San Valentino, il vescovo di Terni "Si è perso lo spirito della festa" | La polemica sulla processione - Tuttoggi.info

San Valentino, il vescovo di Terni “Si è perso lo spirito della festa” | La polemica sulla processione

Redazione

San Valentino, il vescovo di Terni “Si è perso lo spirito della festa” | La polemica sulla processione

Il vescovo ha ricordato Alessandro Riccetti e le popolazioni terremotate | "La proposta di un progetto più impegnativo dal punto di vista cristiano trova l’intralcio dell’insofferenza o del boicottaggio"
Mar, 14/02/2017 - 11:11

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Riscoprire lo spirito della festa di San Valentino, mettendo da parte anche gli sperperi di denaro per cortei, luminarie e ‘concertini’: è questo il monito del vescovo di Terni, monsignor Giuseppe Piemontese, durante la messa solenne in duomo in occasione del santo patrono della diocesi. Gremita di rappresentanti istituzionali (da tutto il territorio diocesano) e di fedeli la cattedrale, con il presule che ha voluto lanciare una stoccata anche ai parrocchiani di San Valentino, che anche quest’anno hanno fatto sì che non si svolgesse la processione con l’urna del santo. Ma monsignor Piemontese ha voluto richiamare i presenti soprattutto al difficile periodo che stanno affrontando le popolazioni terremotate, rivolgendo un pensiero anche ad Alessandro Riccetti, il giovane ternano morto per la slavina all’hotel Rigopiano.

Nell’omelia il vescovo ha ricordato che “l’allegria della festa questo anno è più contenuta a motivo dalle conseguenze del terremoto, che osserviamo anche nella nostra città, ma soprattutto in territori a noi vicini; ai  disagi  che vive la gente, vanno ad aggiungersi le angustie di una crisi economica che sembra non aver fine. La nostra città ultimamente si è ritrovata anche a piangere la morte tragica di uno dei suoi figli, Alessandro Riccetti, giovane e laborioso, vittima nell’Hotel Rigopiano. La testimonianza di civile solidarietà e di forte unità, sperimentate nel giorno del funerale, ha dimostrato ancora una volta, la ricchezza di umanità presente nella nostra gente. Essa è frutto di un seme germogliato dal magistero e dal martirio di san Valentino, che oggi onoriamo, in modo particolare, in questa solenne celebrazione”.

Poi il ricordo dell’insegnamento del santo degli innamorati: “Come il buon Pastore, Valentino conosce i suoi cristiani, con loro stabilisce una relazione di profonda affinità e condivisione. Insieme a loro si rende disponibile allo Spirito Santo  perché si riproduca il rapporto di amore che c’è tra Gesù e il Padre, tanto intimo da essere una cosa sola. E’ questo il modello che proponeva ai giovani fidanzati, agli sposi che Lui benediceva, alle famiglie che accompagnava. La relazione di amore stabilita in Gesù con i suoi cristiani, era senza falsità, senza misura, completamente gratuita, suggellata col dono della sua vita offerta fino al martirio. […] E’ l’esempio e il segreto  per la vita di coloro che sperimentano la rigorosa responsabilità delle scelte, della fragilità dell’amore e della convivenza coniugale: non cedere a compromessi e agli attacchi disgreganti dei modelli accattivanti della nostra società liquida e consumistica. E Valentino, dopo il dono di una lunghissima vita,  trascorsa come servitore della gioia dei suoi fedeli, suggella la sua fedeltà all’amore  per il suo gregge, con il  dono finale del martirio”.

“Insieme al messaggio riguardante la “conoscenza” reciproca, che significa verità e profondità di relazione, sul modello di Cristo con il Padre, – ha osservato monsignor Piemontese – Valentino, anche quest’anno, io credo, voglia richiamarci ad una ulteriore riflessione sulla verità e autenticità della festa che celebriamo in suo onore e di tutte le feste che celebriamo nelle nostre città, in onore dei nostri Santi Patroni. La mia  vuole essere una riflessione condivisa in questa circostanza speciale tra fedeli laici, sacerdoti, diaconi, religiosi, cittadini, istituzioni, circa la  natura, la qualità e la verità delle feste parrocchiali e patronali. La festa patronale, è celebrazione di un intero popolo, convocato per adorare  Dio, mirabile nei suoi santi, e occasione per arricchire la fede, alla scuola della testimonianza dei Santi Patroni, che hanno inciso profondamente nella fondazione delle singole città o nel configurare l’identità civile, religiosa e cristiana di un intero popolo. Esse, nate in anni remoti, hanno subito nel tempo modifiche e variazioni non sempre coerenti. Ancora oggi si ripetono, si rinnovano e si rivivono tradizioni, riti secolari, processioni, cortei, manifestazioni folkloristiche che pretendono conservare la memoria dei padri, rinverdirla e consegnarla alle giovani generazioni. Sono “liturgie” portatrici di valori umani, civili e religiosi, patrimonio della collettività o di una determinata comunità. In queste rappresentazioni la dimensione religiosa è chiaramente tenuta in considerazione perché dà maggiore consistenza e verità a quanto si rappresenta, anche perché buona parte della gente non darebbe piena credibilità all’evento se non fosse “sponsorizzato” dalla Chiesa, tramite le sue celebrazioni e processioni.

