Complice un Regio Decreto del 1938, Perugia, come Catania, stava per assistere alla modifica del proprio regolamento d’Ateneo sul numero di appelli d’esame per anno accademico. Un colpo di spugna, o un batter di tastiera, che in poco avrebbe riportato lo Studium alla memoria di altri tempi, quando ancora si scriveva con penna e calamaio. Una decisione che i dipartimenti si rimpallano dallo scroso 19 novembre, e apparsa durante una seduta del Senato Accademico: questo pomeriggio (16 dicembre, ndr) a risolvere la questione è arrivato lo stesso Magnifico Rettore Moriconi, il quale, spalleggiato dal prorettore Figorilli, ha redarguito i relativi direttori.
Ma andiamo per gradi. La storia nasce da un’ordinanza del CUN (Consiglio Universitario Nazionale), che riguardava “la cancellazione dal Regolamento Didattico della possibilità di ripetere un esame già verbalizzato, ma non ritenuto soddisfacente ai fini della media”, proprio avvalendosi del mussoliniano Regio Decreto. A informare sulla questione, e a presentare il proprio disaccordo, sono i ragazzi dell’UDU-Sinistra Universitaria, con la rappresentante in Senato, Letizia Biscarini. “La possibilità era prevista da più di dieci anni nel nostro Ateneo, il quale era rimasto l’ultimo, insieme all’Ateneo di Catania, ad offrire tale opportunità“. Il regolamento di Ateneo prevedeva infatti che si potessero ripetere gli esami ritenuti non soddisfacenti fino a tre volte prima della laurea, fatto che andava incontro anche a studenti borsisti, che pur di mantenere il numero di esami sostenuti per aver accesso alla borsa di studio, accettavano anche un 18. Un provvedimento, quello del CUN, ritenuto dunque “lesivo” dei diritti degli studenti, tanto che il sindacato studentesco aveva proposto una mediazione: “che il provvedimento non vada a toccare gli esami già sostenuti, ossia che si permetta agli studenti che avevano accettato votazioni basse, in previsione di poter ridare l’esame non soddisfacente a fine carriera, di poter ancora ripetere tali esami; per tutetelare tutti gli studenti colpiti dalla modifica del CUN, abbiamo chiesto l’applicazione, in via temporanea nei singoli Regolamenti di Dipartimento e in via definitiva nel nuovo Regolamento Didattico, da modificare in tempi brevi, dell’articolo della Carta dei Diritti degli Studenti che prevede un numero minimo di otto appelli e quattro sessioni di laurea per ogni corso“.
Proposta che ha visto storcere il naso alcuni direttori di dipartimento, nonostante l’avallo di prorettore e rettore, il quale ha così tuonato contro i primi, redarguendoli e promuovendo l’approvazione, da parte del Senato Accademico, di un nuovo regolamento di Ateneo, applicabile entro un mese e non confliggente con i regolamenti interni, per approvare i quali ne sarebbero trascorsi invece di 6 mesi. Fatto che naturalmente è stato accolto come una vittoria da parte dei rappresentanti di UDU-Sinistra Universitaria, che sempre oggi ha visto approvare in via definitiva la propria proposta sulla nuova rateizzazione delle tasse universitarie.
Paese che vai, università che trovi – Una delle motivazioni addotte da alcuni professori (in particolare dal dipartimento di Economia) contrari alla modifica dei regolamenti, e dunque favorevoli alla decisione del CUN, riguardava il fatto che “più appelli di esame sono disponibili in calendario, più gli studenti sono spinti ad andare fuori corso“. Lo stesso professor Pagliacci ha tuonato: “in altri paesi, gli studenti con un solo appello non entrano fuori corso“. Affermazione rispetto alla quale il sindacato ha rimarcato come “il sistema universitario italiano sia differente da quello degli altri paesi“, e che dunque non si può applicare una comparazione fine a se stessa, a fronte di una totale differenza di ordinamenti, didattiche e sistemi formativi.
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