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“Faida” Colaiacovo, sentenza attesa per venerdì / Oggi spazio alle parti civili e alla difesa

La sentenza era attesa per oggi, ma non è arrivata. Bisognerà aspettare fino a venerdì prossimo perchè i giudici Avenoso, Cenci e Volpe si ritirino in camera di consiglio e stabiliscano se sia mai esistito un piano per estromettere il patron Carlo Colaiacovo dalle cariche societarie, ordito dai giovani della dinastia per “far fuori” oltre a lui anche Giovanni ed Ubaldo Colaiacovo, vertici del gruppo Colacem.

Questa è la tesi dell’accusa nel processo che coinvolge la holding di Gubbio. Una trama complicatissima nella così detta “faida Colaiacovo”, una “Dynisty” del cemento arrivata nelle aule di tribunale ed oggi a nuova udienza. Il capitolo finale dovrebbe arrivare quindi appena in tempo prima della prescrizione i cui termini scadranno il prossimo 26 febbraio.

Secondo la tesi sostenuta dal pm nell’udienza del 21 novembre scorso, l’origine di tutto andrebbe fatta risalire al 2006, quando il sostituto procuratore di Roma dottor Sergio Santoni apre un’inchiesta per sventare un traffico illecito di oggetti d’antiquariato e opere d’arte rubate imputato proprio a Carlo Colaiacovo. La fonte arrivata a Santoni è confidenziale e riservata. Ma è proprio in questa fonte che si insinua il seme della discordia familiare.

Sempre infatti, secondo il pubblico ministero Antonella Duchini, quelle lettere anonime arrivate al Sostituto procuratore sarebbero state scritte per pugno di Giuseppe Colaiacovo, Paola Colaiacovo e Francesca Colaiacovo. “L’intento è quello di screditare lo zio e subentrare al suo posto”. Nella vicenda compare poi la figura di un investigatore privato Stefano Bruschi, che secondo l’accusa avrebbe un ruolo nella vicenda, incaricato di pedinare Carlo Colaiacovo, da non si sa bene chi e poi sospeso dallo stesso incarico, dietro un compenso di 5 mila euro da quella stessa ignota persona. E poi viene ricostruito dall’accusa un articolato pressing fatto di lettere anonime e presunte “soffiate” sugli imminenti arresti. Il pm chiede condanne di 3 anni per una serie di reati contestati tra cui il più grave quello di estorsione. Tra i legali degli imputati Nicola Di Mario, Mario Monacelli, Giancarlo Viti e Franco Libori e l’ex guardasigilli Paola Severino, proprio quest'ultima oggi ha ribattuto agli interventi delle difese delle parti civili “repliche che hanno puntaulamente confutato con un intervento di altissimo profilo giuridico le osservazioni delle parti civili – ha spiegato l'avvocato Nicola Di Mario – siamo convinti di aver ampiamente dimostrato come i nostri assistiti siano estranei a tutte le accuse a loro rivolte”.