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#Palestineyoucan, continua l’impegno di Perugia nel nome del Mediterraneo / Bandiere dal mondo

di Manuela Vena – Mentre la campagna internazionale per i diritti del popolo palestinese che anima le bacheche di quei “facebookkiani” che colgono le opportunità di veicolare valori simbolici adiacenti al sociale tramite quell’immensa rete, recita #Palestineyoucan, domenica scorsa Perugia s’è fatta teatro di una manifestazione di solidarietà verso il popolo palestinese, a dimostrazione del fatto che, se c’è una “Questione Palestinese”, non è di esclusivo interesse dei palestinesi, e se c’è qualcuno che può cercare di cambiare lo status quo, siamo noi. A quasi un secolo dalla sottoscrizione di un accordo che autorizzava i Sionisti alla costruzione di un “Focolare Nazionale”,

  • a 66 anni dalla proclamazione dello Stato di Israele (in virtù di quel focolare),
  • a 45 anni dell’inaugurazione di un Canale (quello di Suez) che avvicinava l’Occidente a un Oriente sempre più allettante per via delle sue molte risorse (e della nostra crescente industria),
  • a 40 anni dal riconoscimento ufficiale degli USA di un soggetto internazionale chiamato Palestina,
  • a 13 anni dall’evento che ha gettato nell’ambiguità cronica il termine “Terrorismo”, la parola più rivoluzionaria a usarsi prescindendo da interessi e partigianerie, resta ancora noi.

Se un piccolo gruppo di cittadini di una città che allarga il suo orizzonte turistico a livello internazionale nei giorni della sagra musicale più famosa d’Italia, riesce a radunare in piazza un numero significativo di persone animate dal proposito di sostenere i diritti umani senza se e senza ma, significa che la parola noi ha ancora un senso, aldilà di simboli e di appartenenze, aldilà dei confini e della nazionalità, aldilà delle gite domenicali, aldilà della pioggia, aldiqua di un mare,il Mediterraneo, che, in quanto tale, unisce e non divide.

“A Gaza muoiono i bambini”, un grido dalla Palestina / Cessate il fuoco (L’appuntamento di Perugia – domenica 13 luglio)

Giovedì 10 luglio, dopo la giornata di autoformazione “Incontriamoci per la Palestina” promossa da Cosmo Rosso – storico luogo di socializzazione e confronto gestito da Rifondazione Comunista in via della Torretta – alla luce degli ultimi, tragici eventi che continuano a interessare i territori Palestinesi, si è deciso di manifestare in appoggio dei diritti del popolo palestinese e in continuità con i movimenti che in tutta Italia (Europa, Mondo) hanno difeso il diritto alla pace, il diritto alla vita e il diritto al diritto sotto la bandiera palestinese, diventata macro-simbolo della lotta per l’autodeterminazione in contrasto alla sottomissione all’invasore che da vittima, elevandosi a carnefice, esemplifica come il non comprendere la lezione della storia, possa essere il più grave errore di un’intera comunità, quella internazionale, destinata allo scontro perenne di qualcuno contro qualcun altro, con il bene placito di quelle istituzioni preposte a tutela della pace e del diritto che se non sono di tutti diventano sporco privilegio, e se non sono tutelate costantemente da ognuno, diventano suscettibili di essere trascurate, quindi, mai garantite

Dopo le numerose dimostrazioni del fallimento della politica internazionale che barattava “la pace in cambio di territori” siamo al punto di partenza. Alla base della Questione Palestinese, resta l’incapacità di distinguere lo sterminio sistematico di un popolo, con la legittima difesa di quella terra che è storica dimora di una comunità non considerata prima che scacciata, destinata a subire oltre al danno dell’invasore, la beffa di un soggetto soprannazionale artefice (oltre che complice) di quel reato all’umanità che ci viene raccontato poco e male e mentre si consuma.

L’insanabile discrasia tra il dire e il fare che pare caratterizzare quanti sono preposti ad amministrarci (dal livello territoriale, passando per il nazionale e via via fino a quello internazionale), assumendosi l’onere di farsi garanti della nostra avventura mondana, e in un certo qual modo, indirizzando il corso della Storia attraverso le proprie decisioni, non pare sanabile prescindendo dall’impegno del singolo che, delegittima la propria valenza umanistica, quanto più delega ad altri (sia pur chiamati a rappresentare la collettività) decisioni e azioni inerenti questione di pubblico interesse.

