di Valerio Lanieri
Intensi? Carismatici? Alternativi? Difficile descrivere in una sola parola la performance del Teatro degli Orrori, gruppo rock alternativo che sabato scorso ha fatto strabordare l’Urban di Perugia dove si sono esibiti. Il concerto è stato aperto da Direzioni Diverse, delicato e malinconico brano iniziale dell’ultimo album della band, A Sangue Freddo. Le tematiche e le influenze di questa seconda produzione sono varie ma coese e perfettamente tese a raggiungere un obiettivo chiarissimo: risvegliare il rock italiano attraverso temi impegnati e una ricerca musicale moderna, attuale, che non sia schiava delle tendenze commerciali della penisola.
La title track dell’album, A Sangue Freddo, è il perno di questa direzione musicale. La canzone è infatti dedicata al poeta nigeriano Ken Saro Wiwa, scrittore, politico e attivista nigeriano, condannato ad un’impiccagione eseguita nel 1995 dopo un processo basato su false accuse. La sua morte suscitò la protesta dell’opinione pubblica locale e internazionale e di associazioni per i diritti umani. Quando Pierpaolo Capovilla, iper carismatico frontman del Teatro degli Orrori, presenta A Sangue Freddo, trasmette al pubblico tutta l’onestà della band. Non si limita ad introdurlo, parla di Ken Saro, presenta davvero chi fosse e in che cosa credesse, e quando il pezzo comincia il locale si riempie di un’energia nuova e convinta, quella che esplode quando si sente di non stare solo ascoltando musica ma anche di ricevere un messaggio.
E il messaggio è un grido disperato ma anche vitalissimo per la propria generazione, che, dice Pierpaolo, ha fallito e reso l’Italia un Paese in cui non è più bello vivere. Si sa, quando si condivide un’idea è molto più facile sentirsi partecipi di una situazione. E forse è per questo che il pubblico era caldo come non mai, si accalcava sotto Pierpaolo, cantava i brani a squarciagola, sempre pronto a sostenerlo quando si lanciava sulla folla.
L’ultima canzone, prima che Il Teatro rientri a furor di popolo per un bis, è una ballata storica della band, La Canzone di Tom, dedicata ad un amico scomparso. Il brano smorza la violenza di quelli precedenti nella malinconia del ricordo e nella dolcezza degli arpeggi di Gionata Mirai ed è seguito, dopo qualche minuto (ed una pausa sigaretta) da Lezioni di Piano e Die Zeit, ancora canzoni di una dolcezza disarmante. Si tratterebbe di un distacco fortissimo rispetto all’aggressività della parte precedente del concerto se questi ultimi pezzi, come gli altri, non fossero stati scritti con lo stesso, identico principio di onestà.
Il Teatro degli Orrori ha regalato ai presenti una grande serata. Ottima musica, un songwriting poetico e di grande valore (tra le ispirazioni di Pierpaolo per quest’album il poeta Majakovskij e la figura di Cristo, a cui la band dedica il brano Padre Nostro) e una presenza di palco capace di coinvolgere davvero, di trascinare, di emozionare, di far sentire che il rock italiano è tutt’altro che morto. Semmai, si era preso una lunga pausa.