Assisi

Assisi, parla la dipendente licenziata perché “andava in palestra invece di lavorare”: “Contro di me acredine incomprensibile”

“Non capisco l’acredine che l’amministrazione sembra dimostrare nei miei confronti. Sembra quasi che abbiano scelto di giudicarmi prima dei giudici: ma ancora non c’è un singolo grado di giudizio terminato, tanto meno con la mia colpevolezza”. A parlare, per la prima volta dopo oltre un anno da quando la vicenda è diventata di dominio pubblico, è la dipendente del Comune di Assisi licenziata perché, secondo le indagini dei Carabinieri, sarebbe andata in palestra invece di lavorare.

Anna – questo il nome di fantasia con cui il Corriere dell’Umbria pubblica l’intervista – è stata denunciata per truffa aggravata e per falso. Oltre all’uscita dal lavoro un’ora prima di quanto attestato, la dipendente è infatti anche accusata di aver falsificato il foglio in cui segnava le ore, in assenza di un marcatempo nell’ufficio del turismo in cui era stata distaccata.

Dalle indagini è nata una causa divisa in tre filoni: il primo è quello finito alla Corte dei Conti che ha interpellato la Corte Costituzionale. Nel mirino c’è il danno di immagine per cui la dipendente dovrebbe risarcire il Comune per 20.000 euro, “peccato che – sostiene Anna – nell’attesa della sentenza degli ermellini, il danno di immagine sia tutto da valutare. Io sono sempre stata zitta, i comunicati sulla vicenda sono sempre partiti dall’altra parte, a volte con un’acredine incomprensibile”.

Il secondo filone è la causa lavorativa, per la quale il giudice del Tribunale del Lavoro ha proposto un accordo che le parti stanno valutando. “Ma non tornerò a lavorare in Comune – anticipa la ex dipendente – mi hanno licenziato il 30 settembre 2017, il 2 ottobre avevo già un nuovo lavoro”. E infine c’è la causa penale, per l’erronea certificazione delle quattro ore. Un ‘errore’ dovuto al fatto che all’ufficio turismo, dove Anna lavorava, non c’era un marcatempo e le ‘scartoffie’ venivano compilate anche giorni dopo. La causa verrà discussa dal 13 novembre, ma la difesa della ex dipendente avrebbe in mano delle testimonianze (“un nutrito fascicolo di indagini difensive”) che, con prove a supporto, confermerebbero tesi che le ore (4, per un totale di poco più di 60 euro da risarcire) sono state ‘recuperate’ “perché – conclude Anna, prima di ringraziare per il supporto i genitori, gli avvocati, i datori e i colleghi di lavoro, oltre che gli amici – ho tenuto l’ufficio aperto invece di fare la pausa pranzo, mangiando un panino”.