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Concorso “Casagrande” di Terni, la cerimonia di premiazione / Vince Julian Jia ‘albatros’ della Cina

Si è conclusa la trentesimaA edizione del concorso pianistico internazionale “Casagrande”: 120 iscritti, 64 partecipanti effettivi, un bagaglio di sogni e speranze che passa attraverso un percorso fatto di soddisfazioni, e molti, tantissimi sacrifici. È difficile per i non addetti ai lavori immaginare quanta fatica ci sia nella preparazione ad un concorso del livello del “Casagrande”, fatto di cinque prove estremamente impegnative, che costano fatica e determinazione. Le ore di studio spese al pianoforte sposano il talento naturale dei concorrenti, ciascuno con le proprie inclinazioni ed una personalità più o meno spiccata: in tre sono giunti in finale: Zhi Chao Julian Jia, Yuan Jie e Alexey Sychev, tutti premiati, a riprova dell’alto livello raggiunto dall’odierna edizione.
Dopo le due prove finali con quartetto d’archi della Scala ed orchestra sinfonica abruzzese diretta dal M° Marco Zuccarini, si sono di nuovo presentati al pubblico ternano al teatro “Secci” per il concerto dei vincitori.
Ha rotto il ghiaccio il russo Sychev, terzo classificato: da subito, ha colpito per l’alto valore tecnico dell’esecuzione dei brani di F. Liszt, affrontati alla luce di una lettura particolarmente raffinata e curata dal punto di vista timbrico.
Diverso il sapore dello Schumann proposto dal secondo premio, il cinese Jie, che ha riportato anche la vittoria per la migliore esecuzione di musica da camera (premio “De Rosa” offerto dai Lions Terni, ndr) e per la migliore sonata di Beethoven (premio “Taddei”, ndr); una comunicativa estremamente naturale, spontanea e diretta, intima, che ha anche permeato lo spirito di un “Petrustchka” (J. Strawinskij) estremamente particolare: non la solita danza russa travolgente e sfrenata ma un rilievo a linee curate e delicate.
E poi sale sul palco un albatros: goffo e disorientato sulla ‘terra ferma’, maestoso e imponente quando apre le ali sul pianoforte. Julian Jia, carismatico fin dal momento in cui calca il palcoscenico, artista per natura, unico da quando tocca i tasti.
Lo strumento si spalanca e vibra, sembra sia un altro rispetto a quello suonato dagli altri concorrenti. E il talento vola. Si inizia con due sonate di Scarlatti, semplici, curate, essenziali nella loro perfezione: è difficile imporsi con brani del genere al grande pubblico che sempre più spesso confonde i musicisti con i funamboli, ma lui ci riesce, e tutti tacciono, ipnotizzati.
Segue la fantasia di Chopin con un continuum inaspettato. Una fantasia che è assolutamente aderente allo spartito ma che eppure è nuova: escono frasi, melodie, scambi di voci che si scoprono stasera per la prima volta al Secci, ed escono dalle mani di questa grande giovane promessa. Si conclude con un travolgente studio di Saint-Saents, ed il meritato scroscio di applausi stavolta non si risparmia.
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