Rete Imprese, mobilitazione a Roma / La 'favola' di Terni e Perugia senza impresa - Tuttoggi.info

Rete Imprese, mobilitazione a Roma / La 'favola' di Terni e Perugia senza impresa

Redazione

Rete Imprese, mobilitazione a Roma / La 'favola' di Terni e Perugia senza impresa

Lun, 10/02/2014 - 15:58

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Si è tenuta questa mattina, presso la Sala Consiliare della Camera di Commercio di Terni, la conferenza stampa dei vertici delle Associazioni di Categoria Confartigianato Imprese Terni, Confcommercio Terni e Casartigiani Terni, per promuovere la giornata di Mobilitazione organizzata a livello Nazionale da Rete Imprese Italia per il prossimo 18 febbraio 2014 a Roma.
“Un evento – ha spiegato il Presidente di Confartigianato Imprese Terni Giuseppe Flamini – che racconta di 4 milioni di Imprese e un tessuto produttivo che non ce la fa più, ma che oltre a dire “basta”, porterà anche delle proposte concordate dalle cinque sigle aderenti a Rete Imprese Italia (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, CNA e Casartigiani).
Andiamo a dire basta ad un fisco che schiaccia le imprese e le famiglie e che sottrae risorse allo sviluppo, basa al calvario burocratico e basta ad una tassazione locale irresponsabile
Andremo altresì a dire – continua Flamini – che vogliamo che si tolgano i vincoli e i costi che pesano sul lavoro per poter assumere i giovani e che e banche ricomincino ad investire sull’economia reale e vogliamo che lo Stato saldi i suoi debiti con le imprese”
“Sono questi gli interventi urgenti che possono permettere alle imprese di vedere uno spiraglio di luce in fondo a questo tunnel e di resistere alle difficoltà tornando a pensare allo sviluppo” ha continuato Ivano Emili, Presidente di Casartigiani Terni
“Una Mobilitazione che chiede fatti concreti – ha aggiunto il Presidente di Confcommercio Terni Ivano Rulli – le imprese e i negozi non hanno più i mezzi per poter pensare ad un futuro. Soprattutto se pensiamo all’esempio del credito, uno strumento diventato ormai per poco e a condizioni che rasentano tassi da usura…”
Tutte le Associazioni che rappresentano le Imprese stanno organizzando diversi pullman per palesare la propria partecipazione il prossimo 18 febbraio a Roma in Piazza del Popolo, perché riprendendo lo slogan di Rete Imprese Italia, “Senza impresa non c'è Italia, riprendiamoci il futuro”.

Se domattina, d'improvviso, l'UMBRIA fosse senza i suoi 22.748 imprenditori artigiani?
L'impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,6% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull'economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie.
Il valore aggiunto diminuirebbe di 2.908 milioni di euro, pari ad un calo del 15,1%; il 'buco di Pil' sarebbe equivalente a quanto prodotto dall'economia della provincia di Nuoro.
Il made in UMBRIA perderebbe un apporto dell'11,8%, pari a 415 milioni di euro ed equivalente alle esportazioni della provincia di Lecce.
Considerando senza lavoro i 31.200 dipendenti dell'artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 78,1% ed il tasso di disoccupazione passerebbe dal 10,1% al 19,0% aumentando di 8,9 punti.
Rimarrebbero 357.167 abitazioni senza artigiani dell'edilizia e dell'installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 11.430 impianti fotovoltaici senza una adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 5 impianti eolici.
Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero 17,4 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 304.000 famiglie che possiedono almeno un'automobile e, nel complesso, un parco di 613.164 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Rimarrebbero 361.000 famiglie che possiedono una lavatrice e 221.000 famiglie che possiedono un lettore dvd senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 65.000 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 202.000 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 225.000 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 145.000 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 288.000 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
Gli 5.920 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 434.000 italiani che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 209.000 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 863.491 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, in pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell'oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 404.926 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella provincia i residenti ed i turisti, sarebbero 3.097.172 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d'arte presenti nei 175 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 2.210.933 arrivi turistici non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno nè accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.
Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione ‘sul campo’ fatta dagli artigiani ai neoassunti vale 37 milioni di euro all'anno, pari all'1,28% del valore aggiunto prodotto dall’artigianato del territorio. Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende l'artigianato potrebbe risorgere grazie ai 31.200 dipendenti delle imprese artigiane che diventerebbero, a loro volta imprenditori artigiani, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della Pubblica Amministrazione non uccida questo rinascimento dell'artigianato: tra 34 Paesi avanzati l'Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca Mondiale Doing Business 2014; tra tutti i 189 Paesi nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto.all'8° posto per entrate fiscali sul Pil, saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.
E se domattina non ci fossero gli artigiani nelle regioni e province italiane ?

