STRAGE UMBRIA OLII, ORA PER LA DIFESA LA COLPA E’ DEL GRUISTA. IN AULA IL PLASTICO (Foto, guarda) - Tuttoggi.info

STRAGE UMBRIA OLII, ORA PER LA DIFESA LA COLPA E’ DEL GRUISTA. IN AULA IL PLASTICO (Foto, guarda)

Redazione

STRAGE UMBRIA OLII, ORA PER LA DIFESA LA COLPA E’ DEL GRUISTA. IN AULA IL PLASTICO (Foto, guarda)

Mar, 07/12/2010 - 01:00

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E’ stata una udienza ricca di colpi di scena quella tenutasi oggi (ieri per chi legge, n.d.r.) al Tribunale di Spoleto per il processo a Giorgio Del Papa, unico responsabile, per l’accusa, della esplosione della Umbria Olii di Campello sul Clitunno dove 4 anni fa morirono 4 operai della ditta Manili di Narni, fra cui lo stesso titolare.

Una udienza che ha comportato il ‘trasferimento’ del processo nell’aula del Gup per consentire ai consulenti della difesa di posizionare il plastico realizzato per ricostruire una parte della scena del rogo: in pratica 2 silo in acciaio e la passerella che li univa, in scala 1:10, che hanno creato non pochi problemi per il loro posizionamento. E più di un dubbio al pm, la dottoressa Federica Albano, sulla attendibilità del modello presentato.

L’udienza era praticamente tutta della difesa, rappresentata dagli avvocati La Spina e Santucci, che hanno provato a smontare l’ipotesi accusatoria: l’esplosione a loro dire non si verificò per l’uso improprio della saldatrice ma per una manovra errata del gruista, Klaudio Demiri, l’unico sopravvissuto alla tragedia. Per questo sono stati sentiti i 3 consulenti di Del Papa, l’ingegner Bardazza e i professori Cardillo e Fedele. Questi ultimi hanno dichiarato che l’olio di sansa presente nel serbatoio 95 (quello esploso per primo) poteva avere un punto di infiammabilità a 87,6° di temperatura e non 29° come sostenuto dai consulenti dell’accusa. Una temperatura troppo elevata da poter esser raggiunta, specie in quella fredda giornata di novembre.

All’ingegner Bardazza però la relazione più delicata, quella cioè della causa dell’esplosione, da ricercarsi non nell’utilizzo della saldatrice bensì nella manovra errata della gru che avrebbe agganciato la passerella provocando la fuoriuscita di olio dalla base del silo e, per lo sfregamento delle lamiere, innescando l’esplosione.

“La telecamera C13 – ha detto Bardazza proiettando alcuni fotogrammi – mostra chiaramente che il tetto del serbatoio viene su storto; difficile quindi credere che sia frutto di un'esplosione interna. Inoltre non c'è nessuna fiammata contestuale al momento in cui parte il tetto. La fiammata si nota solo un secondo dopo e la si vede distintamente provenire dal basso”. Bardazza ha poi mostrato, a ulteriore supporto della propria tesi, altri fermi immagine della telecamera C1, che riprende il momento dell'incidente da una diversa angolazione, accanto alla gru manovrata da Demiri. “Si può notare – ha detto l’ingegnere – come il braccio della gru rinculi all'indietro e il cavo della stessa ceda di schianto. Da queste immagini abbiamo tratto le nostre deduzioni, e cioè che il gruista, non potendo vedere cosa stesse succedendo sopra di lui, abbia fatto fare involontariamente un movimento errato alla gru che era agganciata alla parte superiore del serbatoio, sollevando così l'intera struttura e provocando una lacerazione alla base della stessa. A quel punto l'olio ha cominciato ad uscire mentre lo sfregamento delle lamiere ha innescato la combustione e le fiamme. Questo – ha concluso – spiega il perché della fiammata dal basso e del movimento ‘innaturale’ del tetto. Ribadisco inoltre che non preesisteva alcuna condizione fisico-chimica che potesse far verificare un'esplosione, tanto è vero che dalle immagini non si vede neanche un filo di fumo salire dal tetto del silo”. Bardazza ha poi dichiarato di aver interpellato un ulteriore consulente che avrebbe confermato che “i silo erano stati costruiti a regola d’arte”.

Nel corso dell’udienza non sono mancati, come detto, alcuni colpi di scena. A cominciare dalla notizia che i legali di Del Papa hanno nuovamente querelato i consulenti dell’accusa che, avendo espresso le proprie tesi sulla ricostruzione dell’esplosione in riviste e nel corso di convegni sul tema della sicurezza, avrebbero dimostrato di non essere imparziali. Motivi questi che hanno spinto l’imprenditore oleario a chiedere ai 4 consulenti diversi milioni di euro di danni.

L’avvocato La Spina oggi ha anche chiesto al giudice Avenoso di non far prendere più parte al processo ai consulenti del pm: una istanza al quale si sono opposti accusa e parti civili e che è stata condivisa dal giudice che ha dichiarato inammissibile la richiesta presentata dal legale. Ma non è finita.

In aula c’è stato qualche momento di tensione quando il pm ha notato la presenza in aula di una troupe che stava riprendendo il processo senza le necessarie autorizzazioni (le uniche ammesse erano quelle del Tg3 e di “Un giorno in pretura”). Alla richiesta di spiegazioni, i due operatori hanno detto di lavorare per un network locale, che peraltro si è finora interessato ben poco alla vicenda giudizaria. I carabinieri hanno quindi preso i loro nominativi e sequestrato la videocassetta. A filmare fino a quel momento il processo era addirittura il direttore editoriale della testata, da sempre molto vicina alla famiglia Del Papa, e un suo congiunto. Secondo alcuni testimoni la telecamera sarebbe stata vista ‘puntare’ sul pc di uno dei consulenti dell’accusa mentre stava prendendo appunti. Una vicenda al vaglio ora dello stesso sostituto procuratore che già nelle prossime ore visionerà il contenuto del video sequestrato.

(Ja. Brug. – Ca. Cer.)

(Aggiornato alle 16.28)


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