RIFORMA ENDOREGIONALE, PERUGIA DICE NO ALLA CREAZIONE DI "MICROPROVINCE" - Tuttoggi.info

RIFORMA ENDOREGIONALE, PERUGIA DICE NO ALLA CREAZIONE DI “MICROPROVINCE”

Redazione

RIFORMA ENDOREGIONALE, PERUGIA DICE NO ALLA CREAZIONE DI “MICROPROVINCE”

Lun, 14/02/2011 - 16:55

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Per la Provincia di Perugia il disegno di legge di riforma endoregionale in Umbria porta con sé alcuni rischi, tra i quali la creazione di sovrapposizioni istituzionali e la nascita di una sorta di “microprovince”. Uno scenario da scongiurare in quanto, nel rispetto di quanto disposto dalle stesse leggi dello Stato, le Province sono e rimangono gli enti territoriali al quale riferire le funzioni di area vasta. Un'ampia riflessione su quanto è stato recentemente adottato dalla Giunta regionale umbra e che al momento sta seguendo l'iter partecipativo, è stata compiuta da I, II e III Commissione consiliare della Provincia di Perugia (presiedute da Massimiliano Capitani, Giampiero Fugnanesi, Luca Baldelli) che in una riunione congiunta hanno ascoltato in audizione il presidente della Giunta Marco Vinicio Guasticchi il quale ha riferito loro sulla proposta dell'Upi in merito appunto al Disegno di legge. Proposta che le Commissioni provinciali hanno dimostrato di condividere. “Occorre evitare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze – si legge nel documento Upi illustrato da Guasticchi -. Fintantoché le funzioni di livello sovra comunale possono essere esercitate dalle Province non dovrebbe esserne imposto l'esercizio in forma obbligatoriamente associata tramite nuovi enti intermedi (le Unioni di Comuni)”. Il riferimento è a quanto previsto dal disegno di legge proprio in merito alle Unioni di Comuni. Mentre per legge statale l'istituzione di nuovi enti intermedi è limitata ai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, in Umbria si vorrebbe estendere tale disposizione anche ai Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti. “In questo caso invece – secondo l'Upi – dovrebbero essere promosse ed incentivate formule di gestione associata dei servizi e non nuovi organismi intermedi, lasciando libertà di scelta”. In sostanza, secondo quanto riferito da Guasticchi, i principi di organizzazione amministrativa sui quali la riforma proposta dalla Regione dovrebbe basarsi dovrebbero essere individuabili nella semplificazione istituzionale, nella piena responsabilità dell'azione amministrativa e nella razionalizzazione degli enti, consorzi e organismi, composti o partecipati dagli enti locali, “senza mantenere in vita o istituire soggetti intermedi che rappresentano solamente un elemento di inefficienza e di maggiori costi per la collettività”. In vista poi dell'imminente soppressione obbligatoria degli A.T.I. in materia di risorse idriche e ciclo dei rifiuti, tali funzioni dovrebbero essere poste in capo alle Province, come indicato dalla legge statale. “Anche per le funzioni amministrative di livello sovra comunale – è stato detto – in materia di integrazione socio-sanitaria, promozione del turismo, valorizzazione del patrimonio ambientale e montano, pianificazione territoriale di livello sub-regionale, aree naturali protette e viabilità, dovrebbe essere preliminarmente valutata l'opportunità della loro allocazione in capo alle Province. E ancora, in materia di viabilità, le Province dovrebbero essere individuate quali enti proprietari delle strade regionali che oggi si trovano a gestire ed i correlati finanziamenti Anas dovrebbero essere ricondotti alle Province stesse (il trasferimento dovrebbe riguardare anche le dotazioni patrimoniali delle ex case cantoniere); in materia di caccia, le Province dovrebbero essere titolari di buona parte delle funzioni oggi incardinate negli organismi di gestione e nei comitati di gestione degli ambiti territoriali di caccia; le attività gestite dai Gruppi di azione locale e da organismi similari, nonché le attività collegate alla progettazione europea oggi in capo alle Comunità montane, dovrebbero essere incluse nell'ambito delle competenze da trasferire alle Province. Alla riunione di Commissione hanno preso parte anche gli assessori provinciali Piero Mignini, secondo cui “alla Regione va chiesto il rispetto delle disposizioni legislative nazionali”, e Ornella Bellini per la quale c'è l'esigenza di chiarire il quadro istituzionale dell'Umbria per i prossimi anni. “Il vero nodo sta nel chiarire il concetto di razionalizzazione – ha commentato Capitani – che a mio avviso non significa accentrare, ma valorizzare”. Per Luca Secondi (Pd) l'iter partecipativo deve necessariamente prevedere la presenza delle Province e non solo dei Comuni, mentre per Claudio Fallarino (Pd) c'è bisogno di una riflessione più approfondita. Valerio Bazzoffia (Fli) ha fatto notare come tale riforma in realtà non comporti grandi risparmi in termini economici, mentre Enrico Bastioli (Socialisti riformisti) ha messo in guardia sul pericolo che può scaturire dalla creazione di un modello lontano dai cittadini. “La nostra non è una difesa campanilistica della Provincia – sono state le parole di Bruno Biagiotti (Pdl) – ma semplicemente un richiamo al Titolo V della Costituzione”. Secondo Piero Sorcini (Pdl) su questa partita la Provincia si gioca la propria autorevolezza, mentre per Luca Baldelli (Prc) “vanno rimessi in capo alla Provincia alcuni settori fondamentali quali ambiente e formazione professionale”. “Non è la prima volta che la Provincia viene bypassata, ha fatto notare Daniela Frullani (Pd), mentre Gianfranco Becchetti (Pd) ha invitato a studiare il metodo giusto per portare avanti questo confronto con la Regione. Della riforma del sistema endoregionale mercoledì prossimo discuteranno in forma congiunta a Terni i due Consigli provinciali.


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