Perugia
Se domattina, d'improvviso, la provincia di Perugia fosse senza i suoi 17.635 imprenditori artigiani?
L'impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,7% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull'economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie.
Il valore aggiunto diminuirebbe di 2.179 milioni di euro, pari ad un calo del 15,2%.
Il made in Perugia perderebbe un apporto di 265 milioni di euro.
Considerando senza lavoro i 24.500 dipendenti dell'artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 78,5% ed il tasso di disoccupazione passerebbe dal 10,5% al 19,9% aumentando di 9,4 punti.
Rimarrebbero 260.388 abitazioni senza artigiani dell'edilizia e dell'installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 9.195 impianti fotovoltaici senza una adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 5 impianti eolici nella regione.
Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero 13,2 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 222.100 famiglie che possiedono almeno un'automobile e, nel complesso, un parco di 458.328 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Rimarrebbero 263.700 famiglie che possiedono una lavatrice e 161.400 famiglie che possiedono un lettore dvd senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 47.500 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 147.600 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 164.400 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 105.900 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 210.400 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
Gli 4.552 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 321.900 italiani che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 155.000 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 640.238 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, in pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell'oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 298.991 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella provincia i residenti ed i turisti, sarebbero 2.556.645 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d'arte presenti nei 175 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 1.898.772 arrivi turistici non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno nè accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.
Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione ‘sul campo’ fatta dagli artigiani ai neoassunti vale 29 milioni di euro all'anno, pari all'1,31% del valore aggiunto prodotto dall’artigianato del territorio. Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende l'artigianato potrebbe risorgere grazie ai 24.500 dipendenti delle imprese artigiane che diventerebbero, a loro volta imprenditori artigiani, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della Pubblica Amministrazione non uccida questo rinascimento dell'artigianato: tra 34 Paesi avanzati l'Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca Mondiale Doing Business 2014; tra tutti i 189 Paesi nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto.all'8° posto per entrate fiscali sul Pil, saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.

Terni
Se domattina, d'improvviso, la provincia di Terni fosse senza i suoi 5.113 imprenditori artigiani?
L'impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,2% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull'economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie.
Il valore aggiunto diminuirebbe di 729 milioni di euro, pari ad un calo del 15,0%.
Il made in Terni perderebbe un apporto di 150 milioni di euro.
Considerando senza lavoro i 6.700 dipendenti dell'artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 76,8% ed il tasso di disoccupazione passerebbe dall'8,8% al 16,5% aumentando di 7,7 punti.
Rimarrebbero 96.779 abitazioni senza artigiani dell'edilizia e dell'installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 2.235 impianti fotovoltaici senza una adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 5 impianti eolici nella regione.
Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero 4,2 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 81.900 famiglie che possiedono almeno un'automobile e, nel complesso, un parco di 154.836 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Rimarrebbero 97.300 famiglie che possiedono una lavatrice e 59.600 famiglie che possiedono un lettore dvd senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 17.500 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 54.400 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 60.600 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 39.100 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 77.600 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
Gli 1.368 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 112.100 italiani che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 54.000 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 223.253 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, in pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell'oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 105.935 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella provincia i residenti ed i turisti, sarebbero 540.527 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d'arte presenti nei 175 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 312.161 arrivi turistici non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno nè accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.
Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione ‘sul campo’ fatta dagli artigiani ai neoassunti vale 9 milioni di euro all'anno, pari all'1,21% del valore aggiunto prodotto dall’artigianato del territorio. Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende l'artigianato potrebbe risorgere grazie ai 6.700 dipendenti delle imprese artigiane che diventerebbero, a loro volta imprenditori artigiani, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della Pubblica Amministrazione non uccida questo rinascimento dell'artigianato: tra 34 Paesi avanzati l'Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca Mondiale Doing Business 2014; tra tutti i 189 Paesi nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto.all'8° posto per entrate fiscali sul Pil, saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.

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