“Le donne sono state in silenzio troppo tempo, è arrivato il momento di parlare” - Tuttoggi.info

“Le donne sono state in silenzio troppo tempo, è arrivato il momento di parlare”

Christian Cinti

“Le donne sono state in silenzio troppo tempo, è arrivato il momento di parlare”

Cinema, business, diritti e opportunità: parla Ivana Massetti, sceneggiatrice, regista e fondatrice di Women Occupy Hollywood
Mar, 17/04/2018 - 07:37

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L’illusione del grande schermo e la crudezza della realtà. Mai come in questo periodo, soprattutto dopo lo scandalo legato alle molestie sessuali del produttore Harvey Weinstein, i riflettori hanno allargato la scena dalle quinte del mondo del cinema ad una più generale analisi sulla condizione della donna. Di diritti, opportunità, business abbiamo parlato con Ivana Massetti. Tuderte d’origine, oggi vive a Los Angeles dove è sceneggiatrice, regista e produttrice nella sua societá “I M From Mars Films”, oltre che fondatrice e CEO di Women Occupy Hollywood.

Siamo nel 2018, eppure è ancora urgente la necessità di battagliare per garantire alle donne dignità, possibilità e spazi per affermarsi. Come mai?

Il potere che prima l’uomo deteneva ha ora contorni più sfumati e sfuggenti. L’identità maschile che procurava all’uomo il diritto ad essere e sentirsi superiore é ora un’identità in dubbio, piena di buchi e incertezze. L’identità maschile é confusa mentre l’identità femminile si é imposta non solo nella famiglia, ma nelle comunità, nella società civile, nella politica. Uomini e donne hanno le stesse potenzialità ma allo stesso tempo le donne sono le sole che mantengono il segreto e il dono di dare la vita e questo provoca uno squilibrio totale fra i due sessi. In qualche maniera, gli uomini si sentono superati dalle donne e non vogliono assolutamente perdere il loro predominio, i loro privilegi. Che in un’età ricca e potente come la nostra del 2018 sono tanti. Quindi é guerra. E’ una guerra aperta. In tutti i campi, su tutti i fronti. In America, lo si vede, per esempio, con l’avvento di Trump e l’irrigidimento totale del partito repubblicano al governo. La loro é una guerra contro le donne, prima di tutto. La prima legge che Trump ha firmato é stata una legge contro la libertà del corpo delle donne. Come a dire: state attente, se non abbassate la cresta questo é solo l’inizio. Ma siccome la storia non torna indietro, le donne che certi privilegi come la pillola, l’aborto etc li hanno conquistati negli anni Settanta non possono restare a guardare, abbassare la testa e accettare il dettame maschile sul loro corpo, sulla loro vita come se il tempo improvvisamente fosse tornato indietro di 70 anni. Subito le donne si sono organizzate e sono nati movimenti in tutta l’America a sostegno dei diritti delle donne. Nel 1995 Hillary Clinton ha detto: ‘Women’s rights are human rights and human rights are women’s rights’ e questo é profondamente vero. Le donne non sono le nuove schiave dell’imperatore (nudo). Le donne sono esseri umani e in America sono anche il 52% della popolazione che lavora, produce, paga le tasse, pensa, scrive, crea. Ma é anche vero che in America il predominio maschile sulla cultura, come in effetti in quasi tutto il mondo, é incredibile. Noi donne lottiamo tutti i giorni per essere quella voce che manca nell’arena culturale americana. Se il cinema, come la televisione e tutte le immagini che accompagnano la nostra vita quotidiana sono cultura, le donne che non hanno accesso a questi mezzi di espressione, sono quasi assenti dal fare cultura. E questo é un problema enorme. Significa che siamo in mano ad una cultura che parla un linguaggio maschile ed esprime valenze maschili. Per questo io ho creato due anni e mezzo fa il movimento/organizzazione e media company Women Occupy Hollywood, in cui Hollywood rappresenta la metafora del cinema/tv mondiale. Per riprendere/prendere il posto che ci spetta di diritto nell’arena culturale americana e non solo. Perché il cinema, la televisione, ogni contenuto che guardiamo sugli schermi di tutte le grandezze, é cultura. Creando Women Occupy Hollywood ho voluto rispondere ad una esigenza di base, che non é solo quella del diritto al lavoro delle donne, come sceneggiatrici, registe, produttrici, direttrici della fotografia, compositrici, montatrici e così via, ma anche alla necessità di esprimere la nostra voce, il nostro pensiero, la nostra visione delle cose e del mondo. Cosa succederà delle giovani generazioni alle quali manca la rappresentazione di più di una parte dell’umanità? A questo aggiungi le leggi del più forte alle quali le donne sono state sottoposte da sempre non solo nel cinema/tv ma in tutti i campi. Leggi che hanno determinato l’andamento delle nostre carriere, delle nostre paghe, dei destini delle nostre vite come creatrici e come donne. Le risposte sono finalmente arrivate nell’ultimo anno: é come se Trump fosse stata l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da qui le marce, i movimenti, i #meToo, i #TimesUp. Questo é il momento in cui le donne parlano e la loro voce racconta la verità. Una verità che non era mai stata considerata come indispensabile all’evolversi della società ma che adesso sembra assolutamente necessaria. The truth will set you free. La verità ti renderà libero/libera. È questa la tappa essenziale di questo nuovo processo di cambiamento che modificherà in maniera totale tanti equilibri che pensavamo intoccabili”.

