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Enologica 2015, Philippe Daverio “Montefalco, un posto fantastico”

E’ ormai un fatto accertato che Philippe Daverio si sia trasformato nel tempo in una sorta di rockstar della cultura. Non c’è luogo in cui si presenti nel quale frotte di ammiratori di tutte le età lo prendano d’assalto per avere un autografo o una semplice stretta di mano. Il dotto professore, giornalista, scrittore e persino ex-assessore alla Cultura al Comune di Milano negli anni ’90 (Giunta Formentini si ricorderà), è uno di quei personaggi della cultura italiana che attraverso la televisione (Passepartout su Rai3), ha diffuso a più non posso l’amore per il patrimonio culturale italiano, e non solo, raccontando di arti, movimenti e luoghi sconosciuti ai più, dimenticati o frettolosamente sorvolati dalla cultura ufficiale, quella dei libri scolastici o degli assessorati alla cultura. Un vero “M° Manzi” dell’arte, un divulgatore portentoso e fascinoso.
Ha dunque avuto l’occhio lungo chi, nell’organizzazione di Enologica 2015, ha invitato Daverio a tenere una conferenza sul tema della cultura del territorio in rapporto a quella del vino, nelle giornate dedicate di Montefalco, dal titolo “Philippe Daverio incontra Montefalco”.
Un appuntamento letteralmente preso d’assalto ieri, sabato 19 settembre, da circa 200 persone che si sono ritrovate nel Complesso museale di San Francesco per ascoltare l’intervento del Bibliotecario della città di Salemi, incarico “spiritoso”, ricevuto recentemente dal sindaco della città, Vittorio Sgarbi.
Nell’ intervento durato poco meno di un ora, Daverio riassume il senso di appartenenza ad un territorio, anche e sopratutto in relazione alle sue ricchezze, che secondo il professore debbono essere spiegate attraverso l’uso della “propaganda” ed utilizzate come un esempio affinchè “I ricchi del mondo non siano tristi”. Daverio indulge nell’esempio sul rapporto con i nuovi ricchi, i cinesi, che sono assolutamente bisognosi di tutto ciò, “Montefalco ha poco meno degli abitanti di un condominio di Shanghai, ma con una ricchezza di documenti, di convivenza sociale, civile e culturale, che è necessario raccontare ai cinesi, che ne sono assetati. Altrimenti perderemmo la nostra dimensione umanitaria”. Concetti che replicati su scala regionale, (L’Umbria ha gli stessi abitanti di un quartiere di Roma ndr.) sono stati spesso colpevolmente snobbati dalla politica o da pseudointellettuali che ritenevano offensivo il paragone, indulgendo poi su una autoreferenzialità culturale al limite della sussistenza, o peggio destinata agli amici degli amici.
Ciò su cui Daverio comunica e invoglia a ragionare in maniera spiritosa è il concetto di sviluppo di un territorio attraverso l’utilizzo come esempio per altri della ricchezza immutevole e duratura presente ( il cosiddetto patrimonio artistico e culturale), ed anche però su “come ci si veste, come si mangia…”
Il tutto, “…utilizzando un segreto che forse abbiamo solo noi. Mentre loro ( i cinesi) sono tutti costretti a credere che solo il lavoro rende l’uomo libero, noi siamo i pochi che riusciamo a spiegare che la liberazione dell’uomo dal lavoro rende ancora più liberi. Siamo gli esperti di come si fa”. Su questa affermazione, la platea non resiste e si lascia andare ad un lungo applauso, sorta di rilascio emotivo, come se si fosse ad una seduta psicanalitica.
Nella narrazione daveriana segue poi una lunga dissertazione sull’Europa fondata sulla cultura del vino, “Non è un caso che i nostri nemici attuali sono quegli uomini vestiti di nero che non bevono vino…”, riferendosi agli uomini dell’ Isis. Avendo però cura, di operare la giusta distinzione tra ciò che è il pensiero del califfato e ciò che innumerevoli poeti dell’Islam hanno raccontato invece per secoli, cioè proprio i temi che ora sono banditi: l’amore per le donne e il vino.
E per meglio spiegare il senso di “cultura europea”, in relazione alla produzione del vino, il professore usa una curiosa iperbole. “La diffusione della cristianità in Europa regge finchè dura l’Impero Romano. E l’Impero Romano era una sorta di enorme McDonald’s. In qualunque parte dei territori governati dell’Impero si andava si trovava lo stesso hamburger. L’alimentazione era sostanzialmente identica in qualunque parte dell’Impero”.
La trasformazione dei gusti e dei sapori rendono i territori diversi da ciò che erano in principio, secondo l’ipotesi di lavoro narrata a Montefalco. E così raccontando dell’arrivo dei Longobardi, passando per il monachesimo, differenziando la produzione del vino anche studiando la dimensione delle botti e la gradazione, che da robusta si fa leggerina, si arriva, o meglio torna, al concetto di propaganda di cui si era partiti all’inizio della conferenza. Ed in chiusura Daverio confuta, il concetto abusato di eccellenza, tanto di moda in tutti i settori. “Sostituiamo il concetto di eccellenza con quello di Unicità. Riscopriamo la fierezza di avere qualcosa di unico nella nostra storia e nel territorio”. “Avete un compito dunque, convincere il mondo che Montefalco è un posto fantastico”.
Ad ascoltare Philippe Daverio anche molte autorità e personalità del mondo istituzionale umbro. In prima fila il presidente di Confagricoltura Umbria, Marco Caprai, la Presidente del Tribunale di Spoleto, Dott.ssa Emilia Bellina con il marito Dott. Umberto De Augustinis, Consigliere di Cassazione e Vice Segretario Generale della Presidenza del Consiglio, il Dott. Fausto Cardella, Procuratore Capo dell’Aquila, già magistrato a Perugia e Terni, il sindaco di Castel Ritaldi, Andrea Reali, l’Avv. Domenico Benedetti Valentini e naturalmente il sindaco di Montefalco, l’Avv. Donatella Tesei che con Daverio ha anche dato vita ad un gustoso siparietto al termine della conferenza.

Il professore ha voluto replicare una scena girata per la trasmissione Passepartout, quando in piedi su una sedia di fortuna indicava al pubblico televisivo alcuni dettagli degli affreschi di Benozzo Gozzoli, nell’abside di San Francesco, che raccontavano l’opposto di ciò che si vedeva, protagonisti oltre il pictor anche Giotto e Dante.
Al termine della conferenza, come previsto, ressa di fans tutti intorno al professore che non si nega all’abbraccio della platea per autografi e strette di mano.

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Foto: Tuttoggi.info (Carlo Vantaggioli)