Feltre, con la fondazione della compagnia di san Giuseppe che, con l’incorporazione delle altre congregazioni, propose la “summa” di devozioni dando vita così alla triade: san Giuseppe, il padre di famiglia modello, la Vergine, madre e sposa per eccellenza e Cristo, il figlio-Redentore. Una sacralizzazione massima e sublimata dal matrimonio perfetto, emblema della famiglia. L’anello perciò è stato, ed è tuttora, un “memoriale” eloquentissimo di un evento di grande importanza e, non a caso, la Chiesa perugina lo ha collegato fin dalle sue origini con la festa liturgica dello “Sposalizio di Maria e Giuseppe”. Il Comune di Perugia è stato il fulcro, negli anni, del rinnovarsi dell’interesse verso una tra le più antiche cerimonie cittadine: la “calata” del prezioso anello nuziale della Vergine, custodito in cattedrale sopra l’altare, in uno scrigno posto ad otto metri d’altezza. Per aprirla sono necessarie ben 14 chiavi, conservate una dall’Arcivescovo, tre dai canonici del Duomo, una dal Nobile Collegio del Cambio, una dal collegio della Mercanzia e otto dalle autorità municipali.