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La crisi idrica in Umbria nella fotografia dell’ Arpa regionale

Redazione

La crisi idrica in Umbria nella fotografia dell’ Arpa regionale

Intervento redatto a cura di Mirko Nucci (Responsabile Servizio Acqua Arpa Umbria) con il contributo di  Sonia Renzi (Servizio Acqua Arpa Umbria)
Ven, 25/08/2017 - 11:17

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In un articolo recentemente pubblicato su una rivista di settore, Arpa Umbria fotografa la crisi idrica  della Regione per l’anno 2017. L’intervento è stato redatto a cura di Mirko Nucci (Responsabile Servizio Acqua di Arpa Umbria), con il contributo di  Sonia Renzi (Servizio Acqua di Arpa Umbria).

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Nel primo semestre 2017, le precipitazioni atmosferiche rilevate in Umbria sono vistosamente inferiori alle medie storiche; le diminuzioni sono quantificabili nell’ordine del 40% su scala regionale, con picchi del 55% in alcune aree (Terni, Orvieto, Castiglion del Lago). Questa carenza rilevata nell’anno in corso ha aggravato una tendenza già manifestata nella stagione autunnale 2016, a partire dal mese di novembre.

La scarsità di precipitazioni atmosferiche che ha caratterizzato gli ultimi 10 mesi ha portato a uno stato di evidente sofferenza sia i bacini idrografici che i sistemi idrogeologici umbri. I bacini idrografici ad elevata permeabilità, alimentati prevalentemente da deflusso superficiale, sono i primi a risentire della carenza di precipitazioni; quando la portata di un corso d’acqua permanente si riduce notevolmente, soprattutto in condizioni di temperatura esterna elevata, può diminuire la concentrazione di ossigeno disciolto nelle acque e si possono creare condizioni critiche per l’ecosistema acquatico. I corsi d’acqua alimentati prevalentemente da acque sotterranee, come il fiume Nera, subiscono effetti minori dalla carenza di precipitazioni, traendo vantaggio dall’inerzia tipica dei sistemi idrogeologici che li alimentano. I corsi d’acqua principali, in Umbria, manifestano un deficit importante e differenziato rispetto alle medie storiche, denotando complessivamente una situazione di marcata crisi.

Anche i laghi umbri stanno risentendo della carenza di precipitazioni, con l’aggravante di un elevato tasso di evaporazione, dovuto alle temperature particolarmente elevate; il lago Trasimeno, con un livello attuale di -0,76 cm rispetto allo zero idrometrico, ha offerto una buona resistenza alla crisi attuale, grazie alle riserve immagazzinate nel biennio 2014-2015; il livello, comunque, sta calando rapidamente. Nel breve termine, quindi, le crisi idriche si manifestano in modo differenziato nei bacini idrografici, a seconda delle caratteristiche intrinseche dei bacini stessi. Questa reazione differenziata alla carenza di precipitazioni si manifesta anche nelle acque sotterranee; sistemi idrogeologici caratterizzati da ampi bacini di alimentazione e una circolazione profonda delle acque offrono un volano maggiore, garantendo una risposta alla crisi idrica mitigata e differita nel tempo.

Viceversa, sistemi idrogeologici caratterizzati da bacini di alimentazione ridotti e superficiali rispondono velocemente alla carenza di precipitazioni, offrendo una maggiore vulnerabilità alla crisi idrica. Queste differenze nel comportamento dei sistemi idrografici e idrogeologici lasciano intuire quanto sia difficile tracciare un quadro generale della situazione originata dalla crisi idrica attuale; per quanto si possa ricorrere a sistemi di monitoraggio avanzati e utilizzare tecniche raffinate di analisi, la notevole variabilità delle caratteristiche litologico-strutturali umbre genera situazioni locali differenziate, difficilmente sintetizzabili in un quadro complessivo.
Volendo delineare la situazione dell’approvvigionamento idrico, si passa ad un livello ulteriore di difficoltà, poiché alla complessità e variabilità dei sistemi idrogeologici che garantiscono la “materia prima”, si sovrappone la situazione degli impianti di captazione e delle reti di adduzione, la distribuzione della popolazione e del relativo fabbisogno idropotabile, la variabilità dei consumi di origine umana e agricola in funzione delle condizioni ambientali.
In questo lavoro risponderemo ad alcuni quesiti importanti, analizzando lo stato dei sistemi idrogeologici umbri, confrontando l’impatto della crisi idrica attuale e delle crisi recenti sulle risorse idriche sotterranee, valutando la risposta dei sistemi idrogeologici alle variazioni climatiche e alle pressioni antropiche, esaminando la situazione attuale dell’approvvigionamento idrico regionale, formulando alcuni consigli per ottimizzare i consumi di acqua.

