RIFORMA COMUNITA' MONTANE, PRESENTATE LE OSSERVAZIONI AGLI ATTI LEGISLATIVI - Tuttoggi.info

RIFORMA COMUNITA' MONTANE, PRESENTATE LE OSSERVAZIONI AGLI ATTI LEGISLATIVI

Redazione

RIFORMA COMUNITA' MONTANE, PRESENTATE LE OSSERVAZIONI AGLI ATTI LEGISLATIVI

Lun, 03/03/2008 - 17:30

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Sono state consegnate in Regione le osservazioni in merito agli atti legislativi relativi al processo di riforma delle comunità montane presentato dal segretario comprensoriale del Pse Gianluca Dominici. Si tratta di un documento in merito alla nota riforma degli enti montani, che è ufficialmente a disposizione dell'apposita commissione regionale.

Ecco il testo completo delle osservazioni presentate.

“La Legge Finanziaria 2008 incide su alcune disposizioni del Testo Unico degli Enti Locali producendo una significativa riduzione dei “costi della politica”, prevedendo in particolare la riduzione del numero degli amministratori di Comunità Montane e Unioni dei Comuni. La Regione dell'Umbria, al fine di accelerare il processo di attuazione alla Legge Regionale 23 luglio 2007 N. 24, così come indicato dal comma 17 art. 2 della suddetta legge Finanziaria, lo scorso 4 febbraio ha deliberato un Disegno di Legge di iniziativa della Giunta Regionale contenente norme in materia di forme associative dei Comuni.In vista della discussione in sede di Consiglio Regionale del suddetto Disegno di Legge (atto N. 1196, Deliberazione n. 98 del 04/02/2008) vorremmo portare all'attenzione di tutti le seguenti osservazioni.Con l'articolo 1 comma 1 si vorrebbe riconoscere alla Regione la potestà di scioglimento dei Consigli delle Comunità Montane e il contestuale potere di nomina di un Commissario Straordinario che subentrerebbe in tutti i poteri di governo dell'Ente, salvo quelli eccedenti l'ordinaria amministrazione. Ci preme innanzitutto far notare che esistono ragionevoli dubbi sulla legittimità della ricorsa all'istituto del commissariamento come strumento di gestione, se pur transitorio, di un ente pubblico, in attesa della piena attuazione di una riforma istituzionale. Ricordiamo, in questo senso, che si può procedere allo scioglimento di un organo democraticamente eletto soltanto qualora si sia verificato che non sussistono più le condizioni minime per la gestione dell'ente in questione, tanto che fra i casi specificamente previsti in materia dalla Legge 267 figurano l'infiltrazione mafiosa o l'assenza di una maggioranza di governo dell'ente. Ne consegue che quanto previsto dal suddetto articolo 1 comma 1 rappresenta un atto autoritario da parte della Regione che di fatto, senza una giusta causa, destituisce un organo amministrativo democraticamente eletto, se pur indirettamente, per sostituirlo con un organo monocratico da essa nominato. Ricordiamo inoltre che la fase di approvazione della normativa regionale sopra richiamata, era stata caratterizzata da un ampio dibattito fra Regione ed enti locali al termine del quale, nel testo approvato dal Consiglio Regionale il 23 luglio 2007, non si menzionavano commissariamenti di alcun genere, ma si prevedeva anzi che gli organi delle Comunità Montane in carica all'entrata in vigore della stessa Legge sarebbero decaduti soltanto il giorno dell'insediamento del nuovo Consiglio Comunitario. Ciò premesso, riteniamo indispensabile rivedere la previsione dell'utilizzo dello strumento del commissariamento, credendo che sussistano tutti i presupposti per arrivare alla piena attuazione della riforma con gli organi che oggi democraticamente rappresentano i cittadini che li hanno eletti. Nel caso specifico della Comunità Montana Valnerina, essendo la sua esistenza fisico-geografica e politica garantita nei suoi attuali confini qualunque siano i parametri e i criteri stabiliti dalla Legge per l'individuazione delle aree omogenee, da quelli più restrittivi forniti dal legislatore comunitario e nazionale, a quelli più elastici e discutibili individuati da quello regionale, riteniamo lo scioglimento dell'attuale Consiglio e il conseguente commissariamento ancor più ingiustificabile quale strumento di gestione provvisorio propedeutico ad un ridimensionamento dei confini che non riguardano sicuramente questo ente.Altra nota critica nei confronti della riforma delle CC.MM. riguarda sicuramente il tema dei criteri di ripartizione delle