Vertenza Perugina, lavoratori e sindacati chiamano la città | “Serve una mobilitazione generale" - Tuttoggi.info

Vertenza Perugina, lavoratori e sindacati chiamano la città | “Serve una mobilitazione generale”

Redazione

Vertenza Perugina, lavoratori e sindacati chiamano la città | “Serve una mobilitazione generale”

Giovedì sciopero con presidio sotto al Mise in occasione del tavolo con il governo. "Chiederemo il rispetto degli accordi e nuovi ammortizzatori sociali"
Lun, 24/07/2017 - 12:52

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Quello che vogliamo lanciare oggi è un appello a tutta la città e a tutto il territorio: la vertenza Perugina non riguarda solo i lavoratori, ma la nostra comunità nella sua interezza. Abbiamo bisogno che la cittadinanza, le forze politiche, le istituzioni facciano muro contro il tentativo di Nestlé di cambiare le carte in tavola e assestare un colpo durissimo alla fabbrica simbolo di Perugia e del cioccolato in Italia”.

A tre giorni dall’importante appuntamento di Roma, con il tavolo nazionale sulla vertenza Perugina al ministero dello Sviluppo Economico (27 luglio ore 11), la Rsu dello stabilimento di San Sisto e i sindacati, Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil dell’Umbria, lanciano un appello alla mobilitazione generale. La giornata di giovedì, con lo sciopero di otto ore proclamato dai sindacati e due manifestazioni (una a Roma sotto il Mise con almeno duecento lavoratori che raggiungeranno la capitale, l’altra davanti ai cancelli della fabbrica a San Sisto) rappresenterà infatti un passaggio decisivo: “Abbiamo bisogno che la vertenza Perugina assuma il suo carattere naturale – hanno spiegato Michele Greco (Flai Cgil), Dario Bruschi (Fai Cisl) e Daniele Marcaccioli (Uila Uil) insieme ai rappresentanti della Rsu, Luca Turcheria e Fabiano Rosini – che è quello di vertenza di carattere nazionale, finalizzata a chiarire le intenzioni di Nestlé verso il nostro paese. Per questo – hanno aggiunto i rappresentanti dei lavoratori – chiederemo al governo di intervenire su due fronti: richiamare la multinazionale al rispetto dell’accordo del 2016, che prevedeva il rilancio della fabbrica attraverso gli investimenti e non certo un taglio di 340 posti di lavoro, e mettere a disposizione gli strumenti necessari per la gestione dell’accordo stesso da un punto di vista sociale”.

Secondo i sindacati, infatti, la variabile fondamentale in questo momento è il tempo. “Sgombrato il campo da interpretazioni fantasiose rispetto a quello che è scritto nero su bianco nel piano che abbiamo sottoscritto con Nestlé un anno fa – hanno spiegato ancora sindacati e Rsu – dove si parla di riassorbimento degli esuberi pre accordo (circa 180) e di impatto sociale zero del piano stesso, è evidente che gli investimenti di carattere tecnologico e le strategie di marketing finalizzate all’incremento dell’export e alla controstagionalità hanno bisogno di un periodo congruo per andare a regime. Ecco perché – hanno aggiunto Flai, Fai, Uila e Rsu – abbiamo bisogno di ammortizzatori sociali che comprano un periodo più lungo di quello previsto dall’attuale normativa, ridotto all’osso dopo l’entrata in vigore del jobs act”. Le soluzioni, secondo i sindacati, ci sono, vanno solo individuate e messe in campo. A quel punto però bisognerà chiedere a Nestlé di giocare a carte scoperte.
È infatti fin troppo chiaro, secondo i sindacati, che la strategia della multinazionale è cambiata per ragioni che esulano dalla mera vicenda Perugina, dinamiche di livello mondiale (come le ipotesi di vendita dell’intero settore confectionery di Nestlé) che hanno portato il management europeo e a cascata quello italiano a rivedere la propria linea di azione, “tentando – hanno spiegato Flai, Fai e Uila – di piegare l’accordo su Perugina ai propri interessi di breve periodo, cioè tagliare i costi fissi attraverso i licenziamenti”. 
Ma Perugia non si farà prendere in giro così”, hanno assicurato i rappresentanti della Rsu, ricordando che dopo anni di sostanziale disinteresse di Nestlé verso l’Italia, fu proprio la Rsu Perugina a smuovere le acque presentando nel 2015 il “Piano industriale degli operai”, con proposte concrete sul rilancio della fabbrica e di Perugia come “capitale mondiale del cioccolato”. Ebbene, sottolineano i sindacati, da quella proposta è scaturito il piano che non solo non prevedeva esuberi, ma, anzi, ne garantiva il riassorbimento attraverso 60 milioni di euro di investimenti. “Ora non aspettiamo altro che il rispetto di quegli impegni – hanno concluso sindacati e Rsu – e se servirà del tempo per realizzarli, bene, che si trovino gli strumenti per prenderci questo tempo. Di certo, non si può pensare che il rilancio della Perugina si faccia sulla pelle dei lavoratori, questo non lo permetteremo”.  

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