ANALISI DEI SISTEMI IDROGEOLOGICI
Analizziamo lo stato in cui versano gli acquiferi umbri utilizzando i dati relativi ai livelli di falda e alle portate sorgive, determinati dalla rete di monitoraggio in continuo dell’Agenzia, con un metodo parametrico. Operiamo un confronto statistico tra l’ultimo dato disponibile (17 agosto 2017) e i dati omologhi pregressi, vale a dire i dati rilevati nei giorni 17 agosto degli anni precedenti. In pratica, apriamo una finestra sul passato per capire dove si colloca la situazione attuale rispetto all’omologo periodo degli anni precedenti. Per ogni punto di monitoraggio, il valore odierno del livello di falda/portata sorgiva viene posto a confronto con la media dei livelli/portate sorgive omologhi relative agli anni passati. Viene determinata una fascia di “tolleranza” rispetto alla media dei livelli omologhi, fissata in  +/- Ϭ/2, che stabilisce il range entro cui considerare il valore attuale paragonabile a quello dei giorni omologhi pregressi. Per ogni punto della rete si ottiene un’informazione importante, sintetizzabile nella figura seguente, relativa alla stazione piezometrica di Pasquarella.

In blu sono indicati i valori dei livelli di falda nei giorni omologhi pregressi e in rosso il dato odierno; la linea arancione indica la media degli omologhi pregressi (M), la banda arancione indica la fascia di “tolleranza” +/- Ϭ/2, le linee verde e rossa indicano rispettivamente i massimi e i minimi storici del livello di falda. Nel caso in esempio, si vede molto bene come la scarsità di precipitazioni, unita ai prelievi forzati continuativi di circa 220 l/s esercitati dal campo pozzi di Pasquarella, che dal mese di maggio 2017 sono stati elevati ad oltre 270 l/s, hanno portato il livello di falda attuale a marcare il nuovo minimo storico, posizionandosi circa 4 metri al di sotto del livello omologo registrato in piena crisi idrica 2008.

Estendendo l’analisi a tutto il territorio regionale e scindendo la fascia +/- Ϭ/2 in due componenti, +Ϭ/2 e – Ϭ/2 (per capire quando il dato attuale si trova comunque al di sopra o al di sotto della media degli omologhi pregressi), otteniamo una visione di insieme su scala regionale, che metteremo a confronto con l’analisi effettuata nel mese di Aprile, per capire l’evoluzione della crisi idrica nel periodo estivo e valutare l’affidabilità delle previsioni effettuate in primavera.

Attualmente, il 92% dei livelli di falda rilevati dalla rete si colloca al di sotto della media degli omologhi pregressi (M) e il 63% al di sotto della fascia di tolleranza -Ϭ/2; le portate sorgive si collocano totalmente al di sotto della media degli omologhi pregressi (M) e solo una di esse (Rasiglia Alzabove) rientra nella fascia di tolleranza (-Ϭ/2).
Rispetto al mese di aprile, la situazione è sensibilmente peggiorata; l’assenza pressoché totale di precipitazioni nei mesi di maggior fabbisogno idrico per l’agricoltura, sommata all’incremento di consumi causato dalle temperature particolarmente elevate, hanno incrementato i prelievi dalle falde, stressando ulteriormente i nostri sistemi idrogeologici. Focalizzando l’attenzione sui livelli di falda, possiamo rilevare in quali acquiferi si concentrano le maggiori criticità (le stazioni piezometriche localizzate in acquiferi calcarei sono state accorpate in un unico indicatore).  Ovviamente, questo dettaglio risente di alcune approssimazioni, poiché non vi è sempre una diretta proporzionalità tra numero di stazioni e dimensioni/disomogeneità del corpo idrico monitorato.

