Spoleto57, il dramma della guerra nella ex-Jugoslavia in "La presenza dell'assenza" - Tuttoggi.info

Spoleto57, il dramma della guerra nella ex-Jugoslavia in “La presenza dell’assenza”

Carlo Vantaggioli

Spoleto57, il dramma della guerra nella ex-Jugoslavia in “La presenza dell’assenza”

La struggente messa in scena del Dah Theatre, al Cantiere oberdan per la programmazione di La MaMa Spoleto Open
Mar, 01/07/2014 - 11:26

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(Carlo Vantaggioli)– Il dramma della guerra nella ex-Jugoslavia e delle popolazioni croate, serbo-bosniache e kosovare, sembra lontano, come fu lontano in larga parte dall’opinione pubblica dell’epoca, nella metà degli anni’90. Era “l’altra guerra”, quella a pochi chilometri dalle porte di casa- Europa, ma che non avrebbe procurato danni se si fosse consumata entro i confini di una nazione posticcia (appunto l’ex-Jugoslavia di Tito) che doveva per forza regolare i conti al suo interno da un punto di vista religioso e persino di razza. Come ci si può dimenticare che anche in quei luoghi, nonostante la lezione terribile della Shoah, si realizzarono dei campi di concentramento e si prepararono fosse comuni per nascondere le esecuzioni di massa.
E’ su questo dolore narrato attraverso il teatro che LaMaMa Spoleto Open ha voluto proporre, all’interno della programmazione del Festival dei 2Mondi, una riflessione sui quegli avvenimenti con la piece “La presenza dell’assenza” ieri (30 giugno ndr.) alla sua ultima replica negli spazi del Cantiere Oberdan.
Protagonisti gli attori della compagnia Dah Theatre con una straordinaria perfomance di musica e teatro, condita con una brillante recitazione e delle coreografie intense. Grazie al supporto della musica, amplificata dalla vicinanza e dal contatto diretto, la performance lascia una profonda impressione nel pubblico presente.
Nel programma di sala, la descrizione del lavoro della compagnia, “Nel mondo contemporaneo, la distruzione e la violenza può essere contrastata solo con la creazione di senso. Questo è il motto di DAH Theatre, gruppo teatrale indipendente di Belgrado, tra i più riconosciuti a livello internazionale, con oltre 22 anni di attività. Un lavoro che affronta questioni di forte rilevanza politica e sociale, mantenendo uno stile estremamente poetico e una grande qualità interpretativa, che fonde insieme teatro musica e danza. Le storie sono il nostro modo di ricordare e formare i giudizi. E forse, perché toccano il cuore, le storie indicano la strada verso il perdono e la comprensione. Per mezzo delle storie possiamo sperimentare gli aspetti terribili e nobili di quanto accaduto, possiamo mettere i nomi ai volti, dare un significato a luoghi ed eventi, cogliere il senso di umanità delle vittime e dei carnefici, rivivere gli eventi della storia nei loro dettagli più temibili.”
Ed ancora, “Ascoltando i racconti delle donne Bosniache, Serbe e Kosovare che hanno perso i loro cari, ci siamo rese conto che le loro vite sono abitate da una presenza costante. La presenza dell’assenza, la presenza di coloro che non ci sono più.
La storia ci insegna che l’unico modo per guarire una società dalle atrocità che ha vissuto, è quello di passare attraverso il doloroso ma inevitabile sforzo di raccontare la verità. All’interno dei paesi dell’Ex Jugoslavia, questo percorso di riconciliazione non è ancora terminato. Lo spettacolo nasce proprio dal desiderio di offrire un contributo, invitando le famiglie che hanno vissuto tali esperienze a parlarne pubblicamente, e grazie anche a questo, trovare il modo di riprendere la propria vita.”
La drammaturgia del testo, recitato in lingua originale con i sottotitoli, ha una sua “musicalità” nella sequenza di silenzi e suoni, voci recitanti e movimento coreografico. Alcuni elementi della scena sono di per se la rappresentazione del dramma, come una sacca di camicie da adulto e da bambino che una donna anziana svuota e si mette a stirare con attenzione, pur sapendo che non serviranno più a nessuno. O il vestito di uno sposo che la moglie tenta di indossare come una seconda pelle affinchè si animi e possa trasmettere l’idea di un corpo che non c’è, annientato senza nessuna ragione.
Nella lettura del dramma della morte e della scomparsa di donne, uomini e bambini, gli artisti del DAH Theatre, riescono a trasmettere l’ansia dei sopravvissuti a cui è negata la quotidianità, fosse anche per la necessità di mangiare un piatto di minestra, sopraffatti dai ricordi e dal bisogno di sapere. Qualcuno riesce a ritrovare una vita e molti altri no, vorrebbero loro stessi provare la “scomparsa”, l’annientamento sulla loro pelle, unico modo di assorbire il dolore di chi non c’è e anche di chi è rimasto.
Intimo, commovente e ricco di simbolismo il gesto tradizionale di spezzare il pane con l’ospite che al Cantiere Oberdan sono gli spettatori, i quali riceveranno nelle loro mani un boccone “di vita” (è stato mangiato da tutti ndr.) per ogni anima dissolta nel conflitto, anime citate per il grado di parentela e non per nome, come fossero di tutti, universali e non di un clan, di una tribù e men che meno di una sola famiglia.
Bravissimi e intensi gli attori della compagnia a cui va il merito di non indulgere in autocommiserazioni recitative, ma piuttosto di dare forza a tutti, un vigore che solo la maschera teatrale può produrre sperando nella capacità che ha di lasciare un segno nell’anima dello spettatore.

LA PRESENZA DELL’ASSENZA

LA MAMA SPOLETO OPEN 2014

 regia e drammaturgia Dijana Milošević

performers Sanja Krsmanović Tasić e Maja Paripović
scenografia Vujović Neša
musica Jugoslav Hadžić
violino e musica per violino Nemanja Ajdačić

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