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ELEZIONI 2008: LE PROPOSTE DELLA CONFARTIGIANATO AI POLITICI

Redazione

ELEZIONI 2008: LE PROPOSTE DELLA CONFARTIGIANATO AI POLITICI

Lun, 03/03/2008 - 18:01

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Garantire la governabilità del Paese è un'esigenza fondamentale e non più eludibile

che ha ispirato il Manifesto per la governabilità sottoscritto da 9 Organizzazioni di impresa.

Governabilità significa capacità delle istituzioni di assumere decisioni su processi di

riforma indispensabili per la crescita economica. Il Paese e le imprese non possono più

permettersi periodi di instabilità dovuti alla gracilità del sistema istituzionale e che sono causa

di costi aggiuntivi per famiglie ed imprese.

Con questo spirito, Confartigianato sollecita poche ma essenziali riforme culturali ed

economiche, per far crescere l'Italia.

Confartigianato chiede alle forze politiche di assumere scelte chiare ed inequivocabili a

favore della crescita economica dell'Italia, da perseguire agganciando la crescita economica

mondiale.

102 Paesi nel mondo (compresi quelli dell'Africa e dell'America Latina) si sviluppano ad

un ritmo superiore al 5% annuo. E' il caso della Cina (+11,5%), dell'India (+8,9%), della Russia

(+7,0%), della Turchia (+11%). Negli Usa è prevista una crescita del 2,1%. Mentre, per l'Italia

la Commissione Ue prevede un tasso di crescita del PIL per il 2008 dello 0,7%. Meno della

metà della area euro (1,8%). Stime leggermente più ottimistiche danno la crescita dell'Italia tra

lo 0,8% (Fondo Monetario Internazionale) e l'1% (Banca d'Italia).

Per essere efficaci, le politiche orientate alle crescita economica devono poter essere

fissate in programmi di ampio respiro e di lungo periodo, che vadano oltre i tempi di una

legislatura.

La politica ha il dovere di compiere scelte capaci di restituire fiducia alle persone.

Si restituisce fiducia ai cittadini anche rovesciando i paradigmi culturali del Paese.

Quindi: valorizzando la libera iniziativa, l'assunzione del rischio, la concorrenza,

l'innovazione. Contro l'abitudine al posto di lavoro garantito, a tempo indeterminato e

possibilmente pubblico, contro i mercati protetti con le loro tariffe, contro l'assistenzialismo.

L'obiettivo dello sviluppo economico va perseguito diminuendo la pressione

fiscale sulle famiglie e sulle imprese e riducendo la spesa pubblica.

In presenza dei vincoli europei, la riduzione del debito pubblico deve essere perseguita

con rigore e con continuità, intervenendo sulle aree di spesa improduttiva, anche ricercando

una diversa allocazione delle risorse, ad iniziare dal pubblico impiego, tale da generare valore

aggiunto e recupero di efficacia ed efficienza.

Confartigianato indica 3 linee-guida fondamentali:

1. Politiche e azioni per riconoscere e valorizzare il ruolo della Micro e Piccola Impresa.

2. Politiche e azioni per liberare l'impresa.

3. Politiche e azioni volte a superare la contrapposizione tra lavoro dipendente e lavoro

indipendente.

1. POLITICHE E AZIONI PER RICONOSCERE E VALORIZZARE IL RUOLO DELLA MICRO E PICCOLA IMPRESA

Confartigianato sollecita il pieno riconoscimento del ruolo chiave svolto dalle micro

e piccole imprese (MPI) per la crescita economica e per lo sviluppo dell'occupazione.

La piccola dimensione d'impresa è un modello italiano di cui dobbiamo essere orgogliosi,

non certo un'anomalia.

Nel settore manifatturiero, l'Italia è il Paese industrializzato con la più alta quota di

occupazione creata dalle piccole imprese con meno di 20 addetti. Sono queste le MPI, Micro

e Piccole Imprese, di cui è innervata l'economia italiana. La loro crescita significa quindi

crescita sociale ed economica di tutto il Paese.

L'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di imprenditori e lavoratori autonomi.

Il valore aggiunto creato dalle microimprese italiane è il 30,8% del totale, superiore di

oltre 10 punti rispetto al 20,2% della media UE.

Nel 2006, la crescita dei nuovi posti di lavoro nelle imprese è tutta determinata dalle

piccole imprese: la creazione di 386.000 posti di lavoro è data dall'aumento di 517.000

occupati nelle piccole imprese a fronte di una diminuzione di 131.000 occupati nelle medie e

grandi imprese.

Confartigianato pertanto propone:

– Obbligo della valutazione d'impatto sulle MPI (Micro e Piccole Imprese) di ogni

nuova normativa.

– Elaborazione di un Rapporto annuale sulle MPI del Presidente del Consiglio, che

faccia il punto sullo stato delle Micro e Piccole Imprese.

