Spoleto

Festival di Spoleto, Max Cooper sperimenta il “Sibemolle” e “stordisce” un Teatro Romano sold out

C’è una nota musicale di fondo in certi artisti che da qualche stagione arrivano al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Non si potrebbe propriamente definire come in un classico pentagramma, anche se più volte si è accennato al fatto che sia simile ad un Sibemolle.

La materia è vibrazione

L’esperienza scientifica e filosofica ci consegna una simile sfida sostenendo che da un ammasso di galassie lontano 250 milioni di anni luce, ci arriva una nota, appunto un Sibemolle continuo, un milione di miliardi di volte più basso dei suoni più bassi che l’orecchio umano può percepire.

E così non è un caso che Max Cooper, produttore nordirlandese e visual artist di base a Londra, abbia iniziato la carriera come musicista elettronico nel 2007, periodo in cui conseguiva anche un dottorato di ricerca in biologia computazionale. Ben presto le due anime, quella di musicista e quella di scienziato, hanno trovato una sintesi perfetta nelle sue produzioni, caratterizzate da una identità immediatamente riconoscibile

L’assunto fondamentale da tenere presente, però, è quello che la materia è vibrazione.

E se questo è vero, Max Cooper, come una sorta di gran sacerdote, produce materia vibrante sfruttando anche la potenza generatrice della immaginazione.

I suoni che abbiamo ascoltato al Teatro Romano nello spettacolo del 28 giugno, sono solo apparentemente assimilabili a quelli di moda nei party più gettonati o nei locali di grido internazionali.

Quello che Cooper suona non avrebbe motivo di essere senza la proiezione delle immagini che si sono stampate sulle pareti del complesso di Sant’Agata con un effetto di frazionamento persino interessante.

Prima dello spettacolo si era discusso se fosse necessario un grande pannello per evitare appunto l’effetto di frattura in base alla superficie di proiezione, Ma a quanto pare il risultato ottenuto è stato in qualche modo incoraggiante anche per il pubblico presente, accorso numerosissimo al Teatro Romano che alla fine è risultato anche sold out (più di 1000 spettatori presenti).

Musica tradizionale o mistica ?

Se i suoni prodotti da Cooper sono il frutto di una buona impostazione di stampo tradizionale (bassi continui da sottocassa come nei rave) mescolati all’elettronica che ne costituisce una sorta di armonia nel pezzo, ciò di cui non si può fare a meno sono le immagini.

Frequenze di materia, come la sinusoide del DNA dalla quale si produce la vita, che nel massimo dell’ampiezza degli intervalli segnala l’esperienza del dolore, fino ad arrivare alla gioia assoluta quando la vibrazione aumenta a tal punto che le frequenze si avvicinano tra loro fino a diventare una quadro di pura luce.

E le immagini di Cooper sono proprio così, con mitocondri, cellule e molto altro materiale biologico che si muove a varie frequenze, fino ad arrivare al linguaggio e dunque simbolicamente agli alfabeti e alla scrittura, passando per l’umanità in movimento, presa in giro dall’artista, nella sua apparente geometricità del traffico stradale.

Sostiene Cooper, «Ho sempre amato la musica tanto quanto le arti visuali e il salto di qualità l’ho fatto quando mi sono reso conto che potevo valorizzare anche a fini artistici il mio background di studi scientifici, utilizzandolo nei visuals. Da lì, in un bellissimo e quasi sorprendente circolo virtuoso, l’aumentata complessità e qualità della componente visuale ha fatto alzare il livello anche alle mie idee musicali».

(Modificato alle 18.26)