Si nota chiaramente il colore rosso/arancio, che indica una situazione deficitaria rispetto agli omologhi pregressi, prevalere ovunque. Nel corso dell’estate, il peggioramento ha interessato trasversalmente tutti gli acquiferi regionali.
Nonostante tutto, la Valle Umbra continua a presentare una situazione di minor criticità nel contesto regionale, soprattutto nel settore di Petrignano; non è escluso che questa situazione locale possa dipendere dalla gestione del campo pozzi di Petrignano, che può esercitare prelievi prossimi a 550 l/s: poiché nell’ultimo triennio le sorgenti appenniniche di Bagnara e San Giovenale hanno erogato portate superiori alla media, il gestore ha potuto limitare a circa 300 l/s medi annui i prelievi dal campo pozzi (dal mese di maggio sono stati elevati a circa 370 l/s), attenuando l’impatto sulle risorse residue. Le situazioni di maggiore criticità per i livelli di falda si riscontrano nell’acquifero emunto dal campo pozzi di Pasquarella, in un’area del folignate (S. Eraclio), nell’orvietano (Castel Giorgio) e nel margine meridionale della struttura del Monte Subasio (Valle del Renaro). Le sorgenti di Fonti del Clitunno e Vene del Tempio, nel comune di Campello sul Clitunno e la sorgente di Scirca presentano un avanzato stato di recessione, da seguire con attenzione. In particolare, la sorgente di Vene del Tempio ha marcato il nuovo minimo storico di portata, da quando è monitorata in continuo.

ENTITÀ DELLA CRISI IDRICA ATTUALE
Operiamo un confronto con i dati relativi alle crisi idriche che si sono verificate negli ultimi 12 anni, coperte totalmente dal funzionamento della nostra rete piezometrica, vale a dire negli anni 2007-2008 e 2012. Per operare un confronto, parametrizziamo i livelli di falda rilevati dalla rete piezometrica nell’analisi degli omologhi pregressi, assegnando i valori 3, 2 e 1 all’anno di crisi, in funzione della gravità riscontrata: ad esempio, nel grafico della stazione di Pasquarella sopra esposto, al 2017 sarà assegnato il valore 3, al 2008 il valore 2 e al 2012 il valore 1, poiché questo è l’ordine di gravità riscontrato nell’esame degli omologhi pregressi. Sommando i valori ottenuti da tutta la rete piezometrica, abbiamo un quadro complessivo che, con le dovute approssimazioni logiche ed analitiche, ci indica l’entità dell’impatto sulle acque sotterranee della crisi attuale rispetto a quelle riscontrate in precedenza.

Nel mese di aprile, basandoci sui livelli di falda, avevamo ipotizzato un impatto minore della crisi idrica attuale sui sistemi idrogeologici, rispetto alle precedenti crisi; l’analisi odierna, effettuata sia con i livelli piezometrici, sia con le portate sorgive, conferma la previsione effettuata prima dell’estate e la validità del metodo parametrico di raffronto. Ovviamente, si tratta di una proiezione media su scala regionale che non tiene conto di situazioni locali ove la carenza idrica può “pesare” in modo differenziato, a seconda delle caratteristiche intrinseche degli acquiferi e della distribuzione delle (scarse) precipitazioni atmosferiche degli ultimi 10 mesi.

Occorre sottolineare che la valutazione della crisi attuale sulle acque sotterrane è in apparente contrasto con i dati pluviometrici; nell’ambito delle precedenti crisi idriche, infatti, è stato rilevato un deficit di precipitazioni atmosferiche inferiore a quello attuale. Tuttavia, le abbondanti piogge cadute nel biennio 2014-2015 hanno indotto un processo di ricarica straordinario dei sistemi idrogeologici, con effetti positivi sul lungo termine. Pertanto, alla situazione drammatica in cui versano i corsi d’acqua alimentati prevalentemente dal ruscellamento superficiale si contrappone uno stato fortemente preoccupante, ma non drammatico, delle acque sotterranee. Qualora le precipitazioni atmosferiche autunnali dovessero tardare o, ancor peggio, dovesse continuare l’attuale trend deficitario, le conseguenze potrebbero essere molto gravi.