– Creazione, presso la Presidenza del Consiglio, di un'Agenzia per le MPI (Micro e

Piccole Imprese), operante in stretto collegamento con il Ministero dell'Economia e con il

Ministero dello Sviluppo Economico. Il suo compito consisterà nell'elaborare proposte, di

concerto con le parti sociali, finalizzate a favorire lo sviluppo delle imprese con meno di 20

dipendenti e con un ambito di intervento ampio e anche operativo. L'Agenzia dovrebbe altresì

elaborare il Rapporto annuale sulla piccola impresa all'interno del quale prevedere una

sezione dedicata alla valutazione d'impatto delle norme sulle piccole imprese.

2. POLITICHE E AZIONI PER LIBERARE L'IMPRESA

Fare impresa in Italia significa affrontare un percorso ad ostacoli pieno di costi, vincoli e

difficoltà spesso insormontabili.

Confartigianato sollecita riforme che liberino le energie e le potenzialità dei piccoli

imprenditori. Ciò è tanto più necessario in considerazione del livello sempre più elevato di

competitività imposto dalla globalizzazione anche sui mercati locali.

-RIDURRE IL PESO DELLA BUROCRAZIA

Le imprese italiane pagano ogni anno quasi 15 miliardi per gestire i rapporti con la

Pubblica Amministrazione, ‘bruciando' 1 punto di PIL. L'onere maggiore, equivalente a 11,3

miliardi, viene sopportato dalle microimprese (quelle fino a 9 addetti). A ‘burocrazia zero', le

piccole imprese recupererebbero più della metà del gap di produttività che oggi scontano

rispetto alla media della produttività di Francia, Germania e Spagna.

Confartigianato considera quindi indispensabile una politica di semplificazione

che riduca il peso della burocrazia sulle imprese attraverso le seguenti azioni:

– Eliminare i controlli preventivi da parte della PA a favore di rigorosi controlli pubblici

successivi mirati a verificare la concreta e sostanziale corrispondenza dell'attività

imprenditoriale alle norme a tutela degli interessi pubblici;

– Privatizzare e liberalizzare l'istruttoria amministrativa, consentendo alle piccole

imprese di accedere alla PA attraverso le Agenzie per le imprese, soggetti privati operanti sul

mercato dei servizi all'impresa diffusa;

– Realizzare una seria politica di semplificazione burocratica, senza “informatizzare

l'inutile”, come avviene se si riproducono in formato elettronico le complicazioni già presenti in

forma cartacea, e introducendo l'obbligo dell'analisi dell'impatto della regolamentazione sulla

micro e piccola impresa;

– Superare la frammentazione di competenze e di responsabilità istituzionali sulla materia,

rafforzando il centro unico di governance a livello nazionale della strategia di

semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, con un forte

coordinamento delle autonomie locali laddove interessate.

GIUSTIZIA: L'IMPRESA CHIEDE CERTEZZA E RAPIDITÀ

I ritardi del nostro sistema giudiziario determinano enormi costi per i cittadini e per le

imprese. Tanto da tradursi in un fattore di distorsione della concorrenza e da incrinare la

fiducia nei confronti delle Istituzioni.

Ma alimentano anche un grave fenomeno di malcostume: l'utilizzo del contenzioso

giudiziario come strumento per sottrarsi ai propri doveri nei confronti dello Stato e degli altri

cittadini.

I tempi lunghi della giustizia civile costano alle imprese italiane 2,3 miliardi di euro. La

durata media dei procedimenti civili, tra il I e II grado, è di quasi 5 anni. Quella dei fallimenti è

di oltre 8 anni. In Italia, un procedimento in materia di lavoro, tra primo grado e appello, dura in

media oltre 4 anni, così come una controversia in materia di fisco.

Si tratta di disfunzioni che devono essere affrontate e sanate perché generano

condizioni di profonda ingiustizia impedendo agli imprenditori di esercitare i propri diritti,

oltre a sottrarre loro risorse preziose per svolgere la propria attività, per effettuare investimenti,

per creare occupazione e sviluppo.

DIMINUIRE LA PRESSIONE FISCALE E SEMPLIFICARE GLI ADEMPIMENTI

La pressione fiscale oggi si attesta al 43% del Pil. Confartigianato ritiene necessarie

misure tese, da un lato, a semplificare gli adempimenti tributari e a ridurre la pressione

fiscale sulle imprese e, dall'altro, a premiare le imprese più dinamiche e corrette.

