Lorenzo Perrone condannato per la morte di Cheng Shang - Tuttoggi.info

Lorenzo Perrone condannato per la morte di Cheng Shang

Sara Minciaroni

Lorenzo Perrone condannato per la morte di Cheng Shang

Si chiude con una condanna il primo grado del processo per la morte dell studentessa cinese
Gio, 18/06/2015 - 14:24

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Lorenzo Perrone operaio fiorentino quarantenne, è stato condannato oggi, giovedì 18 giugno dal gup di Perugia Lidia Brutti alla pena di 6 anni e 8 mesi di reclusione oltre al risarcimento per i familiari della giovane Cheng Shang, la studentessa cinese trovata cadavere nel parcheggio di Monte del Lago il 13 luglio del 2013.

Il giudice ha riconosciuto colpevole il 40enne di tutti i reati a lui ascritti ovvero di cessione di stupefacenti, morte in conseguenza della cessione di stupefacenti e violenza sessuale aggravata oltre all’occultamento di cadavere. INoltre è stata fissata la provvisionale di risarcimento per i genitori e la nonna della vittima. Duecentomila euro per il padre, stessa cifra per la madre e 100 mila euro alla nonna della studentessa, oltre ad una multa di 30 mila euro. Sul calcolo della pena da considerare lo sconto ottenuto grazie alla richiesta di rito abbreviato che è valso all’imputato la detrazione di un terzo della pena.

L’Unistra parte civile. Nessun risarcimento è stato invece riconosciuto all’Università per Stranieri che nella persona del Rettore si era costituita parte civile nel processo.

Le reazioni. Soddisfazione per l’esito del processo è stata espressa dopo la lettura della sentenza dalla madre della vittima e dagli avvocati Luca Maori e Aldo Poggioni, “siamo soddisfatti – spiegano i legali della famiglia – anche se tra le nostre richieste vi era anche una valutazione da approfondirsi rispetto ala capo di imputazione, è comunque evidente che la nostra ricostruzione dei fatti è stata accolta in pieno dal giudice”.

La droga. Nel corso del processo, che si è svolto a porte chiuse e con il rito abbreviato era emerso che l’uomo potrebbe aver somministrato alla giovane, a sua insaputa, dieci, venti pasticche di Mdma sciolte in acqua, forse addirittura di più. E’ spaventoso il quadro che era emerso dalle testimonianze dei periti sentiti  in aula nel processo.

Droga in quantità 20 volte superiore ad una assunzione media. I periti Melai, Bacci e Gualtieri hanno spiegato che le dosi letali della sostanza dipendono dal fisico dell’assuntore, dal suo peso per esempio e dalla sua resistenza, ma che comunque si può morire anche con 1,5 nanogrammi di principio attivo per litro di sangue. Ecco, Chen Shang, una ragazza minuta di meno di poco più di 40 chili, nel sangue al momento dell’autopsia, ne aveva 8,9 nanogrammi. E nello stomaco, quindi non ancora entrato in circolo, ne aveva più del doppio. Questo significa che le hanno fatto assumere una dose di droga fino a 20 volte superiore alla media considerata non letale.

La violenza sessuale. L’imputato, operaio fiorentino che la ragazza aveva conosciuto in una chat su internet avrebbe anche abusato sessualmente della ragazza prima di abbandonarla tra i cespugli. Secondo i periti infatti ci sarebbero anche segni di un rapporto “intenso e particolarmente violento”. Secondo l’accusa quindi il giovane l’avrebbe prima drogata, contro la sua volontà, anche se lui ha sempre sostenuto che la ragazza aveva chiesto di voler provare la droga e di non aver avuto rapporti con lei salvo effusioni, e poi l’avrebbe violentata per poi lasciarla ai margini del parcheggio al Trasimeno.

Il pc lo incastra. Nel computer del fiorentino gli inquirenti hanno però trovato una traccia importante. Un contatto con un’azienda americana dalla quale avrebbe cercato di acquistare una certa quantità di principio attivo. Non è dato sapere se la compravendita sia andata a buon fine, quello che secondo l’accusa però dimostrerebbe è il fatto che l’imputato aveva dimestichezza con questa droga, quindi poteva non conoscere la quantità più o meno letale da somministrare. E’ per questa serie di aspetti che gli avvocati di parte civile avvocato Luca Maori e Aldo Poggioni hanno chiesto che il gup Lidia Brutti rimetta gli atti al pm affinchè l’accusa passi da “morte come conseguenza di altro reato” a “omicidio volontario”.

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