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C’era una volta l’Umbria rossa, gli eletti e l’analisi

Massimo Sbardella

C’era una volta l’Umbria rossa, gli eletti e l’analisi

Elezioni: trionfa il centrodestra, che fa cappotto nei collegi. Tracollo Pd, cinquestelle primo partito.
Lun, 05/03/2018 - 11:15

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Il Pd umbro non si salva dalla tempesta perfetta della protesta e viene stritolato nella morsa dal verde vento del nord leghista (il partito di Salvini al 20%) e della marea gialla a cinquestelle, che supera quota 27% (mezzo punto in più alla Camera) e diventa la prima forza politica della regione.

Il Partito democratico non va infatti oltre il 25% (qualcosa in più al Senato), mentre la coalizione di centrosinistra si attesta sotto quota 28%, distaccata di oltre 9 punti percentuali dal centrodestra.

Il risultato dei numeri è impietoso: “cappotto” del centrodestra in tutti e cinque i collegi uninominali, che manda a Roma i due esponenti di Fratelli d’Italia nei collegi Umbria nord (lo spoletino Franco Zaffini al Senato e l’assessore perugino Emanuele Prisco alla Camera), nell’Umbria sud il capogruppo regionale di Forza Italia, Raffaele Nevi, alla Camera, ed il sindaco di Montefalco, la neo-leghista Donatella Tesei, al Senato, mentre nel collegio est della Camera si afferma Riccardo Augusto Marchetti.


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Sconfitte impietose per gli alfieri dem, che, vinta la battaglia interna al partito per avere il proprio nome sulla scheda, pensavano (tranne pochi casi), di giocarsela da favoriti. E invece, sconfitte sonore. L’unico che nel cuore della notte nutriva ancora qualche speranza di vittoria, poi gelata quando ancora non era sorto il sole, era il segretario regionale del Pd, Giacomo Leonelli, che alla fine è però risultato staccato di circa 3 punti percentuali da Emanuele Prisco (33% contro il 31%). Con la ministra dell’Interno in pectore dell’ipotetico governo pentastellato, Paola Giannetakis, intorno a quota 25%.

E sempre nel Perugino, non stacca il biglietto per il ritorno a Roma Giampiero Giulietti, che nonostante l’appoggio della presidente Marini (come per Leonelli) non raggiunge quota 30% e risulta così staccato di oltre 6 punti da Franco Zaffini.

Negli altri tre collegi i portabandiera dem si piazzano addirittura anche alle spalle del candidato pentastellato. Risultato forse prevedibile per la neofita Simonetta Mignozzetti, che si ferma al 25,7% nel collegio dominato da Donatella Tesei (38,5%), spinta dal voto leghista in quella che un tempo era la Terni operaia. Tesei al Senato fa ancora meglio di quanto non faccia il collega Raffaele Nevi alla Camera, l’unico rappresentante del centrodestra che alla vigilia partiva da favorito. L’azzurro con il 37,4% delle preferenze passeggia comunque sopra le rovine del Pd, che con l’ex ministro Cesare Damiano non va oltre il 25,4%, con buona pace della guerra interna alla minoranza Orlando per la candidatura. Anche i 5 stelle a Terni-Spoleto staccano il Pd di oltre 3 punti e mezzo percentuali. Il dato più clamoroso è l’esclusione del sottosegretario uscente Gianpiero Bocci, staccato di oltre 10 punti da Marchetti è staccato anche da Di Manici alla sua prima prova politica.

Per il Pd umbro (come per quello nazionale) non c’è neanche da recriminare sull’emorragia di voti verso Liberi e Uguali: un graffietto, più che la temuta trasfusione di sangue, che non fa male e che ha portato via un inutile (per la causa del Pd) e striminzito 3%. Solo nel collegio Umbria 1 della Camera Leonelli avrebbe potuto vincere aggiungendo ai propri voti quel 3,6% conquistato da Andrea Mazzoni. Troppo poco per gridare al tradimento. Così come, guardando alle dispute di un mese e mezzo fa, notabili e amministratori del Pd appaiono oggi come i capponi di Renzo.

Per il resto, non pervenuta l’abberracciata lista socialista di Insieme, in Umbria messa insieme all’ultimo più per le minacce a Nencini che per reali velleità socialiste. Non pervenuta neanche la petalosa lista Lorenzin guidata in Umbria dall’ex socialista, e azzurro poi, Massimo Monni. E pure la lista Bonino-Tabacci da queste parti non ha sfondato: 8mila voti al Senato e meno di 10mila alla Camera che, per la legge elettorale, finiranno al Pd.

Un tracollo epocale per il Pd umbro, dunque. Così come agli annali resterà l’affermazione del centrodestra, che dopo aver sfiorato il successo alle ultime regionali con Claudio Ricci, sul punto di spodestare Catiuscia Marini, ed aver tolto Perugia al centrosinistra, coglie questo successo pieno, piazzando tutti i propri rappresentanti alle sfide uninominali e attestandosi ampiamente come prima coalizione intorno al 37%. Grazie soprattutto al balzo della Lega: le frequenti comparsate di Salvini nel Cuore verde d’Italia hanno portato le camice verdi a doppiare i cugini azzurri di Forza Italia, fermi intorno all’11%. Fratelli d’Italia raccoglie il suo 5%, ma porta a Roma i suoi due rappresentanti, il coordinatore regionale Zaffini e l’assessore perugino Prisco.

I candidati grillini nei collegi uninominali non riescono a fermare l’avanzata del centrodestra, pur difendendosi bene e raccogliendo comunque ovunque almeno un quarto dei voti. Ma è guardando alle percentuali del proporzionale che i cinquestelle in Umbria possono sorridere anche in chiave futura: l’aver superato l’asticella del 27% significa accreditarsi come il partito di maggioranza relativa e lanciare il guanto della sfida (a questo punto alla Lega, più che al Pd) per le regionali del 2020 e nei Comuni dove si voterà già a primavera.

Nello scontro (probabilmente sopravvalutato alla vigilia) tra le forze politiche ai lati estremi dell’arco costituzionale, Potere al Popolo supera di un decimale CasaPound appena sopra quota 1%, mentre il Partito comunista doppia Forza Nuova nella lotta degli zero virgola. Al “vecchio” Partito repubblicano non porta bene il colpo d’Ala: 442 voti per il Senato e 713 per la Camera significano, tristemente, l’ultimo posto tra le liste ai nastri di partenza in Umbria.

(modificato alle 17.40)

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