Se la crisi in corso impone l’intervento della comunità internazionale, e se la comunità internazionale intesa a livello istituzionale non risponde adeguatamente all’appello unanime di un popolo mutilato, che sopravvive esercitando la propria innaturale ambizione alla pace in casa propria, all’ombra del suo stesso carnefice, la società civile si dimostra perfettamente in grado di animare quel necessario dialogo con i propri referenti pubblici, chiedendo la tutela di quel popolo, che si fa metafora dell’umanità bistrattata e offesa nella propria più profonda natura, che è poi umana, o così dovrebbe essere.

Il prossimo appuntamento – La manifestazione di domenica vuole essere il primo degli appuntamenti promossi dalla Piccola Biblioteca Popolare, attraverso i quali esercitare la socialità, l’incontro e la condivisione in un contesto, quale quello perugino, che consente ancora di esprimere il proprio impegno in direzione del sociale, anche quando i tempi stretti e le vicissitudini burocratico-amministrative non possono essere eluse. L’idea di dare luogo ad una giornata di sensibilizzazione locale sulla Questione Palestinese – prevista per lunedì 21 luglio – in collaborazione con tutte le realtà e i soggetti che operano a livello locale, parte dalla constatazione che le questioni nell’agenda internazionale e i moti dello scacchiere geopolitico assumono una rilevanza crescente all’interno di società caratterizzate da una composizione sempre più variegata, conseguenza, a nostro dire positiva, dei tempi e nella fattispecie, della globalizzazione che ha ricadute locali spesso sottovalutate. L’incipit all’incontro pubblico e all’impegno in direzione Palestina sono stati gli ultimi fatti di cronaca.

I fatti – Secondo i siti dei giornali israeliani Haaretz e The Jerusalem Post, a poche ore dal ritrovamento dei corpi esanimi di tre ragazzi israeliani sequestrati in Cisgiordania il 12 giugno scorso, è iniziata una massiccia offensiva israeliana su Gaza. Il governo israeliano accusa Hamas dicendo, per bocca di Netanyahu, che “la pagherà”. Il movimento islamico dal canto suo, se da un lato smentisce le proprie responsabilità nell’ambito del rapimento, dall’altro dichiara che “ogni offensiva di Israele aprirà le porte dell’inferno”. Obama definisce l’accaduto “un insensato atto di terrore” aggiungendo che va “condannato nel modo più forte possibile”. Il segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon, ha denunciato che “troppi civili palestinesi sono stati uccisi” dai raid israeliani a Gaza, condannando al contempo il lancio di razzi contro Israele. A 7 giorni dall’inizio delle odierne ostilità il bilancio delle vittime è di 205 palestinesi uccisi a Gaza nel corso dei combattimenti tra Israele e Milizie Locali.

La riflessione – La difesa del diritto alla vita non può essere partigiana, e la condanna per l’uccisione dei 3 giovani è doverosa. Ma consapevoli della logica mediatica, e consci della mai ingenua “costruzione” della notizia, non potendoci permettere altresì la fruizione acritica di qualsivoglia news a livello locale e internazionale, proviamo a interpretare quanto accaduto.

Se le ritorsioni assumono i tratti disumani dei reati subiti, quale potrà mai essere l’elemento di stabilizzazione di una controversia secolare che poggia le proprie ragioni, come pure le proprie reazioni, su basi antisemite? Il ragazzo palestinese arso vivo esemplifica con la giusta dose di brutalità e spietata valenza pragmatica, il perimetro di una Questione che, lungi dall’essere di facile comprensione, si inserisce nell’ambito delle controversie geopolitiche cui la pubblica opinione si approccia con i mezzi a propria disposizione, e senza una formazione che attinga dall’ambito storico a quello sociologico, passando per un insieme di dottrine politiche, necessarie a comprendere che non si può riassumere in modo sintetico, chiaro e conciso la diatriba tra la Comunità Ebraica e i Palestinesi, ma si può cercare di comprenderla avvicinandola a un livello umanitario che ci induca ad approfondirne le motivazioni alla base, per capirne gli odierni sviluppi e contribuire alla causa divenendo portatori sani di umanità.