risorse trasferite e quindi, più in generale, quello dell'individuazione dei criteri distintivi per la classificazione dei territori montani. In questo senso abbiamo individuato incongruenze e criticità in ordine a due specifiche problematiche: la gestione finanziaria delle CC.MM. e l'obiettivo stesso della riforma che dovrebbe essere quello della razionalizzazione dei costi della politica. In questo senso ricordiamo che le CC.MM. vivono esclusivamente di finanza derivata, e quindi che la loro gestione finanziaria è legata all'entità delle risorse che lo Stato centrale, tramite le Regioni, trasferisce a questi enti. La proposta di riforma avanzata dalla Regione ripropone i criteri di ripartizione già fissati dalla precedente normativa, ma soprattutto negli indirizzi non tiene conto dei principi fissati dall'art. 2 comma 18 della Legge Finanziaria 2008 per l'individuazione delle aree montane: indicatori fisico-geografici, demografici e socio-economici e in particolare della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell'indice di vecchiaia, del reddito medio pro capite, dell'acclività dei terreni, dell'altimetria del territorio comunale con riferimento all'arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei servizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attività produttive extraagricole. La stessa Legge Finanziaria fornisce poi indicazioni specifiche riguardo le caratteristiche fisico-geografiche in base alle quali individuare i territori effettivamente montani, tanto che ritiene necessaria la soppressione delle Comunità Montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l'80 per cento della loro superficie aldi sopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero non sono comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di 500 metri. Siamo convinti che questi dovrebbero essere criteri vincolanti anche in sede regionale, e che qualora fatti propri dalla proposta di riforma della nostra Regione, produrrebbero una reale riduzione del numero delle Comunità Montane in Umbria, con un reale notevole risparmio sui costi di gestione di questi enti, e non semplicemente un accorpamento di quelle esistenti intervenendo così semplicemente sul piano della riduzione del numero degli amministratori e lasciando invariato un sistema di ripartizione dei fondi che di fatto premia i territori più popolati ma sostanzialmente non montani e che penalizza quelli effettivamente montani. Da questo punto di vista vuol dire che la stessa riforma regionale non intende cogliere l'obiettivo vero dell'istituzione Comunità Montana, quello cioè di ente preposto a far fronte ai disagi e alla condizione di marginalità economica e sociale che caratterizzano le popolazioni di un territorio veramente montano, senza tener conto del fatto che se non si interviene in questo senso, ad usufruire di maggiori di maggiori disponibilità di risorse saranno sempre i territori più popolosi, meno montani e con ben altre possibilità di sviluppo. Sempre in base questo principio riteniamo in fine incongruo prevedere, fra i criteri per l'individuazione degli ambiti ottimali di cui alla DGR 2537 del 27 dicembre 2007, una consistenza demografica di almeno 15000 abitanti, quando tutta la normativa in materia dovrebbe al contrario rivolgersi a realtà ben meno popolose. Si propone quindi di eliminare il criterio di cui sopra, o quanto meno di rivederne a ribasso la soglia portandola al massimo a 10000 abitanti.Sempre riguardo gli indirizzi per l'individuazione delle zone omogenee delle Comunità Montane, e sempre in base allo stesso principio, esprimiamo la nostra contrarietà a prevedere la possibilità di far parte delle Comunità Montane per i Comuni con popolazione superiore a 25000 abitanti non montani o non montani con popolazione inferiore a ma confinanti con la Comunità Montana e che siano parte integrante del sistema geografico e socioeconomico della Comunità medesima. Con il provvedimento così come deliberato, infatti, si andrebbe ancora una volta a procedere senza tenere conto degli indirizzi espressi in Finanziaria, ma soprattutto si andrebbe a fornire il solito strumento ai centri più popolosi per sottrarre fondi che andrebbero invece destinati ai territori effettivamente montani. F.to Gianluca Dominici, segretario comprensoriale Pse”.


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