Almeno l’arte dovrebbe però essere una zona franca, libera da pregiudizi e discriminazioni. E invece, così non è…

Se parliamo dell’arte del cinema, questa é una zona minata. E’ sempre stata una grossa battaglia mantenere il cinema nello spazio dell’arte. E la ragione è semplice. Ci vogliono molti soldi per fare un film e chi li mette vuole un ritorno. Questo per lo meno in America, dove infatti il cinema é visto come entertainment e business, intrattenimento e affari. Pronunciare la parola arte nel cinema americano fa paura, una paura connessa al fatto che probabilmente se un prodotto é artistico, in generale non incassa nulla. E siccome i soldi dettano legge, se un film viene fiutato come artistico in generale non viene prodotto, per lo meno non dai grossi studi né dai grossi produttori. Questo non succede nel resto del mondo, dove il cinema viene soprattutto sovvenzionato dallo Stato. Perché un Paese civile deve avere anche una parte di produzione culturale e quindi anche se non c’é un ritorno economico, non ci sono grossi problemi. Ma poi in Europa a determinare la produzione dei film sono anche altri fattori: la politica, la corruzione, i circoli etc. E non sempre, neanche in Europa vengono prodotti film impegnati o importanti. Probabilmente questo é un momento di riflessione e di ridefinizione di quelle che sono le cose che vogliamo, le nostre priorità, di come vediamo il nostro futuro, di cosa vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli. In tutto questo l’equilibrio fra le parti non esiste. Nel senso che chi determina, produce e fa il cinema in generale sono gli uomini. In America a dirigere i film sono, più dell’80%, gli uomini bianchi. Nel resto della percentuale ci sono tutte le donne di tutti i colori, gli uomini americani/africani, i latini, gli asiatici, gli indiani americani. Tante bocche da sfamare per una così piccola percentuale di cibo. La discriminazione avviene, brutale, da qui. A tutti i livelli. Gli scrittori, i registi, i produttori, gli investitori che raccontano la loro idea del mondo e delle donne sono uomini bianchi e (per la maggior parte) privilegiati. Per questo anche la rappresentazione delle donne che vediamo sugli schermi non è mai consona alle donne che poi incontriamo nella vita. Le donne sugli schermi sono partorite dalla loro fantasie e nella maggior parte dei casi raccontate come continui cliché. Giovani, carine, scollate, nude, acquiescenti e deficienti. Le donne inventate da questi uomini sono difficilmente delle protagoniste. Se lo sono, come nel mio primo film che doveva essere prodotto da una grossa società americana, devono soccombere, devono pagare, il loro destino è segnato. La mia protagonista andava alla ricerca della sua identità sessuale. E seppur il contenuto fosse provocatorio, il tema era stato considerato come un’assoluta novità che avrebbe generato un box office esplosivo. E questo era il punto vincente di tutta la storia. La possibilità che il film generasse un cospicuo box office. Ma per accettare una storia del genere mi era stato richiesto un cambiamento fondamentale. Che la protagonista avesse il cancro e dovesse morire e che quindi il suo osare, il suo andare a scoprire la sua sessualità, a definire il suo piacere, era motivato dal fatto che stava per morire. Erano partiti dal concetto che quando stai per morire tutto é permesso. Anche a una donna. Le cose non sono cambiate poi tanto da allora. Ma questo é vero, non solo per l’industria americana ma per il cinema in generale. A parte alcune voci originali ed esplosive, la maggior parte delle donne non fa cinema. Secondo dati dell’EWA, in Italia le registe hanno una presenza del 25%, ma i finanziamenti ai loro film é dell’11% mentre solo il 9% dei loro film viene distribuito nelle sale. Quindi nonostante un alto numero di registe, i film di donne che si vedono nelle sale e nelle tv italiane sono una bassa percentuale. Quindi anche in Italia il mondo al cinema é raccontato attraverso gli occhi degli uomini. E questo é malsano, nonché completamente ingiusto”.

