Francesco Rosi, in carcere per aver ammazzato a colpi di fucile la moglie Raffaella Presta, non la maltrattava. A sostenerlo, ieri in aula, dinanzi al gup Alberto Avenoso, è stata l’avvocato Laura Modena, che difende l’immobiliarista perugino che rischia l’ergastolo.
Il pubblico ministero Valentina Manuali ha infatti chiesto per lui la pena più alta prevista per omicidio volontario aggravato e per maltrattamenti. Ma per il suo legale, che ieri ha esposto solo la prima parte della sua arringa e che terminerà nell’udienza fissata per mercoledì prossimo, Rosi non maltrattava Raffaella. Anzi, per lei, erano certamente una coppia in profonda crisi con un matrimonio pericolosamente vicino all’epilogo, ma quando litigavano, lo facevano alla pari. Di certo, ha evidenziato più volte il legale in aula, Raffaella non era una persona vessata e che aveva paura del marito.
Per sostenere la sua tesi ha anche fatto ascoltare alcuni audio registrati da Teodoro Vitale, l’uomo con cui Raffaella aveva uno sorta di relazione fuori dal matrimonio. In quelle chiamate, secondo l’avvocato, si sentirebbe una donna che non temeva per la propria incolumità. In particolare, il legale ha sostenuto che, quando Francesco Rosi colpì la moglie in faccia tanto da farle un occhio nero, fu perché lei gli aveva gettato addosso la fede davanti al figlio. E, sempre secondo quanto sostenuto dalla Modena, la Presta avrebbe detto a Vitali che il segno che aveva era molto più grande di quello che era in realtà.
Insomma, per la difesa Rosi, non ci sono le botte, non ci sono gli impedimenti ad uscire di casa, o a telefonare a chiunque Raffaella volesse, come invece sostenuto dall’accusa. La Modena lo ha sostenuto quando ha dimostrato, tabulati alla mano, che Raffaella passava ore al telefono.
Nelle scorse udienze, i legali di parte civile che rappresentano la famiglia Presta e il figlio dei due, hanno chiesto quasi tre milioni di euro di risarcimento. Si torna in aula mercoledì prossimo per la difesa e poi il 17 giugno per le repliche. La sentenza potrebbe arrivare nell’udienza del 12 giugno.