Possiamo affermare dunque che la rappresentazione storico-folklorica e la celebrazione religiosa si sposano fino a darsi sostegno e valore reciproco: la Chiesa celebra e attualizza i santi misteri celebrati e ricordati; i figuranti con la loro presenza, impersonando la storia,  rivivono insieme da protagonisti, la festa del Santo nelle manifestazioni civili e religiose. Il tutto si incrementa in una competizione tra tradizioni e sagre messe in cantiere dalle comunità confinanti, anche per richiamare visitatori e turisti nel proprio territorio. Nell’ambito della Diocesi sono numerosi i “Castelli”, che propongono saghe o sagre, rilevanti anche a livello nazionale: Narni, Amelia, Sangemini, Otricoli, Calvi. In tutti i borghi, dunque, ci si attiva per dare espressione gioiosa e popolare alla festa dei propri Santi. Anche in Terni ci si sta adoperando in tal senso. Tutto bene? Non proprio o non del tutto. 

Il processo di secolarizzazione e di scristianizzazione, che si è diffuso anche nelle nostre comunità, in molti luoghi, ha prodotto nelle celebrazioni delle feste dei Santi, una continuità di tradizioni folkloriche, smarrendo però l’humus, lo spirito e la sostanza della religione. Da manifestazioni di fede cristiana e glorificazione e invocazione del patrocinio del Santo Patrono, spesso le feste, con tonalità diverse, assumono i connotati  di involucri senza contenuto, divenendo a volte  espressioni dal sapore paganeggiante. Manifestazioni religiose, dunque, dalla fede debole. Celebrazione del Santo Patrono, che è confinato nello sfondo o ai margini di tutto ciò che viene “rappresentato” e festeggiato. Questo purtroppo, non è un fenomeno solo locale, in varie parti d’Italia infatti, si scade in questa deriva.

Se l’origine e la natura della festa è nel nome di un Santo, è contraddizione non organizzarla, celebrarla nello spirito del messaggio e dei valori vissuti e trasmessi dal Santo. I valori evangelici, vissuti e incarnati dai Santi, vanno oggi conosciuti e interpretati secondo lo stile e la peculiarità dei nostri santi patroni. Le novene o i tridui di preparazione servono a far sì che tutti, dai protagonisti alle comparse minori, dai ministri ai semplici fedeli, si interroghino sulla loro fede e vita cristiana ed ecclesiale. Prendano in mano la Parola di Dio, il Vangelo per crescere nella vita cristiana ed essere in grado di imitare la testimonianza evangelica dei nostri Santi: dalla Vergine Maria a Valentino, Giovenale, Firmina, Vittore, Corona, Nicola,  Pancrazio,  Gemine, Antonio, Francesco, e tutti gli altri, padri fondatori delle nostre città o paesi. 

Osservando i programmi delle feste si nota che viene dato sempre maggiore spazio e tempo a iniziative profane: tornei, giochi, taverne, sfilate, maratone, lotterie. La dimensione  cristiana, testimoniale, evangelica, caritativa,  formativa, celebrativa e orante è marginale, quasi solo pretesto per tutto il resto.  La proposta di un progetto più impegnativo dal punto di vista cristiano, trova l’intralcio dell’insofferenza, a volte del  rifiuto o peggio del boicottaggio. E’ triste vedere per la riflessione e la preghiera del novenario di preparazione alla festa del santo, uno sparuto numero di cristiani presenti, a volte prevalentemente persone anziane, mentre  nelle stesse sere, gente intenta a preparare cortei e tornei, o pronte per la serata danzante o per la taverna e altro.

Purtroppo si  verifica anche il caso  di comitati-feste, Proloco e anche singoli personaggi, che impongono le loro proposte e decidono su  quando, come e dove benedire, celebrare e accompagnare la processione o il corteo di un evento, ormai dai pallidi ricordi cristiani. Responsabili della vita cristiana, della comunità cristiana sono il vescovo e il parroco, che comunque insieme ai laici, devono trovare le modalità più adatte per rendere onore al Santo patrono e celebrarlo degnamente e cristianamente.

Come si può evincere da quanto detto, si impone una seria riflessione sul tema delle feste patronali o parrocchiali, sulla loro qualità di feste cristiane o folkloristiche o semplicemente laiche. Parola di Dio, Vangelo, catechesi, carità e celebrazioni liturgiche  sono gli aspetti primari di ogni festa che ha per protagonista un Santo e che vuole dirsi cristiana. Le feste patronali non possono essere occasioni per manifestazioni di cattivo gusto o per ubriacarsi o peggio molestare o procurare danni. Inoltre è anche da considerare la  proporzione tra i denari che si spendono per festeggiare  (luminarie, cortei, concertini di cantanti, ecc.) e quelli che si impiegano per la solidarietà e la carità, che è la prima testimonianza che i Santi Patroni hanno dato e promosso”.

Poi, dopo la stoccata sulla processione mancata con l’urna del santo, il vescovo di Terni ha voluto lanciare un ultimo appello: “In questa festa di san Valentino, padre e amico dei giovani, non possiamo non rivolgere a lui una accorata supplica perché ispiri quanti hanno responsabilità politiche, amministrative, di impresa a occuparsi fattivamente  della piaga della disoccupazione giovanile. In Italia e nel nostro territorio viene riportata  la cifra drammatica del 40% dei giovani senza lavoro. E che pensare degli oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni (Generazione Neet) che non sono iscritti né a scuola né all’Università, che non lavorano e che nemmeno seguono corsi di formazione o aggiornamento professionale? Vogliamo unire la nostra voce a quella dei vescovi del Sud Italia, che a Napoli nei giorni scorsi, hanno levato il grido di allarme in un convegno su questo tema, riferito all’Italia a in particolare al  Meridione. La questione del lavoro giovanile, ha scritto il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel messaggio inviato al convegno, è problema «urgente» e «si ripropone come priorità assoluta dell’azione di governo». Priorità assoluta anche  nella cultura, nella politica, nella società, nella chiesa. Anche noi, forti della testimonianza e del patrocinio di S. Valentino, vogliamo trovare il modo per testimoniare ai giovani la nostra vicinanza concreta e operosa”.

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