L’interpretazione – Il ritrovamento dei cadaveri (dopo 18 giorni di ricerche a tappeto, la morte di 4 palestinesi e l’arresto di 400) è stato il primo episodio grave dopo l’insediamento del Governo di Unità Palestinese (sostenuto sia da Al Fatah che da Hamas) avvenuto solo 10 giorni prima, il 2 giugno, a segnalare la strutturazione di un fronte unico facente capo alla Palestina, che si contrappone, per la prima volta univocamente, alla leadership israeliana. Uno dei troppi episodi gravi avvenuti a partire dal 1948, quando cioè, 800.000 persone sono state scacciate dalla propria terra per dare luogo ad un’operazione di pulizia etnica ad opera di chi aveva subito quello che a oggi viene definito, il più grave reato contro l’umanità, l’Olocausto. Nel frattempo, 73 risoluzioni ONU sono state trasgredite da Israele, tra queste, la Risoluzione 194 che permetterebbe ai profughi palestinesi che vivono in ogni parte del mondo, di fare ritorno a Israele, di tornare a casa propria forti della copertura normativa internazionale. Se è vero che giustizia e diritti umani non possono essere selettivi, perchè a Tel Aviv – una città che molti definiscono “illuminata” viste le aperture verso minoranze sociali come i gay, se israeliani – i prigionieri politici nelle prigioni continuano a subire torture quotidiane col bene placito della comunità internazionale. I dati di Amnesty International ci dipingono Israele come uno stato tutt’altro che illuminato ed accogliente: oltre a fornire il numero dei bimbi palestinesi uccisi negli ultimi scontri (33 a ieri) sottolinea le ripercussioni irreversibili sull’infanzia traumatizzata dalla guerra e dalle ostilità perenni.

Se negli scontri che ammorbano la zona si contano, anche questa volta, solo feriti tra gli israeliani e un solo deceduto, e i morti palestinesi si sommano a quelli dei decenni precedenti, è perché non si può parlare degli scontri in corso come bipolari, ma bisogna riconoscerne la natura, ahimè genocidica. Anche quando i termini delle situazioni cui ci accostiamo si fanno controversi non possiamo rinunciare a metter in campo quello che ci contraddistingue come esseri umani: l’ausilio dell’intelletto e il riferimento ai valori imprescindibili per l’umanità. Vista la complessità che caratterizza le società odierne nelle loro performance di vocazione internazionale, non possiamo banalizzare l’approccio a talune tematiche delegando ai media la “responsabilità” di un’informazione che non è mai veritiera in quanto tale, ma va filtrata attraverso l’esercizio della critica tanto più necessaria quanto più i temi in questione sono complessi e di rilevanza universale.

Aldilà dell’importanza di una copertura mediatica adeguata dell’evento di domenica, spiace che i valori “notizia” che fanno si che 1 morto europeo valga almeno 100 morti africani, siano gli stessi per cui Perugia viene da tempo e verrà ancora raccontata nella sua veste di lutto, che non è veste consueta, ma senza dubbio è più adeguata ad attirare l’attenzione sulla falsariga dell’abuso di argomentazioni propagandistiche e denigratorie.

Piazza Italia piena di gente che ha urlato in diverse lingue l’urgenza di pace per bocca di quanti pur vivendo nella nostra stessa città non dimenticano la propria origine, né la propria imposta-tragedia – era bellissima. Le risate dei bimbi palestinesi che vivono con noi, ci insegnano la fiducia in un domani che se non è di pace non è un domani, e sono la musica che ricorderemo pensando a Umbria Jazz 2014 sperando che, il prossimo anno, ci si possa guardare indietro e sospirare, perché la guerra è solo un ricordo, non dimenticando mai, a ogni latitudine del globo l’importanza di un ammonimento valido in ogni tempo e qualunque situazione: restiamo umani.

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Nelle foto manifestazioni #FreePalestina da: Argentina, Belgio, Canada, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Marocco, Siria, Spagna, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Tunisia e Turchia

La foto della manifestazione di Perugia è di Nicolò Nannini