RISPOSTA DEI SISTEMI IDROGEOLOGICI ALLE VARIAZIONI CLIMATICHE E ALLE PRESSIONI ANTROPICHE

Abbiamo appurato che la crisi attuale è concreta, ma di impatto inferiore sulle acque sotterranee rispetto alle precedenti.  Storicamente, la nostra regione è stata sottoposta ciclicamente a periodi di scarsa piovosità; tuttavia, questa frequenza è aumentata nell’ultimo ventennio e, contestualmente, sta cambiando l’intensità e la distribuzione dei fenomeni piovosi. Il processo di ricarica dei corpi idrici sotterranei non dipende solo dalla quantità di pioggia, ma anche dall’intensità delle precipitazioni: le piogge durature di bassa intensità favoriscono il processo di infiltrazione, al contrario dei fenomeni estremi, i cui effetti si manifestano prevalentemente in forma di deflusso superficiale.

I mutamenti climatici, quindi, possono influire notevolmente sul processo di ricarica dei sistemi idrogeologici, condizionando la quantità, la variabilità e l’intensità delle precipitazioni atmosferiche. Se le variazioni del clima mediterraneo sono ormai note ed altrettanto evidenti, non sono ancora chiari gli effetti che le acque sotterranee, principale fonte di approvvigionamento potabile in Umbria, possono subire da tali alterazioni. Dobbiamo considerare che le acque sotterranee sono parte integrante di un sistema più ampio dato  dagli ecosistemi superficiali, che interagiscono con esse, e dall’uomo, che le utilizza modificandone lo stato; occorrerebbe adottare il concetto di sostenibilità della risorsa idrica sul lungo termine, per assicurarne una plausibile potenzialità sostenibile. Purtroppo, vi sono numerose difficoltà che complicano tale processo di definizione, a partire dalla determinazione del bilancio idrico e dalla modellizzazione dei sistemi idrogeologici: la scarsa reperibilità di dati, associata alla complessità di tali determinazioni su scala regionale, limitano il nostro operato ad un’elaborazione statistica sul medio termine dei dati acquisiti dalla rete di monitoraggio quantitativa delle acque sotterranee.

Considerando lo schema che identifica le componenti del bilancio idrico (vedi grafico nella gallery) applicato ad un generico acquifero, gli ingressi sono rappresentati dalle precipitazioni atmosferiche (P), da immissioni artificiali da altri sistemi (IA), da contributi provenienti dalle acque superficiali (ASUP1) e da acquiferi attigui (ASOT1). Ovviamente, solo una parte delle precipitazioni va ad alimentare effettivamente l’acquifero (IEFF), al netto dell’evapotraspirazione reale (ETR) e del ruscellamento superficiale (RU). Le uscite sono rappresentate dai prelievi forzati (PR), dai contributi verso le acque superficiali (ASUP2) e verso acquiferi attigui (ASOT2). La somma algebrica delle singole componenti determina la variazione delle riserve (ΔR) immagazzinate nell’acquifero. Alcune componenti del bilancio idrico sono direttamente misurabili (P), determinabili attraverso metodi scientifici o formule empiriche (ETR), oppure stimabili con larga approssimazione (IEFF, PR), conoscendo la permeabilità media dei litotipi interessati dall’acquifero e valutando l’impatto antropico sui prelievi. Altre componenti, invece, sono valutabili attraverso onerose e complesse campagne di misura e/o studi specifici di natura quali-quantitativa (ASUP1, ASUP2, ASOT1, ASOT2). In questo scenario particolarmente complesso, adottiamo una radicale semplificazione, trascurando tutte le componenti del bilancio idrogeologico e prendendo in considerazione soltanto la variazione delle riserve (ΔR) immagazzinate nell’acquifero. In alcune aree, tale componente è quantificata puntualmente dalla rete di monitoraggio in continuo dei livelli di falda e delle portate sorgive, sviluppata dall’Agenzia nel territorio regionale.