Le azioni prioritarie indicate da Confartigianato:

– Ridurre, in modo immediato e progressivo, la pressione fiscale sulle famiglie e

sulle imprese;

– Intensificare l'utilizzo del contrasto di interessi per allargare la base imponibile e

combattere l'evasione, insieme con il sistema degli studi di settore, ampliando i casi di

deducibilità/detraibilità di alcuni costi sulla scorta della positiva esperienza registrata nel

settore delle ristrutturazioni edilizie;

– Riequilibrare il carico fiscale, incentrando la tassazione personale sulla famiglia.

Come già avviene in altri Paesi europei come la Francia e la Germania, all'aumento della

numerosità del nucleo familiare dovrebbe diminuire il reddito soggetto ad imposta,

pervenendo, quindi, all'applicazione di aliquote più ridotte;

– Semplificare gli adempimenti contabili in particolare per i soggetti ammessi al regime

semplificato (ricavi fino a 0,5 milioni di euro circa) anche con l'estensione del principio di cassa

già introdotto per i contribuenti minimi;

– Dare certezza alle imprese, rispettando lo Statuto del contribuente e, in particolare,

evitando il ricorso a norme di carattere retroattivo.

LIBERALIZZAZIONI: RICOMINCIARE ‘DALL'ALTO'

I recenti interventi di liberalizzazione hanno interessato migliaia di piccole imprese (taxi,

acconciatori, estetisti, imprese di pulizia, panificatori) che, però, hanno uno scarso peso,

appena il 5,7%, sui mercati potenzialmente interessati dalle liberalizzazioni.

Poco o nulla è stato fatto, invece, per aggredire settori che incidono per il 69% dei

mercati da liberalizzare e che mostrano evidenti segni di scarsa concorrenza.

Ad esempio, per quanto riguarda i servizi bancari, in Italia la spesa media di un conto

corrente è più che doppia rispetto alla media dei Paesi Ue. Non va meglio per le assicurazioni:

tra il 1995 e il 2007 i premi in Italia sono aumentati del 131,3%, vale a dire più di quattro volte

l'inflazione (31,8%), e a fronte di un aumento medio del 30,8% nell'area euro. Quanto poi ai

servizi professionali, secondo stime delll'Ocse l'Italia detiene il primato del più alto indice di

regolazione.

Per liberare davvero cittadini e imprese dai pesanti costi derivanti dai mercati

protetti e dalle rendite di posizione, bisogna ricominciare ‘dall'alto': banche,

assicurazioni, servizi pubblici, energia, utilities, professioni.

3. POLITICHE E AZIONI VOLTE A SUPERARE LA CONTRAPPOSIZIONE TRA LAVORO DIPENDENTE E LAVORO INDIPENDENTE

La cultura economica e sociale italiana attribuisce maggior valore al lavoro dipendente

rispetto al lavoro indipendente (libera professione, lavoro autonomo, attività imprenditoriale).

Questa tendenza è addirittura peggiorata negli ultimi due anni. Basti pensare alle assurde

discriminazioni in materia di lavori usuranti e di prestazioni previdenziali previste dalla

normativa che ha recepito il Protocollo sul Welfare.

E' anti-storico inseguire il mito del lavoro dipendente, a tempo indeterminato, garantito a

vita, e possibilmente pubblico.

Serve un'inversione del paradigma culturale che ha sempre caratterizzato il nostro

Paese: occorre valorizzare l'assunzione del rischio, l'ambizione di migliorare la propria

condizione sociale, la libera scelta di intraprendere un'attività imprenditoriale, di creare

profitto e benessere per sé, per i propri collaboratori, per il Paese. Bisogna combattere la

povertà, non la ricchezza.

Per valorizzare il lavoro indipendente ed offrire nuove opportunità di occupazione, è

indispensabile anche ristabilire pari dignità tra sapere teorico e sapere pratico. Confartigianato

ritiene perciò indispensabile innalzare la qualità della formazione professionale e

prevedere efficaci forme di alternanza scuola-lavoro, anche attraverso la valorizzazione di un

contratto di lavoro a contenuto formativo quale l'apprendistato per i giovani. In tal modo sarà

possibile offrire loro le competenze tecniche necessarie ad inserirsi in azienda.

Anche le relazioni sindacali sono uno strumento per ricomporre la contrapposizione tra

lavoro dipendente e lavoro indipendente e per dare risposte all'emergenza salari.

Confartigianato ritiene che non si può far ‘indossare' a tutto il Paese un sistema contrattuale ‘a

taglia unica': il federalismo contrattuale rappresenta un modello più adatto a rispondere alle

aspettative di sviluppo delle imprese e dei lavoratori nel territorio.

In tal senso, la prima e più innovativa esperienza è stata realizzata proprio

nell'artigianato con la riforma del sistema contrattuale siglata 2 anni fa dalle Confederazioni

artigiane e dai Sindacati, che valorizza la contrattazione a livello regionale perché è quello il

luogo in cui si realizza e si distribuisce la produttività nelle Micro e Piccole Imprese.


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