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Acqua inquinata, allarme resta alto – Relazione Arpa evidenzia allargamento “zona rossa”

Jacopo Brugalossi

Non sono molto rassicuranti i dati pubblicati ieri dall’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale) riguardanti la seconda tranche dell’indagine sull’inquinamento delle acquee sotterranee di Spoleto, avviata lo scorso aprile. Questa fase dell’attività investigativa si è concentrata sulla rilevazione e sulla diffusione delle sostanze inquinanti (Tetracloroetiliene e Tricloroetilene), al fine di individuare e delimitare l’area in cui la loro concentrazione supera i limiti imposti dalla legge per il consumo umano.

Inquinato il 76% dei pozzi – Una cosa è certa. L’emergenza “acqua inquinata” a Spoleto non può definirsi archiviata. Infatti, su 64 pozzi controllati da giugno a settembre lungo la “conoide” del torrente Tessino, tra San Sabino e Protte-San Giacomo, sono ben il 76 per cento le situazioni in cui i livelli di PCE superano la soglia consentita. E nel 40 per cento dei casi presi in esame la concentrazione di questa sostanza unita al tricloroetilene (trielina) supera i limiti imposti dalla legge per le acque destinate al consumo umano.

“Zona rossa” si allarga – Una situazione tutt’altro che rosea dunque. Non solo dal punto di vista delle concentrazioni degli inquinanti – che, va detto, appaiono in diminuzione rispetto a quelle riscontrate nella prima tranche dell’indagine – ma anche dal punto di vista dell’allargamento della “zona rossa”. Se, infatti, la prima relazione dell’Arpa aveva evidenziato due bacini di contaminazione distinti che si arrestavano più o meno nella zona del cimitero di San Sabino, questo secondo documento fa emergere che proprio all’altezza di San Sabino i due “plumes” si fondono in uno solo, che si estende notevolmente in direzione nord-est fino a lambire i centri abitati di Protte e San Giacomo (precisamente, via Olanda).

Allarme su pozzi VUS – L’arpa, inoltre, ha rilevato che nel suo percorso di propagazione il “plume” inquinato ha raggiunto anche due pozzi situati a notevole profondità (80 e 120 metri) tra Cortaccione e San Giacomo, da cui la VUS capta acqua ad uso idropotabile. Tuttavia, le analisi effettuate non hanno evidenziato, almeno per il momento, una concentrazione di PCE e TCE fuori dalla soglia consentita. Nel giro di pochi giorni l’Agenzia dovrebbe dare avvio ad un terzo filone di indagine che, si spera, faccia emergere le cause della contaminazione. Le ordinanze emanate dal sindaco Benedetti, per quanto tempestive ed efficaci nell’immediato, non bastano più a tranquillizzare i cittadini, che vogliono ricominciare ad utilizzare l’acqua corrente delle proprie case senza alcun timore per la salute.

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