La scarsa conoscenza delle “geometrie” degli acquiferi interessati dai punti della rete non consente una connotazione volumetrica delle riserve; tuttavia, effettuando un’analisi statistica delle serie numeriche, si può avere una valida indicazione dei trend storici e stabilire se nei diversi corpi idrici indagati la soggiacenza delle falde e la portata delle sorgenti presentano un trend monotono crescente o decrescente, in risposta alle variazioni climatiche e/o all’incidenza dell’utilizzo antropico. I cronogrammi relativi a queste due variabili (livelli di falda e portate sorgive) mostrano andamenti caratterizzati da una spiccata stagionalità, sovrapposta ad un trend generale che raramente appare lineare.

In questo contesto, un’analisi di regressione lineare per determinare la pendenza della retta di interpolazione dei dati sarebbe poco appropriata; infatti, si dovrebbe assumere che il trend, se esistente, sia lineare e che i residui rispetto alla retta di regressione abbiano una distribuzione normale. Di conseguenza, si è scelto di utilizzare il test statistico di Mann-Kendall (Kendall, 1975) nella sua variante stagionale (Hirsh et al., 1982), ritenuto più idoneo in presenza di variabili che subiscono sostanziali variazioni nel tempo. Il test è stato effettuato sui punti di monitoraggio ritenuti particolarmente significativi; ad esempio, sono stati esclusi dal calcolo sia le stazioni piezometriche il cui livello di falda è fortemente stabilizzato da un corso d’acqua adiacente, sia i livelli rilevati nelle perforazioni con finestratura più superficiale, nelle stazioni dotate di doppio piezometro. L’analisi dei trend è stata effettuata su un orizzonte temporale variabile da 12 a 19 anni, a seconda della data di realizzazione delle stazioni che compongono la rete di monitoraggio in continuo delle acque sotterranee. Non è stata quantificata l’entità del trend, che presuppone un lavoro di altra consistenza; pertanto, l’esistenza di un trend negativo non deve indurre allarmismi eccessivi e non motivati.

Osservando i risultati relativi ai livelli di falda, si nota una chiara prevalenza di trend positivi o indefiniti, cui si oppongono rare situazioni in cui la tendenza è negativa. Scendendo nel dettaglio dei trend negativi, abbiamo che tali situazioni sono localizzate prevalentemente in aree sottoposte ad elevati prelievi per uso potabile: in prossimità del campo pozzi Argentello, in Conca Ternana, dove vengono emunti costantemente circa 70-75 l/s per l’approvvigionamento idrico del narnese; nel corpo idrico dei Monti di Narni e Amelia (acquiferi calcarei), dove il campo pozzi di Pasquarella, con un prelievo variabile tra 200 e 270 l/s circa, incide pesantemente sulla falda locale, con ripercussioni sul piezometro di Ponte Argentario, posto al margine dell’acquifero; presso l’ex campo pozzi di Barche, in Media Valle del Tevere; in quest’ultimo caso, non vi sono prelievi massicci ad uso potabile che possano incidere sulla tendenza del livello di falda. Osservando i risultati relativi alle sorgenti, si nota comunque una prevalenza di trend positivi o indefiniti.

Fanno eccezione le sorgenti di San Giovenale e Lupa, localizzate rispettivamente nelle vicinanze di Nocera Umbra e nella zona di Arrone, captate entrambe per uso potabile: la prima alimenta la dorsale acquedottistica “consorziale” gestita da Umbra Acque, che arriva fino al perugino; la seconda serve il territorio ternano. L’analisi pluriennale dei trend sul medio termine, quindi, indica una generale stabilità dei sistemi idrogeologici umbri: non si ravvisano, ad oggi, diffuse tendenze monotoniche decrescenti, potenzialmente riconducibili alle  variazioni climatiche, ma solo alcune eccezioni localizzate. A fronte di una crescente variabilità nei processi di ricarica e nelle fasi di recessione, i sistemi idrogeologici umbri, osservati nell’orizzonte temporale precedentemente citato, garantiscono ancora un comportamento soddisfacente, senza diffusi fenomeni di depauperamento.

APPROVVIGIONAMENTO IDRICO, STATO ATTUALE
I nuovi punti di captazione e le nuove dorsali acquedottistiche finanziate in seguito alla crisi idrica 2001-2002 e ultimate nel corso degli ultimi 12 anni, hanno “irrobustito” e reso più flessibile il sistema di approvvigionamento umbro; nonostante ciò, permangono numerose criticità da affrontare, per rendere la nostra regione meno vulnerabile alle crisi idriche.

