Scandalo Bsk di Corciano su caos lira-euro, assolti impiegati per sparizione soldi dal caveau - Tuttoggi.info

Scandalo Bsk di Corciano su caos lira-euro, assolti impiegati per sparizione soldi dal caveau

Sara Minciaroni

Scandalo Bsk di Corciano su caos lira-euro, assolti impiegati per sparizione soldi dal caveau

In tre erano accusati di peculato, due finirono in carcere: oggi assolti perché il fatto non sussiste
Lun, 26/10/2015 - 13:44

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Milioni, miliardi, soldi da tutte le parti e tre dipendenti accusati di essersene impossessati illegalmente. Del resto gli elementi sembravano esserci tutti, compresa la confusione generatasi, tale da permettere “a chi maneggiava il miele, di leccarsi le dita”. E invece quella che emerge oggi è più che altro la storia di un “calvario” giudiziario per tre imputati dichiarati innocenti.

Assolti perché il fatto non sussiste. Finisce così una vicenda iniziata nel 2002 con due arresti e tre rinvii a giudizio per quella che all’epoca emerse come una storia clamorosa di sparizione di grosse somme di denaro dal caveau dell’agenzia di vigilanza Brink’s Securmark di Corciano. A finire in carcere in esecuzione delle misure cautelari che gli vennero applicate su richiesta dell’allora sostituto procuratore Dario Razzi, furono Giuliano Caroti (oggi 60enne) e Eleonora Brunetti che all’epoca dei fatti aveva 31 anni, entrambi dipendenti dell’istituto di vigilanza.

La vicenda. Nel 2002, anno di passaggio dalla lira all’euro, la gestione del denaro da parte della Bsk di Corciano finisce nel caos (il cambio di valuta aveva infatti determinato una giacenza enorme di denaro, da ridistribuire poi alle varie agenzie). Gli addetti alla conta del denaro della Bsk, pur lavorando a ritmi quasi no stop, non riescono a contare i sacchi di denaro che quotidianamente rientrano in sede (sia di carta che di moneta). I soldi si ammucchiano senza alcun ordine nelle stanze, lungo i corridoi e persino nei bagni. Saltano tutte le procedure, tutti i controlli, i conti non tornano.

E così alcune dipendenti denunciano comportamenti anomali. Iniziano le indagini, le intercettazioni telefoniche, i primi interrogatori e alla fine scattano gli arresti per il responsabile interregionale della Bsk, Caroti Giuliano, e la responsabile della sede di Perugia, Brunetti Eleonora, che vengono immediatamente licenziati dalla Bsk. Viene incriminato anche Fabio Dini, il responsabile delle guardie giurate addetto ai trasporti. A quest’ultimo non viene irrogata alcuna misura cautelare, ma gli viene tolto il porto d’armi e si ritrova senza lavoro. Il capo d’imputazione è peculato: i tre in concorso tra loro, si sarebbero appropriati – secondo l’accusa – di rilevanti somme di denaro custodite dalla Bsk per i clienti (istituti di credito, esercizi commerciali ed altri), in danno di questi e della Bsk. Dopo anni di processo, in cui sono stati escussi e riescussi, a causa del cambiamento del collegio giudicante, numerosi testimoni, evidentemente il castello accusatorio è crollato.

Questa mattina il collegio composto dai giudici Nicla Restivo (presidente) e Daniele Cenci, Martino Antonietta (a latere), ha messo la parola fine su un procedimento durato 13 anni e che aveva già maturato i termini della prescrizione ma per il quale il collegio ha deciso di emettere comunque una sentenza di assoluzione con formula piena. Ora bisognerà attendere che vengano depositate le motivazioni della sentenza ma gli avvocati Simone Budelli e Cristina Rastelli difensori del Dini, non hanno dubbi: “Eravamo di fronte ad una condizione di assoluta insussistenza delle accuse a carico degli imputati spiegano i legali – e apprezziamo molto la decisione con cui il collegio ha scelto di esprimersi nel merito della questione superando i termini della prescrizione, cosa che tra l’altro era proprio tra le richieste di questa difesa”. Gli altri legali: Sergio Sordoni, Gianluca Calvieri e Sergio Sordoni per Brunetti, Francesco Falcinelli eFrancesco Molino per Caroti. Per la parte civile Bsk l’avvocato Giovanni Spina.

Ora i legali valuteranno se mettere in atto un’azione legale risarcitoria per l’ingiusta detenzione, per la perdita del lavoro e i relativi disagi subiti dagli imputati e soprattutto per la durata di un processo che ha gravato certamente sui loro assistiti. Di loro, due persero (a questo punto non è improprio dire “ingiustamente”) il lavoro, e il terzo ad un passo dal pensionamento preferì il ritiro ad una battaglia civile per vedersi ridare il posto.

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