Esistono delle responsabilità che possono, in qualche modo, essere attribuite alle donne?

Le responsabilità maggiori sono di quelli che hanno il potere. Le donne finora, non hanno avuto il potere e quindi sono esenti da responsabilità. Abbiamo dovuto sopravvivere. Ora c’é questa possibilità di aggregazione che ci porta a poter combattere insieme per un goal comune. Gli uomini hanno stabilito varie regole nel gioco della nostra vita. E la regola più importante é quella che la più bella, la più gentile, la più consenziente riceve il regalo della loro attenzione e dei loro favori. Quindi le donne sono sempre state abituate a una forte competizione tra di loro. Per me questo é uno dei punti da cambiare. Dobbiamo aiutarci tra di noi. Capire che aiutare l’altra é aiutare noi stesse. Se una avanza, avanziamo tutte. Gli uomini sono completamente gregari. Loro fanno fronte comune. Noi dobbiamo imparare. Ma le cose stanno cambiando. Io lo vedo con la mia organizzazione. Siamo in tante, di tutte le età, provenienze, colori. Ma vogliamo tutte la stessa cosa: il posto che ci spetta di diritto. Vogliamo usare la nostra voce per raccontare il mondo. Vogliamo parlare il nostro linguaggio. Sappiamo che siamo un mercato enorme e che abbiamo un ancora più enorme potere d’acquisto, siamo noi che portiamo amici, mariti e amanti al cinema, abbiamo quindi un grosso potere dalla nostra. Si tratta solo di esserne coscienti e agire di conseguenza. Dobbiamo capire quanto forti siamo. Dobbiamo uscire dal bozzolo, diventare farfalle e volare, volare in alto, per vedere più lontano. Questo é un momento fantastico per noi donne”.

Le differenze tra i sessi vanno valorizzate o annullate?

Per quanto riguarda i nostri diritti, le differenze vanno annullate. Le donne devono avere gli stessi diritti degli uomini. In America, per esempio, le donne non hanno gli stessi diritti di uguaglianza garantiti dalla Costituzione. L’Italia ha passato la legge dopo la guerra, nel 1948. Ma in America le donne non hanno gli stesse diritti, per legge. E questo é terribile. Questa é un’altra delle battaglie che porto avanti con Women Occupy Hollywood. La lotta per ratificare l’ERA (Equal Rights Amendment) nei rimanenti due Stati per poter poi essere una legge a tutti gli effetti. Credo che questa falla, enorme nella Costituzione americana é alla base della grande discriminazione di cui le donne soffrono in questo paese. Ho creato Women Occupy Hollywood quando ho scoperto questo problema. Perché ho pensato che in effetti se, in questo Paese, le donne non hanno gli stessi diritti degli uomini, perché dovrebbero lavorare nel cinema con la stesse percentuali maschili? E infatti, non lavorano per niente. Le donne sono considerate cittadine di serie B e vengono trattate di conseguenza. Per quanto riguarda le nostre identità, le forme di espressione, le differenze tra i sessi vanno valorizzate. Siamo differenti e questo é magnifico. Dobbiamo avere gli stessi diritti ma poi esprimerci con le nostre individuali capacità, possibilità e punti di vista. Dobbiamo individuare, sviluppare, coltivare la nostra voce e non mimare quella degli uomini per avere accesso alla stanza dei bottoni. Questo porterà sicuramente al successo. Film e contenuti di donne decretano grossi successi al box office, specialmente quando la voce della creatrice é molto originale, unica. Anche se, nonostante questo dato di fatto, studios e produttori continuano a non voler lavorare con le donne, perché non vogliono perdere potere e guadagno, questo status quo dovrà cambiare. E sta infatti cambiando. Più e più le donne si associano e producono i loro film. Per questo Women Occupy Hollywood si é allargata organicamente in una media company negli ultimi mesi. Il goal é di diventare uno studio al femminile, uno spazio dove sviluppare, produrre, distribuire film/tv scritti, diretti e prodotti da donne. Stiamo sviluppando quattro progetti di scrittrici di varie parti del mondo, storie incredibili sia per l’originalità che per l’universalità. Le donne sono state in silenzio troppo tempo, è arrivato il momento di parlare. Questo é il nostro momento”.

Per saperne di più su Women Occupy Hollywood è possibile consultare il sito womenoccupyhollywood.com  o visitare i canali social: twitter.com/womenoccupyhwd, facebook.com/WomenOccupyHollywood/, instagram.com/womenoccupyhollywood/ e youtube.com/channel/UCll6UkH7yXp_O-R9hxbKElA.

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