L’approvvigionamento idrico del capoluogo versa in una situazione di relativa tranquillità. Le uniche difficoltà sono rappresentate dalla portata ridotta della sorgente di Scirca, che normalmente alimenta la città fino ai serbatoi di distribuzione di S. Angelo-S.Agnese; attualmente, è l’acquedotto “consorziale” proveniente da Bagnara-San Giovenale-Petrignano di Assisi ad alimentare questa zona della città. I punti di approvvigionamento principali del perugino, vale a dire le sorgenti di Bagnara e San Giovenale integrate dai campi pozzi di Petrignano di Assisi, Cannara e Subasio, attualmente non destano preoccupazione e non si intravedono particolari criticità nel breve periodo. L’area del Lago Trasimeno, interessata da un forte incremento di consumi dovuto alla presenza di turisti e alle temperature particolarmente elevate, grava sul campo pozzi di Pasquarella, che lavora a pieno regime, portando al minimo storico il livello di falda dell’acquifero emunto.

L’approvvigionamento idrico nell’Alta Valle del Tevere sarà presto incrementato grazie all’acqua del bacino di Montedoglio: entro Settembre, infatti, dovrebbe essere operativo l’impianto di potabilizzazione di Citerna, che fornirà circa 120 l/s (la concessione permette di trattare fino a 400 l/s) alla rete acquedottistica, garantendo un integrazione di circa 30 l/s fino alla città di Perugia, ai serbatoi storici di Monte Pacciano. Ovviamente, si tratta di una fornitura ad alto costo per il gestore, utilizzabile solo in caso di necessità. Ad oggi, l’integrazione di acqua potabile con autobotti si è resa necessaria solo per alcuni piccoli centri serviti da punti di approvvigionamento locali e particolarmente distanti dalle grandi dorsali acquedottistiche, come Valfabbrica, Monte Santa Maria Tiberina, San Venanzo, Massa Martana.

Procedendo verso sud-est, la situazione si fa più delicata e il livello di criticità è più elevato. Foligno e Spoleto, alimentati prevalentemente dalle sorgenti di Rasiglia Alzabove, Capodacqua e Argentina, sono attualmente serviti senza restrizioni, ma lo stato di recessione delle sorgenti, soprattutto Argentina, lascia presagire che nel mese di Ottobre il sistema di approvvigionamento potrebbe entrare in crisi. L’acquedotto che dalla sorgente di Rasiglia Alzabove (attualmente eroga circa 250 l/s) serve le città di Foligno, Trevi, Spello, Bevagna, Montefalco, Gualdo Cattaneo e Castel Ritaldi non riesce a garantire un quantitativo di acqua sufficiente ai centri più lontani, pertanto si sta provvedendo ad integrare l’acqua potabile per mezzo di autobotti. Stessa sorte per alcune frazioni dello spoletino e dell’area di Cascia. Per quanto riguarda le zone direttamente interessate dai recenti fenomeni sismici (Preci e Norcia), essendo il numero di abitanti ridotto o comunque non incrementato dal consueto turismo estivo, il gestore, agendo sulle perdite in rete, sta riuscendo a servire i cittadini senza l’ausilio di mezzi integrativi.

La situazione di Nocera Umbra è sotto controllo mentre l’area di Campello sul Clitunno potrebbe entrare in crisi in autunno per il vistoso calo della portata erogata dalla sorgente di Vene del Tempio, captata per uso potabile. Purtroppo, vi sono ritardi nella realizzazione del pozzo di S. Anatolia, che doveva integrare l’acquedotto proveniente dalla sorgente Argentina e risolvere buona parte dei problemi storici riscontrati nello spoletino. Le criticità nel territorio gestito da VUS (Valle Umbra Servizi) sono imputabili certamente ad una frammentazione notevole nella distribuzione dei centri abitati, anche di piccole dimensioni, alimentati da un numero considerevole di punti di captazione, come piccole sorgenti locali, che entrano facilmente in deficit di erogazione; tuttavia, la carenza di opere strutturali implementative che possano integrare i sistemi acquedottistici principali nei momenti di difficoltà, gioca un ruolo fondamentale nella gestione delle emergenze idriche.

