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Imu, il grido d'allarme del presidente Confcommercio “Sospensione anche sui beni strumentali”

Reduce dalla partecipazione all’assemblea di Rete Imprese Italia, che si è svolta a Roma, il presidente Confcommercio della provincia di Perugia Giorgio Mencaroni fa suo l’appello che in quella sede ha rilanciato il presidente nazionale Carlo Sangalli: l’Imu sui beni strumentali delle imprese deve essere eliminata, perché sono funzionali all’attività, e comunque va sospesa la rata di giugno, come il Governo ha deciso per la prima casa.
“Cogliamo positivamente la disponibilità a ragionare sulla nostra richiesta in merito all’Imu espressa in Assemblea dal neo ministro allo Sviluppo Economico Flavio Zanonato – sottolinea Mencaroni – ma è assolutamente indispensabile che la buona volontà si concretizzi in scelte immediate, perché le imprese non sono assolutamente in grado di sostenere questa nuova “batosta”. Nella nostra regione molte non sono riuscite neppure a pagare la rata di dicembre, figuriamoci se possono versare l’acconto di giugno, che tra l’altro è ulteriormente aumentato, per effetto di rivalutazioni catastali ed altro, rispetto a quello già insostenibile del 2012!
In questi mesi la sospensione dell’Imu sulla prima casa è diventato il nodo del contende e la stessa condizione pregiudiziale dell’esistenza del Governo: dispiace notare che è mancata altrettanta attenzione e preoccupazione nelle forze politiche per l’Imu dovuta dalle imprese che – specie in settori per loro natura necessitati ad utilizzare grandi superfici, come rivenditori di mobili, concessionarie di auto, grossisti, alberghi, laboratori artigiani etc. – rappresenta un onere spropositato e opprimente. Tanto più in un momento in cui le imprese sono davvero all’ultima spiaggia”.
Alleggerimento del carico fiscale e rilancio dei consumi sono le emergenze su cui il presidente della Confcommercio provinciale punta il dito: “Le aziende oggi non incassano, non hanno ricavi, abbiamo riduzioni di fatturato anche del 30-50%. Sono cifre spaventose. Senza ricavi anche misure di cui si parla tanto, come l’abbattimento del costo del lavoro – peraltro necessarie – sono poco incisive. La drammatica contrazione del volume di affari, infatti, impedisce alle imprese di sostenere i costi fissi, e quindi le costringe a licenziare i dipendenti. Se aumenta la disoccupazione i consumi crollano ulteriormente, e non sarà certo il risparmio dell’Imu della prima casa, che in molte situazioni ha un ammontare piuttosto basso, a restituire potere di acquisto ad una famiglia. Bisogna che il Governo attui serie politiche di rilancio dei consumi, piuttosto che concentrarsi su problemi marginali. Bisogna intervenire sulla tassazione esorbitante – rivedendo le aliquote Irpef ed eliminando l’Irap per le imprese – rialzare la soglia degli acquisti in contante, che ha contribuito a produrre un effetto oppressivo sui consumi, abbassare le commissioni sulle carte di credito, per incentivarne l’’uso e dunque la trasparenza delle transazioni. Bisogna favorire l’accesso al credito, ma soprattutto rimettere in moto l’economia. Negli ultimi 20 anni la propensione delle famiglie al risparmio è passata dal 22% all’8%: il persistente crollo dei consumi non è dunque dovuto al fatto che chi ha ancora disponibilità economica preferisce risparmiare, ma alla tragica realtà che non c’è nulla da spendere, e anzi si è intaccato anche ciò che faticosamente si era messo da parte. Anche le imprese ormai hanno dato fondo ad ogni riserva: la situazione è drammatica, e il tempo delle chiacchiere è scaduto da un pezzo. Davvero oggi, come recita lo slogan dell’Assemblea di Rete Imprese Italia, tocca alla politica e alle istituzioni fare la loro parte”.