Nell’orvietano e nell’Umbria sud-orientale, la situazione è piuttosto critica. L’acqua potabile nei centri abitati di Monteleone, Montegabbione, Ficulle, Titignano, Fabro, Baschi e Civitella viene garantita grazie al supporto integrativo delle autobotti. L’incremento dei consumi dovuto al turismo estivo e il frazionamento dei punti di captazione di piccola entità, che entrano facilmente in deficit di erogazione,  costituiscono i fattori critici principali. Nella Conca Ternana, la criticità maggiore è legata alla contaminazione delle acque sotterranee da tetracloroetilene, che limita l’utilizzo di alcuni pozzi cittadini; il gestore si sta adoperando per mettere a regine alcuni impianti di trattamento a carboni attivi in punti di prelievo strategici, quali il campo pozzi di Cerasola, ove sarà trattato il 40% dell’acqua emunta per garantire l’approvvigionamento del comprensorio narnese-amerino.

Il gestore, al momento, riesce comunque a garantire l’erogazione nei centri di Terni e Narni. In alcuni centri abitati periferici, lontani dalle grandi dorsali acquedottistiche (Castelvecchio e Sant’Urbano nel Narnese, Acquasparta) l’approvvigionamento è garantito grazie al supporto integrativo delle autobotti. Per l’inizio dell’autunno, vi sono alcuni timori per la zona di Stroncone, alimentata dalla sorgente Olmina in rapida recessione e la zona di Montecchio, alimentata da un campo pozzi in cui il livello di falda sta calando rapidamente. Il nuovo acquedotto che dalla Bassa Valnerina doveva alimentare il ternano, risolvendo i problemi storici legati alla contaminazione delle acque sotterranee, ha subito dei ritardi legati prevalentemente alla bassa produttività di due pozzi rispetto alle stime previsionali, che ha obbligato il gestore a presentare una variante al progetto; l’acquedotto è stato realizzato al 50% circa mentre il serbatoio è praticamente ultimato.

OTTIMIZZARE L’UTILIZZO DELL’ACQUA
La crisi idrica attuale impone un’attenta riflessione sull’utilizzo delle risorse idriche, a partire dalla riduzione degli sprechi. Il primo pensiero va ovviamente alle reti di distribuzione, caratterizzate da molte perdite. Perdite che necessitano di un ottimizzazione e riparazione per migliorare l’efficienza delle proprie reti di distribuzione. Occorre dare un segnale forte in questa direzione, altrimenti diventa difficile educare e motivare il cittadino a risparmiare acqua, sapendo che quasi la metà delle risorse immesse in rete non giunge a destinazione.

L’utilizzo di acqua per uso agricolo può gravare in modo consistente sugli acquiferi, pertanto è raccomandabile, ove possibile, l’utilizzo di tecniche di irrigazione mirata (a goccia e subirrigazione) alla classica aspersione, largamente utilizzata in Umbria. L’irrigazione è una pratica indispensabile per l’agricoltura, ma dovrebbe essere attuata in base alle reali esigenze della coltura e nel giusto momento, e dovrebbe rispondere ad una programmazione coerente con la disponibilità d’acqua sul territorio. Sarebbe interessante valutare il riutilizzo irriguo delle acque reflue, con le dovute precauzioni per la sicurezza ambientale e sanitaria.

Il risparmio di acqua dovrebbe essere assicurato anche nelle azioni quotidiane del cittadino comune. Le raccomandazioni sono sempre le stesse, bisogna avere la necessaria volontà e costanza per seguirle: chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti, ci si rade o si fa lo shampoo, evitare i gocciolamenti dai rubinetti e dagli sciacquoni, installare sistemi di scarico dei water a doppio tasto, prediligere la doccia anziché il bagno, lavare l’auto con moderazione, innaffiare il giardino con parsimonia e solo quando necessario, installare in tutti i rubinetti di casa il riduttore di flusso aerato, che favorisce un risparmio notevole di acqua. Poiché le perdite sono talvolta invisibili, controllare spesso se l’indicatore dei litri del contatore domestico gira anche quando tutti i rubinetti sono chiusi.

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